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Luisella Battaglia

Il documento CNB sulla Pet-Therapy

(“Il Secolo XIX” 23 ottobre 2005 - per gentile concessione dell'Autrice)

La Pet-Therapy – letteralmente “terapia delle coccole” - è ormai termine d’uso comune per indicare tutte quelle attività terapeutiche e assistenziali che prevedono l’impiego di animali al fine di promuovere la salute e il benessere umani. Il diffondersi di queste pratiche - si pensi solo all’ippoterapia – ha aperto uno spazio di riflessione molto ampio in tema di rapporti uomo-animali ,dal punto di vista strettamente medico, ma anche etico e giuridico. Ci si chiede, ad es., con quali criteri valutare la reale efficacia di tali interventi; quale il loro rapporto con le più tradizionali terapie riabilitative; quali le ottimali modalità di attuazione.
A queste –e a altre- domande ha inteso rispondere il Comitato Nazionale per la Bioetica con un documento dal titolo Problemi bioetici relativi all’impiego di animali in attività correlate alla salute e al benessere umani. L’alleanza terapeutica uomo—animale, elaborato su sollecitazione dell’ex ministro Sirchia, a testimonianza del crescente interesse del mondo medico per le cosiddette “terapie dolci” e le sempre più frequenti iniziative legislative in ambito regionale. La riscoperta del ruolo terapeutico degli animali—che sembrava scomparsa nell’era della medicina scientifica—può inquadrarsi in quella “umanizzazione della medicina” che vede uno spostamento dell’attenzione dalla malattia al malato e dal malato alla persona, intesa nella sua interezza bio-psichica e favorisce lo studio e l’impiego di terapie “complementari” dirette a fornire risposte più integrate ai bisogni del malato.
La malattia viene considerata non come un fatto isolato, ma come risultato di un complesso di eventi che riguardano biografia, ambiente sociale e condizione esistenziale dell’individuo. Occorre aggiungere che, nell’area del “malessere”, delle piccole patologie di origine sociale e psicologica, si manifesta il modo culturale e soggettivo in cui si vive come stato di sofferenza quello che si definisce come malattia. In questo quadro la Pet-Therapy può rivelarsi in sintonia con l’idea di una medicina del prendersi cura o del caring, che ha come obiettivo prioritario il benessere globale del paziente e intende rispondere al suo bisogno di essere ascoltato (e non solo “auscultato”).
Il presupposto bioetico su cui essa si fonda è che tra uomo e animale possa instaurarsi una relazione sul modello delle relazioni interpersonali e che quindi, come in ogni interazione, vi sia uno scambio di sentimenti, affetti, emozioni che influenzano reciprocamente i due soggetti. Da ciò discende la possibilità di impiegare in senso terapeutico tale incontro. Questa è tuttavia anche la sfida che essa deve affrontare: è possibile elaborare un modello che sia rispettoso dell’identità di entrambi i partner, che miri alla tutela del benessere dei due soggetti e che, nel contempo, possa proporsi come praticabile e soddisfacente per gli operatori sanitari? Nel documento del C.N.B. è centrale l’idea di “alleanza terapeutica”, sia pure in una sua particolarissima versione: non ci si riferisce infatti alla relazione retta dalla fiducia tra medico e paziente ma a quella tra due individui appartenenti a specie diverse che si riconoscono e comunicano tra loro, come soggetti di un rapporto.
In tal modo l’animale non solo non è “strumentalizzato” o “sfruttato”—secondo una classica obiezione animalista—ma, viceversa, è riabilitato, promosso a interlocutore, si potrebbe addirittura dire a co-terapeuta. Naturalmente, perché tutto ciò si verifichi e si abbia un’ottimizzazione dei risultati, occorre che la Pet-Therapy sia praticata, da parte di un’équipe di professionisti adeguatamente formati - medici, veterinari, terapisti, educatori professionali, psicologi, zoo-antropologi - seguendo precisi protocolli e collaudati progetti di ricerca. Questo per assicurare la qualità delle prestazioni e offrire le necessarie garanzie di correttezza scientifica e di appropriatezza. L’équipe dovrà infatti stabilire se esista o meno l’indicazione per una “ terapia assistita cogli animali”(T.A.A.), - questa è l’esatta dizione -,valutare le possibili controindicazioni, porsi precisi obiettivi terapeutici,- es. miglioramento delle abilità motorie, delle capacità relazionali e comunicative, riduzione dell’ansia, etc.-,elaborare un progetto individualizzato, cioè calibrato sulle esigenze del singolo paziente. Solo a queste condizioni sarà possibile, per la Pet-Therapy ,uscire dalla fase attuale—ancora caratterizzata in larga misura dallo spontaneismo e dal volontarismo—e accedere a quell’accreditamento che solo la validazione scientifica può fornire.

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