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Innanzitutto, è doveroso precisare che si parla di “animali di affezione”, cioè di quegli animali a cui l’uomo è legato da un sentimento particolare. Nei suoi principi generali la legge 281/91, all’art. 1, infatti, enuncia che “lo Stato promuove la tutela degli animali d'affezione, vieta la crudeltà verso questi animali e il loro abbandono e promuove la convivenza fra uomo e animali, tutelando ambiente e salute pubblica”. Una prima definizione di animale di affezione è fornita dalla CONVENZIONE EUROPEA PER LA PROTEZIONE DEGLI ANIMALI DA COMPAGNIA sottoscritta a Strasburgo il 13.11.1987 ove si stabilisce all’art 1 che “per animale da compagnia si intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e come compagnia”. L’Accordo del 6 febbraio 2003, introduce aspetti più orientati verso la tutela animale. È un accordo fra il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ed è costituito da 9 articoli. Per le norme vigenti rimanda alle leggi regionali, mentre lo stesso si occupa di stabilire i principi a cui attenersi. In particolare, amplia il campo di applicazione della tutela degli animali, considerato che le leggi per i loro diritti riguardano tendenzialmente solo cani e gatti. Per animale da compagnia, con questo accordo si intende invece "ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto, dall'uomo, per compagnia o affezione senza fini produttivi od alimentari, compresi quelli che svolgono attività utili all'uomo, come il cane per disabili, gli animali da pet therapy, da riabilitazione, e impiegati nella pubblicità". Sono esclusi gli animali selvatici. In assenza, dunque, di una specifica elencazione, tutti gli animali possono essere considerati da compagnia ad esclusione di quelli che vengono definiti selvatici, ossia animali che non possono, per la loro natura, adattarsi alla cattività. Fornisce, invece, un’elencazione degli animali da compagnia, seppur nell’ambito della movimentazione non commerciale, il Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio sui movimenti a carattere non commerciale di Animali da Compagnia n 576‐577/13 (abrogativo del Reg Ce 998/03). In tale ambito, sono animali da compagnia: a) pets: cane, gatto, e furetto; b) invertebrati (ad eccezione di api e bombi, molluschi e crostacei), animali acquatici ornamentali; uccelli (ad esclusione del pollame); roditori e conigli (detenuti non per fini alimentari).

Le Competenze delle regioni previste all’art. 3 della succitata legge quadro riguardano dunque questi animali. Tra queste competenze è prevista l'istituzione dell'anagrafe canina locale; la definizione dei criteri di risanamento dei canili; la definizione delle misure di lotta al randagismo dopo aver sentito gli enti protezionisti e le società venatorie; la formazione scolastica (rivolta principalmente agli studenti) e del personale sanitario che si occuperà degli animali d'affezione; il risarcimento degli allevatori a causa dei danni provocati da cani randagi o inselvatichiti. Alcune di queste competenze regionali potrebbero essere interpretate a tutela degli animali ma il risarcimento agli allevatori per i danni provocati dai randagi non ha nessuna pertinenza con il principio di tutela animale. L’istituzione dell’anagrafe canina, ad esempio, potrebbe essere interpretata come forma di tutela perché il microchip sottocutaneo consentirebbe al proprietario di ritrovare il proprio animale. Ma esso può essere anche finalizzato al controllo in caso di abbandono. In quest’ultimo caso non si tratterebbe di una forma di tutela dell’animale ma di prevenzione a possibili rischi connessi alla pubblica incolumità. La legge regionale in questione, però, prevede l’obbligo di “microchippare” solo il cane e lascia a carico del proprietario del gatto la “microchippatura”, mentre non fa riferimento al “microchip” per tutti gli altri “animali da compagnia o d’affezione”. Anche il risanamento dei canili potrebbe essere interpretato come un’azione volta a garantire maggiore benessere agli animali recuperati dal territorio, ma il controllo delle nascite, per quanto sia una misura meno aggressiva rispetto alla soppressione, è comunque una misura violenta finalizzata alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente. L’animale, infatti, viene sottoposto ad intervento chirurgico non per la propria salute ma per arginare un fenomeno che potrebbe compromettere l’incolumità delle persone che vivono all’interno di un territorio. Le sanzioni previste contro l’abbandono e/o l’omissione di iscrizione all’anagrafe canina sono davvero misure di tutela per l’animale o sono ricollegabili ai problemi di randagismo e quindi a reati connessi contro la collettività?

Lasciando in sospeso la questione culturale e filosofica a monte dei diritti degli animali, nella pratica, quindi, questi diritti sono in realtà formulati come doveri del proprietario o del custode degli animali. Quanto stabilito all’art. 9 della Legge Regionale in questione, pone il proprietario o detentore a preoccuparsi della salute e del benessere del proprio animale da compagnia e ad assumersi le responsabilità verso terzi, così come recita il comma g) e f) rispettivamente alla responsabilità del detentore di rischi connessi alla cattiva gestione dell’animale e all’impegno di questi a garantire l’igiene urbana e il decoro pubblico. La tutela della salute dell’animale sembrerebbe collegata alla prevenzione di qualsiasi rischio per la pubblica incolumità. Un animale sano genera meno rischi per la salute degli altri. C’è da riconoscere, però, che all’art. 2 di questa legge regionale viene introdotto un aspetto assistenzialista per il cane, potendo, il proprietario, in caso di impossibilità a continuare ad accudire l’animale, fare richiesta al proprio comune di residenza per farlo ospitare nella struttura convenzionata o di cederlo ad associazioni protezionistiche che ne fanno richiesta. Ovviamente le spese saranno a carico del detentore. In questo modo è come se si stesse affidando un individuo all’assistenza dello Stato. Inoltre, vieta di detenere i cani a catena o ad altro strumento di contenzione similare, che trova già riscontro in altre leggi regionali e nella giurisprudenza. Un altro aspetto assistenzialista è quello espresso all’art. 10, che prevede appositi percorsi di recupero comportamentale in caso di animali con comprovata pericolosità. Anche quanto previsto al comma i) di questo articolo sancisce un principio di tutela perché riconosce all’animale la sofferenza psicologica nel momento in cui ne vieta l’isolamento o l’esclusione dal nucleo familiare. E, l’articolo 10, ha anche il merito di aver vietato l’accattonaggio su tutto il territorio regionale. La polizza prevista per i cani potenzialmente aggressivi resta comunque una forma di tutela per l’essere umano.

Le intenzioni della Legge Regionale, che sono citate all’art. 1, di intraprendere ogni utile iniziativa e servizio per favorire il rispetto e il riconoscimento dei diritti degli animali, vengono subito disattese quando ci si accorge che all’art. 5 comma f) viene istituito un servizio di pronto soccorso solo per animali feriti ma non per quelli malati o in difficoltà. Il Codice della Strada, alla disposizione di cui all’art. 189, comma 9 bis, stabilisce che l’utente della strada, in caso di incidente stradale comunque ricollegabile al suo comportamento, da cui derivi un danno a uno o più animali da affezione, da reddito o protetti, ha l’obbligo di fermarsi e di porre ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento di soccorso agli animali che abbiano subito un danno. Si tratta, dunque, di un problema di ordine pubblico e solo conseguentemente di assistenza per l’animale per il quale, però, bisogna capire, quale tipo di assistenza e in che termini. Spesso capita che un cittadino debba segnalare la presenza di un animale a cui non è stato cagionato alcun danno ma che presenta evidenti segni di salute compromessa. Non essendoci alcun riferimento esplicito in tal senso può accadere che il cittadino che avvisti un animale malato durante l’orario di chiusura degli uffici preposti, debba farsi carico della cura e dell’assistenza. Se per il cane malato esiste il canile, non ci sono analoghe strutture per il gatto che resta totalmente a carico del titolare della colonia o del cittadino in caso di gatto randagio. È al comma 2 dell’art. 1 che viene fuori il vero spirito della legge, il cui precipuo scopo è quello di disciplinare e promuovere il controllo del randagismo a tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Più che innovativa, la legge ha forse il merito di aver disciplinato prassi già da tempo in uso e di aver definito nel dettaglio le competenze di tutte le parti in causa (Regione, Comune, ASL, associazioni protezionistiche). Di interesse collettivo potrebbe essere la pubblicazione sul sito della Regione dell’elenco delle aree di accoglienza riservate agli animali nei parchi e nei giardini pubblici, nelle spiagge autorizzate.

Non è però un problema della Legge Regionale della Campania quello di far confluire nella stessa norma aspetti di tutela umana, animale e ambientale ma dell’impianto giuridico italiano ancora culturalmente orientato a considerare l’animale un “oggetto da gestire” e non un “l’oggetto della tutela”. Sarà, dunque, arduo il compito del Garante Regionale per i Diritti degli Animali previsto all’art. 24, poiché, pur agendo in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione, potrà far valere i diritti di parte solo se questi non toccano gli interessi della parte umana. Le funzioni ad esso attribuite restano enunciazioni di principio quasi sempre non applicabili. È un interessante segnale di svolta culturale ma nella pratica, il garante è, quasi sempre, inerme. Insomma, sono stati definiti meglio compiti, ruoli e funzioni affinché l’impianto burocratico più snello consenta l’erogazione di servizi più efficienti ed efficaci. Questi servizi, però, sono quasi sempre finalizzati alla tutela della salute umana. L’istituzione del registro dei tumori per gli animali è un ulteriore esempio di quanto finora affermato in riferimento allo scopo della legge regionale di tutelare la salute pubblica. Mentre per l’uomo il registro tumori è finalizzato a raccogliere dati clinici che potrebbero essere utili nella formulazione di diagnosi e possibili cure, quello degli animali è ancora una volta finalizzato a raccogliere elementi che sono utili all’uomo.

Finché l’animale non verrà considerato dal nostro ordinamento giuridico come “oggetto di tutela diretta” nessuna legge sarà realmente a tutela dell’animale. Associazioni nazionali si stanno impegnando affinché ciò avvenga chiedendo la revisione dell’art. 117 della Costituzione, chiedendo di introdurre tra le competenze dello Stato la tutela del benessere animale. Finché la legge non porrà il benessere degli animali al di sopra del vantaggio umano, il diritto animale sarà sempre conseguente a motivazioni che interessano il benessere, il guadagno o la salute degli esseri umani così come dimostrato dalle leggi in materia sanitaria e veterinaria e proprio come accade nella legge 281/91 e le derivanti leggi regionali.

La crescente diffusione di una sensibilità popolare verso gli animali è rispecchiata dalla propensione sempre maggiore di giudici e legislatori a trovare un modo per migliorare la condizione degli animali da compagnia, sebbene permangano importanti eccezioni in cui la centralità del benessere degli animali viene meno (allevamenti, macelli, circhi, zoo e giardini zoologici, vivisezione, manifestazioni in cui si utilizzano gli animali). Ciò avviene tipicamente, ma non solo, nelle occasioni in cui la controparte umana ne tragga un vantaggio economico (ad esempio è il caso degli animali circensi, degli animali selvatici in aree sottoposte a disboscamento o trasformazione radicale dell'ecosistema e degli animali da allevamento, sia nel caso degli animali da compagnia sia per gli animali destinati ad altri scopi), un vantaggio "scientifico" (come nel caso della vivisezione), o un vantaggio materiale (come nel caso della macellazione). Questa contraddittorietà rende particolarmente duro il lavoro di chi intende far valere i diritti degli animali, costretto a scontrarsi con una legge che tutela i diritti degli animali, se questi non entrano in conflitto con gli interessi dell’essere umano. Inserire la tutela degli animali nella Costituzione rappresenterebbe una svolta culturale in linea con quanto più volte affermato dalla giurisprudenza. Come stabilito, infatti, dalla III sezione della Cassazione con la sentenza n. 6829/2014, gli animali dovrebbero essere considerati “non più fruitori di tutela indiretta o riflessa, nella misura in cui il loro maltrattamento avesse offeso il comune sentimento di pietà, ma godono di una tutela diretta orientata a ritenerli come esseri viventi”. In quest’ottica, quindi, l’animale costituisce il bene giuridico protetto e non più l’oggetto materiale del reato, tanto che, per questa via, si è progressivamente realizzato il rafforzamento della tutela penale degli animali che appare evidente laddove si tenga conto dei principi fissati dalle carte internazionali”.

Per concludere, quindi, l’aspettativa è che ci sia quanto prima una svolta culturale che comporti leggi che trattino specificatamente la tutela degli animali, riservandosi di disciplinare il comportamento del detentore in norme che afferiscono ad ambiti diversi.

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