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Le creature viventi

Una Riflessione Teologica ed Etica

Luigi Lorenzetti

I. Le creature viventi: quali sono?
Creature viventi sono gli umani, gli animali, i vegetali: sono forme di vita distinte ma correlate: non si può parlare compiutamente dell’una senza includere anche l’altra. Tuttavia, nel corso della storia, non solo cristiana, il discorso sulle creature viventi è stato riduttivo: tra le creature viventi, si considerava quasi esclusivamente il vivente umano: il vivente animale e, ancora più, il vivente vegetale passavano in secondo piano. Ma anche quando si parlava delle diverse forme di vita, si evidenziava subito il rapporto gerarchico tra il vivente umano e il vivente animale: superiore l’uno, inferiore l’altro. Come si sa per esperienza, quando s’introduce l’ordine gerarchico tra un primo e un secondo, il secondo ci perde sempre. L’ordine gerarchico (dominato-dominante, superiore-inferiore) falsa il rapporto tra i viventi umani, ma anche tra questi e gli animali. 1I. Una aggiornata teologia delle creature viventi Per evitare un discorso riduttivo e discriminatorio tra le creature viventi, è necessario ripensare le diverse fasi della storia della salvezza, dove appare evidente che la salvezza, annunciata e promessa, include tutte le creature viventi: i viventi umani, i viventi animali, vegetali e gli stessi elementi naturali. 1. La creazione
Il testo biblico riferisce che prima compaiono le piante, successivamente gli animali, infine l’essere umano, uomo e donna, che è posto al vertice e culmine dell’universo. Il quadro delle creature viventi è così completo: tutte le creature, animate e inanimate, sono opera dell’azione creatrice di Dio. E questo è vero anche nella prospettiva dell’evoluzione che ha, come punto di partenza non il caso, ma un disegno Intelligente.
All’uomo e alla donna, il Creatore affida il dominio su l’universo: . dice (Genesi 1,28): «riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Genesi, 1,28). Al capitolo seguente appare chiaro il tipo di dominio conferito all’essere umano dal, Creatore: «Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo coltivasse e la custodisse» (Genesi 2,15).
All’essere umano viene, quindi, affidato un compito che si traduce in servizio e responsabilità verso il creato e quanto contiene. Purtroppo, il pensiero tradizionale ha fatto riferimento quasi esclusivamente a Genesi 1, 28; e non a Genesi 2, 15, e così si è prestato a legittimare un dominio, inteso come «jus utendi et abutendi».
Nella storia del cristianesimo, in base al dato biblico diversamente interpretato, si sono formate due scuole di pensiero: quella che ha il suo massimo rappresentante in Francesco d’Assisi, per il quale gli animali sono fratelli e sorelle; e quella che ha legittimato, di fatto, una sorta di irrilevanza e anche di disprezzo nei confronti degli animali considerati più come cose, di cui disporre arbitrariamente piuttosto, che come creature viventi. 2. Alleanza di Dio con ogni vivente
Dopo il diluvio universale, Dio stabilisce l’alleanza non solo con la famiglia di Noè e neppure solo con i viventi umani, ma anche con i viventi animali (Genesi 9, 9-11):
«Quanto a me, ecco stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi, con ogni vivente che è con voi, uccelli, bestiame e animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca, con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra». 3. La redenzione
La redenzione, a opera di Gesù Cristo, morto e risorto, coinvolge tutte creature viventi e lo stesso cosmo (universo). La salvezza è già accaduta, ma non ancora compiutamente. Questa troverà compimento alla fine della storia umana e cosmica. La redenzione è collegata all’escatologia (annuncio delle realtà future). 4. Escatologia (o futuro ultimo)
Il creato e quanto contiene ha un futuro ultimo. I profeti e, tra questi, Isaia (11,6-8), annunciano con linguaggio allegorico le realtà ultime che coincidono con la pace e la riconciliazione con tutte le creature, umane e non umane.
«Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme i loro piccoli, il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide; il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi»
Sono figure allegoriche alle quali i profeti ricorrono di frequente per annunciare la fine dei tempi che ristabilisce l’armonia degli inizi, quell’armonia che il peccato (e i peccati), hanno interrotto (e interrompono) a ogni livello: con Dio, tra gli umani e con gli animali. Il cammino dell’umanità e dell’universo va verso la promessa dei «cieli nuovi e della terra nuova».
Sono certamente figure allegoriche ma anche reali che evidenziano un aspetto della Redenzione, sovente trascurato nella trasmissione del messaggio cristiano: la piena armonia futura, cioè, non riguarda soltanto il mondo umano, ma anche il mondo non umano che passa dalla violenza e sofferenza alla riconciliazione con tutte le creature. Un futuro, tuttavia, che non è solo da attendere. La speranza ultima non conduce all’evasione, è invece impegno a preparare, e in qualche modo anticipare, la realtà ultima, che passa attraverso il prendersi cura del creato secondo il mandato di custodia e di coltivazione che Dio ha affidato all’essere umano, uomo e donna.
L’idea della possibilità di un’altra vita per tutte le creature viventi e, dunque, anche degli animali, non costituisce una novità. In epoca recente è sostenuta da autorevoli uomini religiosi: Paolo VI, a un bimbo in lacrime per la morte del suo piccolo cane, gli dice: «Non piangere, perché nuovamente l’avrai». III. L’etica che deriva dalla teologia delle creature viventi A questo punto, si tratta di passare dalla teologia delle creature viventi, all’etica, cioè all’atteggiamento e comportamento verso le creature viventi. Se l’atteggiamento e il comportamento fosse spontaneamente di empatia non ci sarebbe bisogno di etica, ma così non è. Ma quale etica?
L'etica che deriva dalla teologia delle creature viventi, si declina in un’etica di rispetto, di compassione, di autolimitazione. 1. Rispetto (rispettare)
Rispetto è una parola che ritorna attualmente anche nel linguaggio pubblico: «rispetto della vita», «rispetto dell'ambiente». È sicuramente un segno di un cambiamento culturale della nostre società, anche se la cosa è ancora tutta da verificare.
Il rispetto è un atteggiamento, una disposizione che non dà la soluzione concreta bell’e fatta ai problemi concreti, ma descrive il giusto orizzonte entro il quale si può e si deve trovare la soluzione concreta.
Che cosa esige il rispetto della vita degli animali per quanto riguarda i limiti degli esperimenti medici su di essi? Che cosa comporta il rispetto delle diverse forme di vita presenti nel nostro ambiente naturale, della molteplicità delle specie vegetali e animali? Sono interrogativi ai quali non è facile dare, in ogni caso, la giusta risposta, ma sicuramente non la si troverà se non si parte da un atteggiamento (disposizione, virtù) di rispetto.
Filosofi e teologi concordano nel sostenere che, alla base del rispetto (etimologicamente re-spectare, guardare di nuovo), c'è, tutto sommato, un modo specifico di accostarsi alla realtà che si esprime in termini di vicinanza e, insieme, di distanza. Il rispetto conduce a mantenere una certa distanza nei confronti dell’altro, di ogni altro, degli altri, e permette loro di essere così come sono; scopre cioè che gli altri, che incontra: umani, animali, vegetali e le stesse cose naturali non hanno solo un valore utile; prima di tutto hanno un valore proprio.
La persona che rispetta, rinuncia a riferire a se stesso, quale unico centro, tutto quello che lo circonda e a volgerlo ai suoi interessi; non gli è difficile riconoscere i limiti morali nel disporre della vita, di ogni vita. Al contrario, una persona utilitarista e consumista tende a volgere a proprio vantaggio ogni realtà che incontra, a sfruttare l'altro a proprio vantaggio, a calpestare anche i diritti del prossimo, specie quando è più debole ed è possibile discriminarlo senza correre pericoli.
Per prossimo si deve intendere non solo l’umano, ma anche l’animale, la pianta, la realtà inanimata. «È necessario estendere _ avverte Paolo De Benedetti _ la concezione di prossimo; il mio prossimo è tutto il creato», nelle dovute distinzioni che, però, non possono trasformarsi in discriminazioni.
2. Compassione (o empatia)
La compassione (il concetto) dà luogo, negli odierni dibattiti bioetici, a interpretazioni controverse, nelle quali si riflettono le diverse visioni filosofiche sulla vita. F. Nietzsche vede nella compassione solo «un moltiplicatore della miseria» e una corrispondente «perdita di vita». Al contrario, M. Scheler e la fenomenologia del nostro secolo parlano nuovamente, in base a una lunga tradizione filosofico-morale, della compassione (simpatia) come di una reale immedesimazione, che dà luogo a un'identificazione con l'altro e a una genuina partecipazione alla sofferenza delle creature, umane e non umane.
Nella Lettera ai Romani (Rom 8, 22), l’apostolo Paolo parla del gemito della creazione: «Sappiamo infatti che tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto fino a oggi».
Il tema della sofferenza dell’animale è un tema centrale nella Bibbia alla pari anzi di più di quanto non sia la sofferenza umana. «Credo _ osserva Paolo De Benedetti _ che il problema della sofferenza nell’animale dopo il paradiso terrestre, abbia questa grave inesplicabilità: le disgrazie, i mali e tutte le sventure, compresa la morte, che vengono all’uomo sono presentate come conseguenza di un peccato, mentre i mali che travolgono gli animali non sono riconducibili a un peccato da essi commesso. Gli animali non peccano: sono innocenti. Anche l’episodio del diluvio dimostra che il regno animale è in rapporto con l’uomo sia in quanto essere vivente sia perché è travolto, inconsapevolmente e senza colpa alcuna, dal peccato dell’uomo. Per questo, bisognerebbe dire: come l’essere umano travolge nella rovina gli animali e le piante, così l’uomo ha il dovere di riportare salvezza anche per gli animali e per le piante. Come dovere di riparazione.
Ma c’è di più, oltre la sofferenza degli animali che è conseguenza di un mondo ancora imperfetto, c’è la sofferenza che i viventi umani causano agli animali. «Nel corso dei due precedenti appuntamenti _ ricorda il Ministro, on. Michela Vittoria Brambilla _ abbiamo introdotto tutti i temi relativi al maltrattamento degli animali, alla loro detenzione negli zoo, al loro sfruttamento nei circhi, alla terribile pratica della vivisezione e via dicendo. Inoltre, abbiamo dedicato un momento di approfondimento alla caccia».
Nella medesima assoluta mancanza di rispetto e causa di sofferenza gratuita e crudele, rientra «l’allevamento intensivo per l’industria della carne e per quella della pelliccia».
Sono fenomeni che rappresentano una massa di dolore e di deprivazione. Non possono lasciare indifferenti o neutrali, chiamano in causa la libertà-responsabilità dell’essere umano e la mancanza di una elementare formazione alla pietas verso gli animali.
3. Autolimitazione
L’auto-limitazione (o senso del limite e della giusta misura) modera la forza di espansione, con la quale il soggetto umano estende continuamente i confini del proprio dominio sulla natura interna ed esterna.
Si può riconoscere che l’auto-limitazione, nell'odierno risveglio della coscienza ecologica, ha acquisito una nuova forza di attrazione. Tuttavia, il largo consenso per la salvaguardia della creazione e per il rispetto della vita, di ogni vita, presuppone ed esige un cambiamento di mentalità (cultura) e di comportamento (etica). Si è oggi maggiormente consapevoli che il degrado ambientale (dell’ambiente e delle creature che ci vivono) è il risultato di una tendenza storica e culturale. La cultura, che si è affermata progressivamente e che ha guidato le società occidentali, è una cultura di tipo padronale che considera il creato, e quanto contiene, come un grande magazzino da saccheggiare e, in ogni caso, da disporre arbitrariamente; è una cultura individualista (di singolo o di gruppo umano) e utilitarista che tutto volge al proprio interesse e utilità.
Di conseguenza, per uscire dalla grave crisi ecologica è necessaria una conversione culturale di tipo etico: il passaggio dall’atteggiamento della sopraffazione e dello sfruttamento a quello della solidarietà che cerca il bene proprio nel bene dell’altro, di ogni altro, umano e non umano, e delle stesse cose o risorse naturali. E questo pone le società democratiche dell'occidente, guidate dal principio della massima libertà possibile, di fronte a sfide inusitate.
Per concludere, In base al messaggio biblico, è necessario ricuperare il discorso sulle creature che include gli animali e i vegetali ai quali, nel corso della tradizione si è dato poca importanza. Di conseguenza si può vedere come gli atteggiamenti etici (rispetto, compassione, autolimitazione) sono pertinenti e esigenti per tutte le forme di vita, umane e non umane; e delineano l’orizzonte entro il quale è possibile trovare la giusta soluzione nei casi concreti e denunciare le soluzioni ingiuste e immorali.

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