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di Luisella Battaglia - In nome dell'ascolto un primo spazio etico dentro un ospedale
Domani (9 ottobre, ndr) a Chiavari, presso la Sala Ghio-Schiffini della Società Economica in via Ravaschieri, a partire dalle 9, è in programma la presentazione dello "Spazio Etico in Asl4". Tra gli interventi in programma anche quello di Luisella Battaglia, presidente dell'Istituto Italiano dì Bioetica.
"Stranieri in una terra sconosciuta". Così è stata tratteggiata la condizione di chi entra in un ospedale: il luogo non ci è noto, il linguaggio tecnico non ci appartiene, ci troviamo in una condizione di particolare fragilità per il malessere da cui siamo afflitti. Una sensazione, occorre aggiungere, che è spesso condivisa non solo dai pazienti ma anche dai visitatori. Ma questa condizione è proprio inevitabile? Oggi più che mai, dopo l'emergenza Covid, sentiamo che la sanità ha bisogno di una svolta radicale: l'epidemia, con le misure di confinamento che si sono rese necessarie, ha inciso profondamente sulle pratiche sociali più radicate nelle nostre vite - le condizioni della nascita, i riti funebri, le pratiche di cura - mostrandoci che tali pratiche richiedono una riflessione etica di maggiore profondità e di più ampio respiro.
Proviamo a pensare a un luogo dove è prevista un'accoglienza, è assicurato un ascolto, si promuove un dialogo. Prima di liquidare questo pensiero come appartenente al libro dei sogni converrebbe riflettere sul fatto che questo luogo, chiamato spazio etico, esiste, è stato progettato una trentina d'anni fa in ospedale di Parigi e ha funzionato così bene che nel giro di pochi anni è stato adottato come modello su tutto il territorio francese, estendendosi progressivamente anche ad altri ambiti sociali dedicati all'assistenza.
Lo spazio etico, inteso come luogo di riflessione, scambio di esperienze, confronto di opinioni nel quale gli interlocutori, nel rispetto dei ruoli, delle conoscenze e delle competenze, costruiscono un percorso comune, consente di pensare le relazioni terapeutiche in modo innovativo, cioè non più sul modello dalla struttura sanitaria alle persone ma, al contrario, a partire dalle esigenze e dai bisogni di queste ultime. L'idea che lo ha ispirato è di promuovere un'umanizzazione della medicina favorendo un'etica dell'ospitalità che permetta ai malati e ai loro familiari di considerare l'ospedale come un autentico luogo di vita nella consapevolezza che le circostanze della malattia coinvolgono molteplici riferimenti morali e spirituali, diverse tradizioni culturali, specifiche vicende esistenziali: in altri termini, il mondo della vita in tutta la sua varietà e complessità.
Il progetto di dare vita all'esperienza dello spazio etico nel nostro paese - avvialo anni fa dall'Istituto Italiano di Bioetica e approvato all'unanimità nel 2021 con un apposito parere dal Comitato Nazionale per la Bioetica della Presidenza del Consiglio - ha finalmente trovato la sua realizzazione grazie all'iniziativa dell'AslH di Chiavari nell'ambito del programma di Medicai Humanities e delle collaborazioni scientifiche e culturali condotte a livello nazionale e regionale. Si tratta di un'autentica sfida per il passaggio da una visione angusta ed economicistica della clinica di governance ad una progettuale e innovativa che vede al centro la persona nella realtà vissuta della malattia.
Una centralità che si è andata smarrendo nella misura si è approfondito il distacco tra meccanismi burocratici e attese individuali, in cui è spesso la stessa tecnologia, pur con tutti 1 suoi meriti, a separare il medico dal paziente, e l'efficienza del sistema sanitario viene valutata esclusivamente sulla quantità delle prestazioni erogate e sul contenimento di costi. In questo senso lo spazio etico in quanto momento di attenzione e di ascolto, luogo dì condivisione di esperienze, di espressione di dubbi, di scambio di pareri e di aperte discussioni - rappresenta un'autentica novità rispetto al modello centralistico e burocratico delle strutture attualmente esistenti. La sua funzione è infatti di favorire la relazione di fiducia, il "patto di cura" tra medici, pazienti e operatori sanitari affiancando, ad esempio, i pazienti e le loro famiglie nella riflessione su temi eticamente sensibili e sulle modalità della presa in cura di casi specifici che si presentano quotidianamente nella pratica assistenziale.
È l'idea stessa che sta alla base della medicina territoriale con l'istituzione delle Case di Comunità, intese come strutture sanitarie di prossimità: luoghi in cui sperimentare interventi adeguati ai nuovi bisogni di salute con la presa in carico dei soggetti più fragili, minori, anziani, disabili. Ma altrettanto importante è il sostegno che può fornire agli stessi medici, agli infermieri e agli operatori sanitari aiutandoli a contenere lo stress lavorativo imposto dai ritmi dell'azienda ospedaliera, a migliorare il dialogo con i pazienti e i familiari, ad affrontare i dilemmi etici e gli inevitabili conflitti interiori, a superare la paura di contenziosi legali evitando il ricorso ad atteggiamenti 'difensivi'. Anche qui lo spazio etico testimonia il legame inscindibile tra la medicina e l'etica della aira, con l'inclusione dei curanti nella categoria dei sofferenti. Una medicina finalmente attenta alle fragilità all'interno del proprio sistema e quindi disposta a "prendersi cura di chi cura".
Articolo di Luisella Battaglia pubblicato l’8 ottobre 2023 su Il Secolo XIX

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