Articolo di Luisella Battaglia pubblicato il 5 novembre 2020 nè Il Secolo XIX
Oggi più che mai, dinanzi all’emergenza Covid-19, avvertiamo come la ricerca scientifica intersechi questioni etiche di grande rilievo che chiamano in causa diritti e libertà fondamentali. L’etica è parte integrante della ricerca specie quando essa prevede il coinvolgimento diretto di soggetti umani, come per la ricerca biomedica e la sperimentazione clinica. Per questo è di particolare significato il monito contenuto nel Parere del Comitato Nazionale per la Bioetica. “La sperimentazione biomedica per la ricerca di nuovi trattamenti terapeutici nell’ambito della pandemia Covid-19:aspetti etici” che muove da una preoccupazione molto concreta. Oggi siamo alla ricerca di nuovi trattamenti terapeutici: numerose sperimentazioni sono in corso, il contesto pandemico e l’emergenza sanitaria spingono ad una accelerazione delle ricerche al fine di abbreviare il passaggio dal ‘laboratorio’ al ‘letto del malato’ ma l’urgenza di ottenere dei risultati non dovrà in ogni caso compromettere il rispetto di fondamentali requisiti etici. Ricordiamoli sommariamente: la giustificazione scientifica della validità delle sperimentazioni, il bilanciamento del rapporto tra rischi e benefici, la protezione della sicurezza e del benessere dei pazienti, il consenso informato ai trattamenti, la tutela della privacy, la revisione scientifico- etica da parte dei Comitati Etici, la verifica dell’assenza di conflitti di interesse da parte di tutto il personale coinvolto nelle ricerche. La pietra angolare resta il principio di autonomia. La gravità del quadro clinico in alcuni malati accompagnata dalla mancanza di cure risolutive può spingere verso il cosiddetto ‘uso compassionevole’ dei farmaci ancora in fase di sperimentazione e non ancora approvati dalle autorità sanitarie.
E’ essenziale che i ricercatori, nell’acquisizione del consenso informato, bilancino realisticamente rischi e benefici e li comunichino ai partecipanti alla ricerca nel modo più chiaro e trasparente, anche nell’esplicitazione delle incertezze, con particolare attenzione alle condizioni emotive e di vulnerabilità, evitando – e ciò vale in particolare per l’uso di farmaci non ancora validati - che, nel contesto della pandemia, la percezione dei rischi sia diminuita. Ma altrettanto importante è il principio di giustizia. Per questo si raccomanda l’inclusione nella sperimentazione di tutti i soggetti senza alcuna esclusione, in quanto l’esclusione di persone particolarmente vulnerabili – che potrebbe sembrare una forma di protezione ma che in realtà risulterebbe discriminatoria – di fatto priva i pazienti della stessa possibilità di cura oggi (non essendovi alcun trattamento sicuro ed efficace), ma anche in futuro per una possibile esposizione ai rischi. Infine, nel quadro di una solidarietà che l’emergenza dovrebbe rafforzare, considerata l’importanza della ricerca biomedica per l’umanità nell’ambito della pandemia è da promuovere l’utilizzo a scopo di ricerca clinica del materiale biologico, residuo di precedenti attività diagnostiche o terapeutiche. L’auspicio è che, nel pieno rispetto della privacy, il consenso relativo ai campioni biologici possa essere ampio, ossia aperto agli usi futuri dei campioni per la ricerca.
Occorre ricordare che la crescente attenzione nei confronti degli aspetti etici della ricerca – di cui la bioetica è testimonianza - nasce dalla dolorosa presa di coscienza collettiva del protrarsi di forme di sperimentazione su esseri umani privi di regole etiche e tutele giuridiche. Da qui l’impegno di individuare principi, valori e procedure che, oltre ad orientare i ricercatori nella stessa progettazione e conduzione della ricerca, consentano ai partecipanti a una sperimentazione clinica di parteciparvi effettivamente, contribuendo in modo continuativo a ogni sua fase, nonchè di tutelarli nel significato più vero del termine, appunto come Persone, non solo come pazienti.