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Il Disegno di legge “Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento”: finalmente garantito il diritto di ogni individuo ad autodeterminarsi riguardo alle cure?

Patrizia Borsellino

Docente di Filosofia del diritto e di Bioetica - Università degli Studi Dell’Insubria (Como-Varese)

(da “L’Unità”, 21 agosto 2005)

Da alcuni anni a questa parte, “centralità del paziente” è diventata una vera e propria parola d’ordine in ogni contesto in cui si consideri la relazione medico-paziente, o in cui si porti l’attenzione sui criteri che devono essere soddisfatti da un’assistenza sanitaria da considerarsi adeguata. Ma quell’espressione è destinata a rimanere niente di più che uno slogan se non si compiono passi significativi nella direzione della trasformazione del paziente da destinatario di interventi, per lo più decisi unilateralmente dai sanitari, e quindi da oggetto degli interventi stessi, a soggetto avente un ruolo determinante nelle decisioni sulle cure.
Di passo senza dubbio significativo si può parlare a proposito del Disegno di legge “Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento”, approvato il 19 luglio scorso dalla Commissione Igiene e Sanità del Senato. Il Disegno di legge, che ripropone con alcune modifiche di forma e di sostanza, il testo di uno dei Disegni di legge in materia presentati nel corso del 2004, quello d’iniziativa del Senatore Tomassini (altri due disegni di legge si devono all’iniziativa, rispettivamente, della senatrice Acciarini e dei senatori Ripamonti e Del Pennino), intende, infatti, disciplinare gli strumenti necessari per dare piena attuazione ad un diritto peraltro già sancito nel nostro ordinamento a livello costituzionale e in importanti documenti sovranazionali, sottoscritti dal nostro Paese, quali la Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina, la Carta di Nizza sui diritti fondamentali dell’Unione europea e il recente Trattato istitutivo della Costituzione europea. Il diritto è quello, spettante ad ogni individuo capace, di autodeterminarsi nel campo delle cure mediche e di compiere in prima persona le scelte riguardanti la propria salute. Gli strumenti per darvi attuazione sono il consenso (e il dissenso) che il paziente capace ha il diritto di esprimere, in relazione a qualunque trattamento diagnostico o terapeutico al quale debba essere sottoposto, dopo aver ricevuto una corretta informazione, e le dichiarazioni anticipate di trattamento o, come sarebbe meglio denominarle, le direttive anticipate, mediante le quali un individuo malato, o ancora in salute, può far conoscere la propria volontà in relazione a trattamenti e ad interventi che gli dovessero essere praticati quando non fosse più capace e, quindi, in condizione di accettarli o di rifiutarli.
Il Disegno di legge recepisce alcune istanze da considerarsi fondamentali e irrinunciabili per la piena e concreta attuazione dell’autodeterminazione degli individui riguardo alle cure. Tra queste, l’attribuzione alla volontà del paziente, attuale o anticipata che sia, del carattere di vincolo inderogabile al potere/dovere di cura del medico. Anche la volontà anticipata è, infatti, qualificata nel Disegno come “impegnativa”, tale, cioè, da dover essere rispettata dal medico, eccezion fatta per il caso in cui non ricorrano le circostanze previste dal paziente al momento in cui l’ha manifestata. In secondo luogo, l’esclusione di limitazioni per quanto attiene ai contenuti della volontà anticipata. Passa il principio che ogni persona ha il diritto di esprimere la propria volontà in modo anticipato riguardo a tutti i trattamenti sui quali può lecitamente esprimere la propria volontà in modo attuale. L’importante implicazione che ne deriva è che non potranno essere richiesti interventi oggi in Italia vietati dalla legge, quali quelli eutanasici, ma potranno essere rifiutati tutti gli interventi dal paziente considerati inadeguati a consentirgli una qualità di vita per lui accettabile, nonché trattamenti, in senso stretto non terapeutici, quali quelli di alimentazione e idratazione artificiali, ai quali oggi è legata, per numerosi individui come Eluana Englaro, la ragazza di Lecco da oltre dieci anni in stato vegetativo permanente, la prosecuzione di una vita puramente biologica. Inoltre, nel prevedere la nomina, nella dichiarazione anticipata di trattamento, di un fiduciario, il Disegno di legge, gli riconosce, senza oscillazioni e ambiguità, il potere/dovere di decidere in nome e per conto del disponente, distinguendo opportunamente l’ipotesi in cui sono state date direttive di istruzione, da quella in cui è stata data una sorta di delega in bianco. Nella prima, il fiduciario dovrà farsi portavoce e garante della volontà del paziente. Nella seconda, dovrà operare nel miglior interessedi questi.
Tra gli aspetti meritevoli di apprezzamento del Testo approvato dalla Commissione Igiene e Sanità, vanno, infine, segnalate le significative aperture in direzione del riconoscimento del diritto all’autodeterminazione anche dei soggetti minori dotati di un sufficiente grado di maturità. Si prevede, infatti, che il minore che ha compiuto i quattordici anni presti personalmente il consenso al trattamento medico.
V’è da auspicare che nel lungo percorso che il Disegno dovrà affrontare per diventare legge nessuna di tali importanti acquisizioni vada perduta, ma che, al tempo stesso, il Disegno venga emendato nei suoi aspetti più deboli e problematici.
Tra questi va segnalata, per un verso, la ridondanza, nell’individuazione degli strumenti mediante i quali può essere nominato un decisore sostitutivo. Non si comprende, in particolare, la ratio dell’introduzione, accanto alle “Dichiarazioni anticipate di trattamento”, del “Mandato in previsione dell’incapacità”. Per altro verso, l’insufficiente coordinamento con le disposizioni della legge 6/04 che, introducendo l’“Amministratore di sostegno”, ha già previsto una figura di decisore sostitutivo che ogni individuo capace può designare in previsione della propria incapacità. Entrambi gli aspetti sono destinati ad ingenerare incertezze e confusioni.
Ma l’aspetto al quale in sede di discussione del Disegno dovrà essere prestata la maggior attenzione critica è rappresentato dalla soluzione eccessivamente rigida adottata in relazione alla questione della forma per la manifestazione anticipata della volontà. Il Disegno prevede, infatti, che per avere valore ed efficacia, la volontà debba essere manifestata nella forma solenne dell’atto pubblico notarile. Va senz’altro riconosciuto che il ricorso a tale forma facilita l’accertamento dell’autenticità delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Va, d’altra parte, sottolineato che la previsione dell’atto pubblico notarile come unica forma ammissibile per le volontà anticipate rischia di penalizzare l’autonomia degli individui, privando di validità volontà diversamente manifestate, ma pur sicuramente ad essi riferibili, quali, ad esempio, le dichiarazioni di volontà formulate oralmente in relazione a trattamenti prevedibili nello sviluppo di patologie in atto, e poi annotate nella cartella clinica, oppure ancora, soprattutto (ma non solo) in caso d’urgenza, le direttive anticipate validamente manifestate da un individuo capace in presenza di almeno due persone che ne possano dare testimonianza.
L’estensione delle volontà anticipate da ritenersi valide e vincolanti a questa variegata gamma di modalità appare non solo rispettosa del principio generale della libertà della forma, valevole anche per il consenso informato, e coerente con l’accezione ampia di volontà anticipate per i quali vi sono già precisi riferimenti normativi a livello deontologico (art. 34 Codice di deontologia medica) e giuridico (art. 9 Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina), ma, soprattutto, rispondente a quell’intento di valorizzazione dell’autonomia individuale che il Disegno di legge dichiara apprezzabilmente di fare proprio.
Diversamente si rischierebbe di perdere un’importante occasione per fare, con il ricorso allo strumento legislativo, un deciso passo avanti nella strada della garanzia per ogni individuo di non dover subire trattamenti sanitari da lui non desiderati.

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