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Se quando un nostro simile compie un’azione generosa e disinteressata siamo subito pronti a lodare la natura umana,di fronte alle azioni efferate e alle stragi spaventose cui assistiamo sui fronti di guerra ci scandalizziamo per l’aspetto ‘bestiale’ delcomportamento dei nostri simili. Ma egoismo e altruismo - ci ricorda nei suoi libri il grande etologo e primatologo Frans de Waal recentemente scomparso - fanno egualmente parte del bagaglio della nostra specie e delle specie a noi più vicine. In decenni di ricerca, sulla scia dell’insegnamento di Konrad Lorenz - di cui condivideva il rigore scientifico e la scrittura accattivante - de Waal ci ha guidato alla scoperta della nostra eredità darwiniana, portando alla luce una serie di paralleli sorprendenti e provocatori a un tempo, ma sempre illuminanti, ampliando le nostre conoscenze ma soprattutto spingendoci a riflettere sulla natura umana e su quella ‘intelligenza sociale’ profondamente radicata nel nostro Dna che ci permette di convivere col prossimo. Le acquisizioni dell’etologia hanno esercitato in tal modo un profondo impatto sul pensiero filosofico. In particolare opere come La politica degli scimpanzé (1984), Naturalmente buoni (1997) hanno contribuito a valorizzare il ruolo fondamentale svolto dall’empatia tra gli elementi costitutivi della moralità. Certo, riconosce de Waal, il comportamento morale umano è molto più complesso e elaborato rispetto a quello di qualsiasi primate ma sta comunque in un rapporto di continuità. A suo avviso, i comportamenti morali sono in realtà frutto dell’evoluzione naturale e derivano da modi di agire e di sentire già presenti, a diversi livelli, in altri mammiferi. L’etica è nata dal basso e si è evoluta nel mondo da forme embrionali di socialità e dallo sviluppo dell’empatia, dalla presa d’atto che l’altruismo e la cooperazione apportano vantaggi alla comunità, concorrendo ad accrescere la possibilità della sopravvivenza di tutti. Ma è stato soprattutto un testo, Primati e filosofi. Evoluzione e moralità (2006) ad aver avviato un acceso dibattito sul ruolo dell’evoluzione nello sviluppo della nostra stessa specie spingendoci ad approfondire concetti come ‘mente’, ‘istinto’, ‘altruismo’,’empatia’ e aprendo, naturalmente, nuove prospettive sui diritti degli animali. Che cosa distingue la nostra mente da quella di un animale? De Waal fa sua la celebre affermazione di Darwin secondo cui “Non c’è dubbio che la differenza fra la mente dell’uomo e quella degli animali superiori sia certamente, per quanto grande, di grado e non di specie”. Per molti secoli la scienza è stata estremamente scettica rispetto all’intelligenza degli animali e attribuire loro intenzioni ed emozioni era considerata un’ingenuità popolare. Chiunque lo facesse veniva accusato di antropomorfismo o di romanticismo, se non addirittura di essere fuori della scienza. I tempi, tuttavia, sia pur lentamente sono cambiati. Quasi ogni giorno si registra una scoperta che riguarda livelli complessi di cognizione animale - dai delfini ai polpi, dai pipistrelli alle cornacchie - e si parla di cultura negli animali. In tutto questo, secondo de Waal, amiamo mettere a confronto e a contrasto l’intelligenza animale e quella umana, prendendo noi stessi come termine di paragone, un modo, a suo avviso, un po' antiquato di presentare le cose. Il confronto dovrebbe essere non tra gli esseri umani e gli animali ma fra una specie animale - la nostra - e una grande varietà di altre. Insomma, ‘altre menti”. Ma perché - è la domanda fondamentale - l’umanità è così incline a sottovalutare l’intelligenza animale? Come sottolinea il titolo di uno dei suoi libri più significativi - Siamo così intelligenti da capire l’intelligenza degli animali? (2016) occorre tutta l’ingegnosità umana per capire quanto sia intelligente un animale. Ma - si aggiunge - occorre anche del rispetto. “Se si sottopone a test animali in condizione di costrizione che cosa possiamo attenderci?”. Da qui l’importanza di empatizzare con la specie che si studia, cercando di entrare nel suo mondo, nel suo Umwelt. Ma da qui soprattutto una metodologia scientifica innovativa che, nella misura in cui supera i dualismi tra mente e corpo, ragione ed emozione per pervenire ad una visione più ampia, manifesta nella rivendicazione del valore del rispetto anche il suo profondo respiro bioetico.

Articolo di Luisella Battaglia pubblicato il 20 marzo 2024 in Il Secolo XIX - Le idee

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