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di Luisella Battaglia

E ben noto che per buona parte del'900 l'ipotesi che gli animali potessero avere sentimenti e emozioni simili alle nostre fua lungo osteggiata dastudiosi di psicologia e biologia ma altrettanto forte e radicata era la convinzione,propria dell'antropologia,che fosse una capacità esclusiva della nostra specie quel­ la di foggiare utensili e strumenti.
Per sradicare quelli che possiamo oggi considerare i tradizionali assunti del più classico paradigma antropocentrico sono state necessarie ricerche pionieristiche nell'ambito dell'etologia con­ dotte "in natura", a Partn:e dagli anni '60,soprattutto da studiose donne. E questo un punto di no­ tevole interesse, in genere scarsamente conside­rato. Dobbiamo infatti ad una grande etologa, allo "sguardo" di una scienziata donna, oggi novantenne,Jane Goodall in questi giorni in Italia per un ciclo di conferenze la scoperta della comples­sità della vita animale con i suoi studi sugli scim­ panzè, studi che-secondo il giudizio di Stephen JayGould-"rappresentano una delle grandi con­ quiste scientifiche dell'Occidente".

jane goodall lo sguardo sulla complessita animaleLa novità della sua metodologia, imperniata sul confronto della mente umana con quella delle specie animali a noi più vicine fondamentale è il suo libroL'ombra dell'uomo(1974) -consiste nel deliberato rovesciamento degli approcci classici agli animali selvatici, tradizionalmente studiati ingabbia e in laboratorio,anziché osservati in natura,liberi nel loro spontaneo comportamento.

Per circa 30 anni la Goodall ha studiato la complessa vita sociale e familiare degli scimpanzè, narrato le loro vicende, i loro rapporti affettivi ma anche le loro lotte, infrangendo molte regole tradizionali: ad esempio, dando loro un nome- anziché, come previsto, identificandoli con un nu­ mero-,descrivendone le personalità e i differenti caratteri,ma soprattutto-vero punto di svolta- facendosi accettare da loro,attendendo pazientemente per lungo tempo un cenno di accoglienza. "Si dice-racconta nella sua autobiografia, Le ra­ gioni della speram.a(1999) -che per raccogliere buoni dati scientifici sidebba essere freddamente obiettivi e,soprattutto, non ci si debba permette­ re alcuna forma di empatia con i propri soggetti. Molto della mia comprensione di questi esseri in­ telligenti si fondò proprio sull'empatiacon loro". Le donne sarebbero dunque più predisposte ad instaurare relazioni empatiche con gli animali?

Il caso di un'altra celebre etologa Dian Fossey e la sua lotta, condotta fino alla morte, per la difesa dei gorilla di montagna sembrerebbe confermarlo. Resta il fatto che,grazie a ricerche condotte da donne coraggiose, libere da pregiudizi e vincoli accademici, si è inaugurato un nuovo modello di ricerca. Oggi leggiamo con stupore la notizia dell'orango che cura una ferita con gli impacchi di una pianta medicinale ma già negli anni '60 la Goodall aveva osser­ vato comportamenti di automedicazione presso gli scimpanzèaprendoun ambito di ricerche mol­ tofertile per i primatologi.
Nési può dimenticare che il suo lavoro di ricerca è andato di pari passo con l'impegno per promuovere programmi per l'integrazione uomo/ animali/ ambiente. La fondazione del Jane Goo­ dall lnstitute-con un centinaio di sezioni in tutto il mondo-ha avviato uno stile nuovo di approc­cio ai problemiambientali,molto attento alle esi­ genze delle popolazioni locali, coinvolte attiva­ mente nei progetti di sviluppo sostenibile,e al miglioramento della loro qualità di vita
Convinta che lo studio ci aiuti aidentificare non solo le somiglianze ma anche i modi in cui ci differenziamo dalle altre specie,la Goodall ci ricorda che, "grazie al linguaggio,diversamente da tutti gli altri viventi,possiamo porci domande su chi sia­ mo e perchésiamo qui".

Da qui la nostra responsa­ bilità verso lealtre forme di vita del pianeta e insieme le ragioni dl una speranza che come scrive ne Il libro della speranza. Manuale di sopravvivenza per un pianeta in pericolo(2022)-"non è mai stata così disperatamente necessaria".-

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