The Rooster crows at the Dawn soon to come |
|
Fierce and haughty Since the dawn of times At whom I’ve crowed. Chief of all nations, Undesputed, Ruler of every action. Though I am no more. Without my crimson crown, Spurs tied to my paws, Blood in my feathers And ahead of me I see another myself. Another chief, Broken, bent, defeated. That I shall kill Or perish in the effort. Those who used To depend on us Are telling me so. And they surroud us And they own us. And they yell at us; Not equaling us in beauty Nor in utility. Poor, little, mankind! Even God would have not Done anything Without my delightful crow! When Alexander the Great Ruled the Land I, was ruling his actions, And when Cristopher Columbus Conquered the New World I had to crew twice, For twice where the times. And I have always been there Crowing, announcing, greeting The day soon to come. But now here I am: Ruler of the world Compelled to fight. Kill or perish in the effort. Why? The grace of knowing has not Been granted to me. But tomorrow a new day will come And if not me, another myself will be there, On the fence, Opening your eyes, Preparing the world To your glory. Even if you have killed us We forgive you. But do not forget us, Because A dawn is soon to come And we will be there. Crowing. |
Feroce ed altero Dall’alba dei tempi Ai quali ho cantato. Capo di tutte le nazioni, Mai sfidato, Sovrano d’ogni azione. Eppure Più non sono. Senza la mia cremisi corona, Speroni legati alle mie zampe, Sangue nelle mie piume E davanti a me Vedo un altro me stesso. Un altro capo, Spezzato, piegato, sconfitto, Che io devo uccidere O morire nello sforzo. Coloro che Dipendevano da noi Mi stanno dicendo ciò. E ci circondano E ci possiedono E urlano a noi Non eguagliandoci in bellezza O utilità. Povera, piccola, umanità! Persino Dio non avrebbe Fatto nulla Senza il mio incantevole canto! Quando Alessandro il Grande Governava sulla Terra Io, governavo le sue azioni, E quando Cristoforo Colombo Conquistò il Nuovo Mondo Io dovetti cantare due volte, giacchè due erano i tempi. Ed io sono sempre stato lì Cantando, annunciando, accogliendo Il giorno che sta per venire. Ma adesso eccomi: Governatore del mondo Costretto a lottare. Uccidere o morire nello sforzo. Perché? La grazia del sapere non Mi è stata concessa. Ma domani un nuovo giorno verrà E se non io, un altro me stesso sarà lì Sullo steccato Aprendo i vostri occhi Preparando il mondo Alla vostra gloria. Anche se ci avete ucciso Noi vi perdoniamo. Ma non dimenticateci, Perché Un’alba sta arrivando E noi saremo lì. Cantando |
Irene Quintaluce |
Io Leone,
costretto a combattere negli anfiteatri;
Io Toro,
costretto a combattere nelle arene;
Io Cane,
costretto a combattere contro i miei fratelli;
Io Gallo,
costretto a combattere imbottito di droghe. Io che sogno la Savana;
Io che sogno una prateria;
Io che sogno una cuccia;
Io che sogno un’alba per cantare. Noi, soldati senza una bandiera;
Noi, assassini per procura;
Noi, combattenti senza una causa;
Noi, vittime per divertire. Leonardo Russo
II C
Liceo Scientifico Statale Giuseppe Mercalli di Napoli
Voi che vivete
Le vostre comode vite,
Voi che credete
D’esser meglio di noi,
Mi toglieste la vita
Come un giro di giostra.
Invasato dal sangue,
Soggiogato dal gioco,
Mi armaste di rabbia
E di un lurido nome.
Fui amico dell'uomo,
Quel fine umorista,
Che dona la morte
E fugge da essa.
Datemi voce
Cari compagni,
Che il mondo sappia
Il padrone cos'è.
Io non ci credo
Che ve ne siano di buoni. Poi che mentre morivo,
Fragor di risate. Raffaele Giusti
Liceo Scientifico Statale “G.Mercalli”
Classe: V i
IL CERVO E IL CACCIATORE
Non mi aveva visto
Ma un bramito di terrore
Un segnale di pericolo
Gli fece puntare il fucile su di me.
Un cacciatore e un cervo
Un proiettile e una vita.
Non fallì e stramazzai a terra.
Se avessi taciuto
Non sarei posseduto
Dal rimorso vivo di parole
… muoio.
Veglia |
Agonia |
1. Un’intera nottata |
1. Un’intera nottata |
Giuseppe Ungaretti |
Mio fratello agnello |
Le luci che mi abbagliano..
Le ruote grandi e nere che mi sfiorano ...
La notte nera e fredda che mi avvolge...
Non so dove sono....
Non so dove andare....
Non so cosa fare...
Mi manca la mia cuccia con la coperta rossa ..
Mi manca la ciotola con il latte e i croccantini..
Mi manca la pantofola rotta ...
Ho fame ...
Ho sete...
Ho paura , molta paura..
Mi mancano le sue carezze ...
Mi manca il suo odore ...
Mi manca la sua voce che mi chiama..
Sarà solo un errore ...
Sarà solo un incubo..
Sarà già in giro a cercarmi..
Sono solo..
Cosa faccio ?
Mi siedo....
Lo aspetto...
Lo aspetto..
Ti aspetto..
Tra cielo e mare c’è una linea sottilissima di mistero
e proprio in quella linea impercettibile c’è uno scoglio.
Su quello scoglio io trascorrevo le giornate.
Granchio di una certa età,
età perfetta per le vostre pance insaziabili,
età perfetta per vivere.
Mi avete fatto morire lentamente come fossi il vostro peggior nemico
eppure io non vi ho fatto niente.
Prima a soffrire su un freddo ghiaccio
e poi in una pentola dove l’acqua salata non mi era amica.
Come una nave che affonda il mio corpo scendeva in un vulcano.
Annegando in lacrime salate, annegavo nei miei pensieri,
nel mio dolore.
Voi animali affamati e insaziabili
modificate il corso della natura,
uccidete senza rimorsi…
Se penso a tutto il dolore che ho provato,
all’agonia straziante,
agli sbalzi di temperatura…
L’angoscia mi sale fino all’estremità delle chele:
mi riempie tutto.
Penso poi a quando mi bastava poco.
A quando ero felice nella mia corazza che credevo invincibile
quando le mie chele erano le mie mani e le mie spade
e non una portata da menù.
Molti granchi prima di me sono stati uccisi.
Sapevo che un giorno sarebbe successo anche a me,
tutti moriamo ma avrei preferito fosse per mano della natura.
Prima che portassero via anche me forse non sapevo quanto era emozionante la vita che conducevo:
ero baciato dal sole,
accarezzato dal vento,
cullato dal mare.Tra le alghe e la schiuma del mare Tra cielo e mare c’è una linea sottilissima di mistero
e proprio in quella linea impercettibile c’è uno scoglio.
Su quello scoglio io trascorrevo le giornate.
Granchio di una certa età,
età perfetta per le vostre pance insaziabili,
età perfetta per vivere.
Mi avete fatto morire lentamente come fossi il vostro peggior nemico
eppure io non vi ho fatto niente.
Prima a soffrire su un freddo ghiaccio
e poi in una pentola dove l’acqua salata non mi era amica.
Come una nave che affonda il mio corpo scendeva in un vulcano.
Annegando in lacrime salate, annegavo nei miei pensieri,
nel mio dolore.
Voi animali affamati e insaziabili
modificate il corso della natura,
uccidete senza rimorsi…
Se penso a tutto il dolore che ho provato,
all’agonia straziante,
agli sbalzi di temperatura…
L’angoscia mi sale fino all’estremità delle chele:
mi riempie tutto.
Penso poi a quando mi bastava poco.
A quando ero felice nella mia corazza che credevo invincibile
quando le mie chele erano le mie mani e le mie spade
e non una portata da menù.
Molti granchi prima di me sono stati uccisi.
Sapevo che un giorno sarebbe successo anche a me,
tutti moriamo ma avrei preferito fosse per mano della natura.
Prima che portassero via anche me forse non sapevo quanto era emozionante la vita che conducevo:
ero baciato dal sole,
accarezzato dal vento,
cullato dal mare.
E sono morto senza aver vissuto,
con il mio corpo rimasto senza peli per giorni infiniti,
fino al giorno in cui la scossa mi ha fatto incontrare il buio,
che già da mesi viveva dentro me.
E tenevo gli occhi aperti solo grazie alla speranza
che qualcuno arrivasse e comprendesse la mia sofferenza.
Ma chi arrivava, voleva altro, mi dava cibo,
che cibo non era.
E andavo avanti con la paura dentro,
che mi faceva tremare ad ogni rumore,
e di rumori ce ne erano tanti.
E vivevo in spazi piccoli e privi di luce,
niente vedevo se non il dolore del mio vicino,
che giorno dopo giorno diventava sempre più grande.
E arrivò il giorno in cui anch’io uscii al freddo,
perché la mia pelliccia diventasse folta,
solo per soddisfare le vanità umane.
E quel che per loro era oggetto di piacere,
era in realtà la mia preziosa ed unica vita.
La Savana era calda e assolata.
Uno sparo echeggia nell’aria
ed eccolo cadere!
Sanguinava e si trascinava,
vedeva all’orizzonte il branco,
era stanco !
I compagni sempre più lontani e irraggiungibili,
Il capo si gira indietro,
ma non si poteva rallentare
sarebbe stato troppo di impedimento.
I deboli vengono lasciati al loro destino.
E così il branco continua incurante
mentre la maestosa criniera volge a terra!
Abbandonato a sé ,
la sera cala e gli avvoltoi volano bassi.