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Sul tema della BELLEZZA si concentra la settima edizione del Festival di Bioetica (Santa Margherita Ligure, 24 e 25 agosto) organizzato dall’Istituto Italiano di Bioetica in collaborazione con il Comune di SML. Carla Costanzi come sociologa ha approfondito il tema della vecchiaia anche pubblicando saggi tra cui ricordiamo il più recente "Storia della vecchiaia nella cultura occidentale" (Maggioli, 2022). Al Festival interviene con una relazione dal titolo "Giovani e belle per sempre?".

"Giovani e belle per sempre?": che significato ha quel punto interrogativo alla fine del titolo della sua relazione?
Le riflessioni che propongo sulla bellezza declinata al femminile intendono mettere a fuoco e di conseguenza mettere in discussione il dictat che nella cultura occidentale grava sul mondo femminile, ovvero l’aspettativa che ad una donna si chieda di essere sempre giovane e bella, o di diventare tale. Dictat che riguarda anche e soprattutto gli anni che vengono dopo la giovinezza. Studiando la storia della vecchiaia nei secoli (tema al quale ho dedicato una mia recente pubblicazione) ho avuto conferma del prevalere di una sostanziale negatività dell’immagine di vecchiaia nella cultura occidentale; in questo iter indubbiamente il Cinquecento tocca un vertice mai più raggiunto nei secoli successivi. A mio avviso questo secolo segna una svolta decisiva anche per le rappresentazioni delle donne in età avanzata; non che nell’antichità la donna vecchia fosse esente da critiche anche pesanti (si vedano le commedie greche e quelle romane), ma ora sempre più il grottesco si applica anche alle raffigurazioni artistiche, non bastano le critiche sui comportamenti inadeguati, diventa oggetto di scherno soprattutto l’aspetto fisico. La condanna ad essere belle per sempre, nonostante il passare degli anni, trova in questo secolo la sua massima espressione e proprio questa remota origine ne rende oltremodo difficile oggi la rimozione. In quel momento storico emerge chiaramente l’imperativo che grava appunto sulla donna che invecchia: il suo corpo non più seducente la condanna ad una marginalità senza scampo.

Esiste e resiste un ideale di bellezza, oggi, oppure ce ne sono molti? Come si è formato e trasformato nei secoli?
Oggi possiamo parlare di uno stereotipo prevalente di bellezza femminile, anche se possiamo osservare l’emergere di seppur timidi tentativi di introdurre modelli alternativi, che ad esempio contemplano anche forme più morbide come peraltro si è verificato in alcuni periodi storici, documentati da alcuni artisti del Seicento: nella mia relazione utilizzo prevalentemente testimonianze che provengono dal mondo dell’arte, dal momento che sono stati molto spesso gli artisti a descrivere ciò che consideravano bello lasciandocene degli esempi. L’archetipo di bellezza femminile nei secoli passati, in particolare quando la scrittura era privilegio di pochi, veniva infatti trasmesso e divulgato soprattutto attraverso le rappresentazioni artistiche, sia poetiche, che pittoriche o scultoree. L’avvertenza necessaria a questo proposito riguarda la consapevolezza che in ogni epoca possono esistere differenti concezioni di bellezza per cui le immagini che riporto non necessariamente rappresentano l’idea prevalente ed unica.

Quali le differenze nell'ideale di bellezza femminile e maschile? Quali le radici culturali alla base di queste differenti concezioni o ideali?
Il momento storico che meglio rappresenta la distanza tra l’ideale di bellezza femminile e maschile comprende in particolare il XV e XVI secolo; l’uomo rinascimentale ama farsi ritrarre in tutta la sua fiera potenza: l’uomo di potere è spesso grasso e tarchiato, in molti casi il volto assume l’espressione di un uomo che sa esattamente ciò che vuole, più che bellezza quindi dovremmo parlare di prestigio. Oggi è in corso un processo di creazione di un target maschile più attento all’aspetto fisico, la pubblicità, principale divulgatore degli standard estetici richiesti, propone appositi prodotti anti-age anche per l’uomo, anche se il contenuto prevalente dei messaggi fa ancora leva sul linguaggio della seduzione, non sulla corsa alla sostenibilità estetica.

Ci può essere Bellezza nella vecchiaia? Ci sono canoni di riferimento o è da interpretare in modo personale?
A questo quesito rispondo con una mia soggettiva posizione, non trovando nella letteratura contemporanea sufficiente documentazione: sono più che convinta della possibilità di una bellezza anche negli anni della maturità ed oltre, seppur basata su canoni differenti rispetto al passato.
Nel mio libro sulla storia della vecchiaia cito a questo proposito un esempio molto interessante che a mio avviso ha rappresentato il tentativo di un punto di svolta nel percorso tracciato dalla pubblicità di prodotti di bellezza: la campagna “Per la bellezza autentica” che Dove ha promosso a partire dal 2004 su scala mondiale.
Sebbene il target principale della campagna fossero le adolescenti, rientrano tra gli esempi di bellezze da valorizzare anche ritratti di donne mature o anziane delle quali si sottolinea appunto la bellezza, nonostante le copiose rughe, le macchie cutanee dovute all’età o i capelli grigi.
Concluderò la mia relazione proiettando l’immagine di una ultraottantenne dal viso estremamente rugoso che a mio avviso non può non essere definita “bella” : lo sguardo vivace e il sorriso ne illuminano significativamente il volto rendendolo intrigante. Forse per una nuova definizione di bellezza dovremmo ispirarci, rivisitandolo, all’ideale della Grecia classica che associava alla valutazione estetica un giudizio morale (bello e buono); oggi potremmo considerare il bello nelle figure umane come strettamente connesso alla radiosità del carattere, al messaggio positivo che trasmette ed emoziona.
Intervista a cura di Tiziana Bartolini

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