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Intervista a Paolo Roberti di Sarsina

(Da QN Il resto del Carlino - MARTEDÌ 14 OTTOBRE 2008)

Dottor Paolo Roberti di Sarsina, quali sono le problematiche giuridiche, oltre che terapeutiche, legate alle Medicine non convenzionali (Mnc) emerse dall’indagine condotta nel vostro libro? «Anche se queste medicine sono state oggetto di diversi progetti di legge, non c’è stata una ricaduta positiva di informazione indirizzata alla classe medica. Questo ha comportato da una parte il fatto che i pazienti, spesso vittime loro stessi di preconcetti, si informino autonomamente sui diversi metodi di cura e, dall’altra, che i medici, non essendo in possesso di una conoscenza
approfondita, rimangano divisi tra chi è favorevole e chi è contrario. Va detto che se in Italia dagli anni ’90 alla scorsa legislatura sono state presentate a diverso livello una ventina di proposte di legge, tutte naufragate, negli ultimi venti anni solo gli enti privati di formazione hanno portato avanti la formazione medica post-laurea. Al contempo tutti sottolineano la mancanza di fondi che impedisce sostanzialmente l’impostazione di una strategia organica di integrazione reale. Pazienti di ogni estrazione sociale e affetti dalle più varie patologie utilizzano terapie Mnc quotidianamente, ma le informazioni sulle modalità sono state stata integrate nelle
varie strutture e istituzioni mediche accademiche sono ancora molto frammentarie». Quindi manca l’informazione? «Non solo. Emerge l’esigenza di evitare ulteriori frammentazioni regionalistiche, in direzione di una legge nazionale che sancisca la piena e paritaria accettazione e il riconoscimento di tutte le Mnzc, senza discriminazioni demagogiche, per realizzare compiutamente anche in questo campo il diritto costituzionale della libertà di scelta e di pari accesso alle cure. Libertà di scelta che non può prescindere dalla piena informazione dei possibili e diversi approcci diagnostici e terapeutici e dalla piena disponibilità dei medicinali usati dalle diverse Mnc. Di conseguenza, occorreranno dei fondi... «Certamente la sostenibilità economica del sistema dell’integrazione diventa un problema, specie se si considera che mentre sul lato sanitario sono stati determinati i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti a tutti i cittadini, il settore sociale è ancora carente per quanto riguarda la definizione dei livelli essenziali di assistenza. Quindi in previsione
dell’auspicato inserimento delle prestazioni di Mnc nel Servizio sanitario nazionale è indispensabile ridefinire i criteri di accesso ai livelli essenziali di assistenza». Si parla tanto di umanizzazione terapeutica: una speranza futura o una realtà che si sta già affermando? «Ciò che appare in gioco, oggi, è lo stesso concetto di salute come diritto garantito a ogni essere umano nell'ambito della libertà di cura sancita dalla Costituzione. La tutela della salute della popolazione, l’umanizzazione, la personalizzazione e la sostenibilità dei trattamenti si basano sulla centralità del paziente nella scelta delle cure. Si deve, per ciascun essere umano, ricostruire un centro di gravità diagnostico-terapeutico che prenda in considerazione la globalità dell’essere umano, vale a dire l’intrinseca unità del suo essere, il piano fisico e mentale, perché è su questi livelli incessantemente interagenti che ogni persona si autostruttura spiritualmente
come un unicum che come tale va interpretato per essere curato». Quali sono le possibilità che si aprono all’umanità di questo inizio Terzo millennio dal punto di vista medico-sociale e assistenziale? «E’ ineludibile la necessità di interazione e collaborazione tra diversi modi di intendere la medicina in quanto ‘ars’; è indispensabile la sinergia tra la biomedicina, quale sistema dominante e le Mnc o medicine antropologiche anche in termini di equilibrio sostenibile e di farmaco economia; sul territorio si ha sempre più la presenza di popolazioni migranti con bisogni complessi che portano diversi saperi di salute. Come richiede l’Oms è necessario ed etico tutelare, salvaguardare, promuovere, studiare, tramandare e applicare il patrimonio culturale dei saperi e dei sistemi medici e di salute antropologici sia occidentali sia orientali, nell’assoluto rispetto dell’integrità originaria e tradizionale dei singoli paradigmi ed epistemi».

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