Lombardia
Sede:
Milano, via Morimondo 5 (20143), negli spazi condivisi con l’Associazione REF (Ricerca, Educazione e Formazione per la qualità della vita dell’ammalato)
LAVORO, IDENTITA', ETICA
Il 10 settembre 2021 presso l'Abbazia Mirasole Opera (Mi) si tiene il corso organizzato dalla sezione Lombardia dell'Istituto Italiano di Bioetica
Lavoro, identità, etica sono elementi che, in questo momento storico, in particolare durante la pandemia, concorrono a ridefinire la “crisi esistenziale”, che ciascuno di noi vive, non in termini dinamici, cioè come “essere nel tempo”, ma in termini depressivi come “paura della morte”.
Il corso verterà quindi su tre temi principali, tra loro interdipendenti, che concorrono al benessere e all’equilibrio soggettivo e intersoggettivo: lavoro, identità, etica.
Armonizzare queste tre dimensioni di vita, significa ristabilire un nuovo equilibrio, ricollegandoci alle nostre origini e alla nostra “essenza”.
Quale percorso da intraprendere per la nostra generazione?
Quale ruolo lo Stato, gli Enti e gli Organismi Socio-Sanitari. E, in particolare, cosa significa esattamente parlare di Salute Globale (PNRR), in base ad un approccio “ONE HEALTH” della sanità, per un concetto di sanità circolare, che non può prescindere dalla salute degli animali e dell’ambiente.
Un concetto di salute circolare che rilanci la prevenzione, attraverso strategie che non si occupino solo di farmaci e vaccini in vista delle future epidemie, ma che possano prevenirle, attraverso strategie di intervento mirate alla realizzazione di una salute circolare, concetto ormai ampiamente condiviso da tutti gli organismi
internazionali.
“Navigare è necessario, vivere non è necessario”
Forse, mai più di ora la frase di Pompeo Magno (politico romano, 106-48 a.c.) risuona nella nostra mente come esortazione ad “affrontare il mare burrascoso per portare a Roma il grano”, da intendersi, ai giorni nostri, come spinta ad impegnarci su vari livelli per il bene comune e superare le difficoltà emergenti, nonostante la paura e le avversità del momento che tendono a bloccare le nostre azioni in qualsiasi direzione. La salvaguardia della vita, in primis, riferita a ogni essere vivente, per non lasciare alle nuove generazioni la possibilità di una vita che non sia “vita”, ma paura e angoscia, per ciò che abbiamo distrutto in un secolo di potere economico. E’ necessario un recupero della salvaguardia dell’ecosistema, della salute pubblica, del “giusto” lavoro, in un contesto di solidarietà sociale ed etica, al fine di recuperare e attivare la parte migliore del “sé”, sia individuale che sociale come condivisione, compartecipazione, bene-essere, giustizia.
L’analisi della situazione attuale ci conferma quanto segue:
- l’impossibilità di usufruire di una natura che non viene rispettata;
- la decadenza di valori etici sia individuali che sociali;
- la mancanza di lavoro che produce povertà e induce la persona ad uscire da
un sistema di cui non si sente più parte attiva, con la possibilità che ne derivino vissuti e comportamenti estremi, perché incapace di trovare soluzione ai propri problemi;
- Una diffusa angoscia esistenziale.
- Una sanità che necessariamente deve evolvere, potenziare una medicina di prossimità, utilizzando l’implementazione di tecnologie, sempre più all’avanguardia, grazie ai risultati ottenuti dall’intelligenza artificiale e dalla telemedicina, ancora guardata con sospetto, non solo dai malati, ma anche da alcuni medici.
Parteciperanno, come relatori e conduttori di gruppi esperienziali, oltre ai politici, anche rappresentanti di categorie di lavoratori, giuristi, bioeticisti, ricercatori, medici, veterinari, psicologi, filosofi e cittadini, per un apprendimento e confronto reciproco, con l’intenzionalità di proporre nuove ipotesi di intervento, per riemergere dal caos attuale e intraprendere nuovi percorsi di vita.
PROGRAMMA
Lavoro, identita, etica_Lombardia_sett_2021.pdf
ATTI DEL CONVEGNO
MIlano - atti convegno bioetica 2021
OBBLIGO VACCINALE: IL BENE COMUNE PREVALE SULLA LIBERTA' INDIVIDUALE
La riflessione del prof Giorgio Macellari sull'obbligo vaccinale. Articolo pubblicato anche su Corriere Salute (gennaio 2021)
Credo che in merito all’obbligo vaccinale contro Covid-19 sia in corso una polemica sul nulla. In Italia abbiamo già vaccinazioni obbligatorie (contro tetano, polio, difterite, epatite B…) e nessuno – ad eccezione di una bizzarra minoranza – si sogna di negare ai propri figli una protezione così preziosa da malattie che fino al secolo scorso imperversavano senza controllo, seminando patimenti e morte.Inoltre la legge prevede l’obbligo di indossare caschi in moto e cinture in auto, ma nessuno inveisce contro un tiranno che limita la libertà personale. La ragione è semplice: a chi sostiene spavaldamente “la testa è mia e ne faccio quel che mi pare”, lo Stato fa notare che no, la testa non è solo tua, se te la rompi le conseguenze causano costi sociali che gravano su tutti, erodendo risorse pubbliche e spargendo sofferenze prevenibili.
Chi si oppone all’obbligo vaccinale cita l’art. 32 della Costituzione, ma a sproposito: declama la prima parte,ove si dice che nessuno può essere costretto a un trattamento sanitario, ma dimentica la postilla “…se non per disposizione di legge”. Dunque in certi casi lo Stato può o deve forzare a trattamenti sanitari. Quando? Quando il diniego di uno può essere lesivo della salute di altri.
E che dire della titubanza di alcuni operatori sanitari? La trovo inammissibile. Medici e infermieri hanno studiato sodo per offrire cure basate su dati scientifici: imperfette, certo, ma le migliori esistenti. E visto che il nuovo vaccino risulta efficace e sicuro, non usarlo per prevenire una malattia così odiosa è insensato; inoltre apre al codice penale: contagiare soggetti fragili può procurare la morte. Dagli operatori sanitari mi sarei aspettato un’adesione totale, invece una parte si rifiuta, diffida o indugia, alimentando una confusione da cui i negazionisti attingono per infiammare gli animi. Mi chiedo, spiazzato, cosa hanno studiato per fare e quale senso etico hanno maturato nel loro percorso di lavoro a fianco del dolore.
Insomma, a certe libertà individuali si deve rinunciare per difendere il bene collettivo. Una semplice regola con radici antiche, non serve ridiscuterne. Eppure qualcuno si irrigidisce su posizioni irrazionali, oltre che egoistiche fino all’irresponsabilità: pur di tener fede alla propria ideologia – non importa se priva di argomenti comprensibili – è disposto a sacrificare il bene altrui. Difficile giustificare un siffatto comportamento asociale. Senza contare quanto sia complicato e lento organizzare campagne di persuasione educativa:in questa fase d’emergenza manca il tempo per vincere pacatamente le resistenze che preannunciano la difficoltà di raggiungere la dovuta immunità di gregge. Campagne di questo genere vanno sì messe in atto, con il sostegno di chi ha l’autorevolezza mediatica per dare il buon esempio. Ma non vedrei alcunché di malvagio o antidemocratico nel rendere obbligatoria la vaccinazione, se il tasso di rifiuto superasse la soglia critica.
Prof Giorgio Macellari
INTERVISTE ‘PARALLELE’ A PADRE GIACOMO, ABATE BENEDETTINO, E A GHESCE JAMPA GELEK, MONACO BUDDISTA
Silvana Cagiada ha posto le stesse domande, ma in momenti diversi, a due uomini di fede. L’obiettivo del confronto tra i due rappresentanti spirituali delle due religioni, consiste nel verificare sia i punti di contatto che le diversità su tematiche esistenziali, particolarmente sentite oggi, momento storico successivo all’intervista, laddove l’emergere della fragilità dell’essere umano si manifesta drammaticamente con la pandemia e la conseguente presa di coscienza della difficoltà ad affrontarla.
L’intervista a Padre Giacomo, abate benedettino, è stata raccolta il 1 dicembre 2019 presso il monastero benedettino di San Giovanni Evangelista di Parma, luogo all’interno del quale ha sede anche la “scuola buddhista” della città, in un’ottica interreligiosa di accoglienza e confronto di fedi e culture diverse, nel reciproco rispetto. Padre Giacomo era giunto a Parma dalla Pietra di Bismantova, dopo che i benedettini avevano lasciato l’eremo.
Cosa è per te la sofferenza come persona e come religioso?
Ho scoperto da un mese di avere un tumore. Non mi meraviglio della mia sofferenza, perché ho una maggiore serenità spirituale; mi abbandono alla Provvidenza, perché tutto fa parte di un cammino, non ho paura delle sofferenze e della morte.
Come sarà la vita dopo la morte?
La realtà della sofferenza è il pane quotidiano di tutti e comporta che, in questo cammino, abbiamo delle sofferenze…fa parte della crescita come il giorno, la luce. Il buio ti serve per “caricare la batteria” ed essere più vitale durante la giornata. Un allenamento della mia vita spirituale che mi aiuta a superare….
La vita dopo la morte è tale e quale a Cristo: Cristo è nato, ha sofferto, è morto. E la morte è il destino. Lui lo sapeva, era inconcepibile che un Dio fatto uomo potesse morire, e questa morte è stata uno “scandalo”. E la Madonna sapeva, ma si faceva forte, perché era consapevole che il Figlio Prediletto poteva sempre contare sul Padre, come tutti noi. Dopo la sua morte, è sempre Lui che dà forza e ci illumina sul futuro. Lo Spirito Santo Lo fa sorgere dal sepolcro. E questa esperienza è uguale per tutte le creature. E la facciamo con lo “Spirito di vita", che non è soltanto forza creatrice assoluta, ma dispensatore di gioia e di pace e, nonostante le nostre “mancanze”, i nostri limiti, interviene sempre.
Come combattere l’ingiustizia del mondo? Che cosa può fare il cristiano?
L’ingiustizia del mondo dipende dall’uomo stesso, dalla sua natura, dal suo essere egoista, ma il cristiano può combatterla con la Carità, con la Fede e con la Speranza nell’aiuto di Dio, seguendo il Vangelo e la parola di Dio, unica via che porta al rispetto e alla giustizia tra gli uomini.
Ma quale aiuto concreto con la Carità?
Madre Teresa di Calcutta stava soccorrendo un moribondo abbandonato per strada, e un giornalista che la vide le chiese quale valore di vero aiuto avesse il suo intervento. Ed Ella rispose: “Gli ho sollevato la testa e sono rimasta con lui mentre stava morendo e lui mi ha sorriso prima di morire”.
Gheshe Jampa Gerlek (Istituto Lama Tzong Khapa, Centro Internazionale di studi di buddhismo tibetano -Toscana), monaco buddhista, intervistato il 23 febbraio 2020. Il monaco parla solo in tibetano e si avvale di un interprete per rispondere alle domande.
Le farò le stesse domande che ho rivolto a Padre Giacomo, abate Benedettino. Vorrei mi esprimesse la sua opinione su “la vita dopo la morte”.
Nel buddhismo la vita futura dopo la morte continua, perché la vita futura viene dalla presente. La vita precedente viene dalla vita passata. È un principio senza fine. La nostra coscienza continua, però deve raggiungere un altro elemento. Si parla di “Samsara” e “Nirvana”. Samsara significa che la nostra vita continua, prende un’altra rinascita,perché c’è un’”affezione mentale”, uno “squilibrio”. È un ciclo che continua con il Karma, il frutto delle nostre azioni. Se si esce da questo ciclo si entra nel Nirvana, eliminando affezione mentale e Karma. Dopo il Nirvana, la mente non si ferma, ma continua. Lui o Lei, ormai, possono scegliere di rinascere oppure no, con libertà, dove vogliono. Prima di questo passaggio, invece, si rinasce nella “fede del Karma”, fede basata sulla saggezza. Se una fede è cieca, non va bene. Si deve ragionare e studiare su ciò che ti dà luce. Una fede cieca dà solo ignoranza. Non si devono accettare le mie parole per fede, ma solo se questo vi dà un senso.
In quest’altra vita, quando si parla di Nirvana c’è un Dio, una forza universale che fa muovere il Tutto?
Questo Dio, creatore onnipotente, nel buddhismo non è accettato. Tutto è interdipendente, si basa sul meccanismo di interdipendenza.
Che significato dà alla sofferenza e alla giustizia?
È la sensazione del malessere, sensazione della nostra mente e del nostro fisico, come sensazione cattiva del nostro corpo e della nostra mente. La sensazione mentale può essere positiva o negativa, piacere o dolore nella mente. Il dolore è sofferenza, pianto. L’ingiustizia esiste perché gli uomini non riescono ad intervenire in queste situazioni, ad esempioquando muoiono di fame bambini. Secondo me questa ingiustizia è dovuta alla mancanza del nostro altruismo, di non comprensione e amore. Riguardo aIla domanda (relativa all’ingiustizia) che hai fatto, il buddhismo ha proclamato che tutti gli esseri senzienti sono uguali: alcune razze hanno un atteggiamento di superiorità, così come anche i ricchi verso i poveri ed è per questo che non c’è uguaglianza.
C’è rispetto per gli animali?
Buddha dice che siamo tutti uguali. Siamo tutti esseri senzienti.-
E i vegetali?
Non hanno coscienza.
Padre Giacomo è morto il 6 febbraio 2020. La sua morte ha lasciato un grande vuoto tra le persone, fedeli e non, che si rivolgevano a lui per essere confortate, supportate e per avere un confronto nei momenti oscuri e difficili della propria esistenza. Tutto ciò, grazie alla sua capacità di sdrammatizzare e condividere il dolore, e di far vedere oltre al buio, uno spiraglio di luce che è amore tra gli uomini.
Non sono le solite frasi di commiato per ricordare un defunto, ma è il ringraziamento profondo ad una persona indimenticabile.
Ringrazio anche il monaco Ghesce Jampa Gelek e l’intero gruppo per la cordiale accoglienza e collaborazione, e per aver accettato un confronto certamente illuminante sia per quanto riguarda gli aspetti etici che “il trascendente”.
Dott.ssa Silvana Cagiada
Psicologa clinica, psicoterapeuta
Istituto Italiano di Bioetica- Sezione Regione Lombardia