Sta nascendo l’epoca della lettura del cervello? Saremo pronti ad affrontarla? Le neurotecnologie avanzano a grandi passi verso un vero e proprio controllo della mente che contiene grandi promesse – basti pensare che un dispositivo neurale personale indossabile può consentire di monitorare le proprie funzioni, avvisare, ad es., chi soffre di epilessia di un attacco imminente e quindi migliorarne la vita - ma insieme prefigura molte minacce – la facilità di accesso ad una visione così intima di noi stessi potrebbe favorire non solo aziende e società per promuovere sempre più efficacemente i loro prodotti, ma anche facilitare gravi rischi di controllo politico. Si tratta, in effetti, di tecnologie che hanno il potere di trasformare radicalmente le nostre vite e che rappresentano una vera e propria sfida che l’umanità dovrà affrontare nel prossimo futuro.Per questo è giunta l’ora di porsi il problema della tutela della nostraprivacy, quella che coinvolge i nostri pensieri e le emozioni più profonde. Ci aiuta in questo percorso di presa di coscienza un libro di una bioeticista, docente di diritto e filosofia, Nita Farahany, Difendere il nostro cervello.La libertà di pensiero nell’era delle neurotecnologie.(Ed. Bollati Boringhieri)
Come garantire ai cittadini la sovranità sulla propria mente? Non succederà domani ma ci dirigiamo comunque in fretta verso il mondo della trasparenza cerebrale in cui scienziati, medici e aziende potrebbero sbirciare a loro piacimento nel cervello e nella mente delle persone. La Farahany non si nasconde che potrebbero esserci promesse di vantaggi permettendo, ad es., a enti commerciali di accedere alla nostra attività cerebrale in cambio di sconti, assicurazioni ribassate, accesso gratuito ai social media o che questa potrebbe essere addirittura la condizione per non essere licenziati. La prefigurazione di queste eventualità non dovrebbe comunque generare in noi un rifiuto aprioristico delle neurotecnologie ma renderci sempre più consapevoli, oltre che degli abusi, delle possibilità che esse ci offrono.
La capacità di monitorare il cervello umano potrà, ad es., consentire di scoprire farmaci e dispositivi in grado di curare le dipendenze, la depressione, di alleviare la sofferenza, di individuare un glioblastoma letale prima che si espanda.Si tratta quindi, a suo avviso, di aggiornare il nostro concetto di libertà al fine di massimizzare i benefici e minimizzare i rischi.
L’automonitoraggio, in particolare, è ben più che una moda passeggera in quanto rappresenta un nuovo stile di vita e una nuova visione di noi stessi. La neurotecnologia potrà evidenziare, i cambiamenti del nostro cervello nel corso del tempo, il rallentamento dell’attività in certe aree cerebrali associate all’insorgere di malattie come il morbo di Alzheimer, schizofrenia e demenze. C’è chi preferirà ignorare se è destinato a sviluppare una di queste malattie ma altri potrebbero apprezzare tale possibilità in nome del diritto di sapere.
E’ comunque importante garantire a ciascun individuo l’accesso alle informazioni sulla propria salute e sul proprio benessere in modo che possa assumerne il controllo. E’ qui, ancora una volta, in gioco la nostra libertà. Il liberalismo moderno si basa su un concetto di libertà espresso magistralmente da John Stuart Mill nel saggio On Libertyin cui si sostiene l’importanza di godere della piena libertà in fatto di opinioni e comportamenti purché non si arrechi danno agli altri.
Oggi viviamo in un mondo che Mill non avrebbe mai potuto immaginare nel quale le tecnologie emergenti possono espandere o restringere la natura umana ponendoci dinanzi a dilemmi bioetici senza precedenti. Alcuni esempi.
Quali saranno le conseguenze se i nostri pensieri ed emozioni saranno a disposizione di tutti, proprio come gli altri dati che ci riguardano, mercificati e venduti dalle corporations? I datori di lavoro potrebbero essere autorizzati a usare quei dati nell’ambito della crescente tendenza alla sorveglianza aziendale? Come proteggerci dall’eventualità che i governi monitorino i processi mentali dei cittadini? L’accesso al cervello renderà la nostra mente vulnerabile a tentativi di manomissione?
Riconoscere la vulnerabilità degli individui appare essenziale per salvaguardare efficacemente la loro libertà di pensiero.Si tratta di rischi che, al di là della prefigurazione di scenari distopici, dovrebbero comunque spingerci ad ampliare l’attuale definizione di libertà fino a includere il diritto alla libertà cognitiva, intesa come il diritto all’autodeterminazione per quanto riguarda il cervello e le esperienze mentali.Occorre quindi, a parere dell’A., fornire gli strumenti necessari per definire un nuovo diritto alla libertà cognitiva con l’insieme dei diritti specifici che lo compongono, dalla privacy mentale alla libertà di pensiero, all’autodeterminazione.
Ma – si potrebbe osservare – si tratta in senso proprio di un nuovo diritto o, piuttosto, ci troviamo in realtà davanti alla riproposizione del vecchio, classico diritto alla libertà di pensiero, espresso tuttavia in una nuova formulazionedinanzi ai nuovi rischi?
Quello che è certo è che appare indilazionabile, oltre a una regolamentazione internazionale che abbia al suo centro la tutela dei diritti fondamentali delle persone,--è previsto ad Aprile il primo regolamento del Parlamento Europeo sull’intelligenza artificiale nelle sue varie forme-- avviare un dibattito pubblico, a cominciare dal mondo della scuola, per comprendere le implicazioni di ampia portata e valutare lepotenzialità e i pericoli, entrambi straordinari, delle tecnologie emergenti.
Articolo di Luisella Battaglia pubblicato in Il Secolo XIX, Domenica 10 marzo 2024
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