Genova, P.zza Verdi 4/4 - 16121

Sede:

Napoli, via Girolamo Santacroce 15

 
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali
Conferenza stampa
Gruppo di lavoro
“Stato vegetativo e stato di minima coscienza”
17 novembre 2008
 
GLOSSARIO STATO VEGETATIVO
È una condizione funzionale del cervello, che insorge subito dopo l’evento acuto che lo ha determinato, diventando riconoscibile solo quando finisce il coma che, sovrapponendosi, lo maschera (Dolce e Sazbon, 2002). Lo stato vegetativo realizza una condizione di grave disabilità neurologica, potenzialmente reversibile, che si caratterizza per: 1. non evidenza della consapevolezza di sé e dell’ambiente;
2. non evidenza di risposte comportamentali sostenute, riproducibili, intenzionali o volontarie a stimoli visivi, uditivi, tattili o dolorosi;
3. non evidenza di comprensione o produzione verbale;
4. intermittente vigilanza che si manifesta con la presenza di cicli sonno-veglia ad es. periodi di apertura spontanea degli occhi);
5. sufficiente conservazione delle funzioni autonomiche da permettere la sopravvivenza con adeguate cure mediche;
6. incontinenza urinaria e fecale;
7. variabile conservazione dei nervi cranici e dei riflessi spinali.
(Multi-Society Task Force, 1994, American Congress of Rehabilitation of Medicine, Arch. Phys. Med. Rehabil. 1995; 76: 205-9). Criteri diagnostici per lo Stato Vegetativo
Per poter diagnosticare una condizione di stato vegetativo, si richiede pertanto che siano verificati alcuni criteri diagnostici: Nessuna evidenza di:
‐ coscienza di sé o di consapevolezza dell’ambiente ed incapacità ad interagire con gli altri;
‐ comportamenti durevoli, riproducibili, finalizzati o volontari in risposta alle stimolazioni;
‐ produzione o comprensione verbale. Presenza di:
‐ apertura degli occhi
‐ pattern sonno-veglia EEG più o meno rudimentale;
‐ funzioni vitali autonome (respiro, circolo, etc.);
‐ incontinenza vescicale e rettale;
‐ deficit di vario grado della funzionalità dei nervi cranici;
‐ presenza variabile di riflessi troncoencefalici e spinali;
‐ motilità oculare assente o erratica;
‐ rarità dell’ammiccamento;
‐ schemi motori primitivi;
‐ rigidità-spasticità;
‐ posture patologiche. Il paziente in stato vegetativo pertanto:
‐ giace, apparentemente incosciente, anche ad occhi aperti;
‐ presenta funzioni cardiocircolatorie e respiratorie, termoregolazione, funzioni renali e gastrointestinali conservate;
‐ non necessita di tecnologie di supporto;
‐ mostra, alla TC e alla RMN, segni più o meno marcati di danno focale o diffuso;
‐ presenta alla SPECT gradi variabili di riduzione sovratentoriali di per fusione cerebrale;
‐ evidenzia, alla PET, variabile topografia e gradi variabili di riduzione del metabolismo del glucosio;
‐ mostra alterazioni variabili dell’attività EEG. Occorre notare che sia l’EEG che le tecniche di neuroimaging anatomico e funzionale, non sono per ora in grado di predire l’esito sfavorevole.
Questo paziente non mostra movimenti finalizzati o riproducibili, ed è spesso, anche
se non invariabilmente, incapace di deglutire.
La diagnosi è eminentemente clinica e non è facile anche in ambiti molto specializzati. Importanti elementi di incertezza clinica portano infatti a tassi molto elevati di errore
diagnostico.
Le indagini strumentali, benché non aumentino con certezza la specificità diagnostica possono tuttavia offrire importanti elementi di conferma. STATO VEGETATIVO PERMANENTE
Molto controversa appare la terminologia sullo stato vegetativo permanente, proposta inizialmente dalla MSTF nel 1994 e intesa ad indicare un limite massimo delle possibilità di recupero delle persone che potrebbero emergere da uno stato vegetativo post-traumatico o post-anossico.
Per quanto riguarda il concetto di permanenza, applicato allo stato vegetativo, esso “non ha valore di certezza, ma è di tipo probabilistico”, come esplicitamente riconosciuto dalla stessa MSTF (1994).
Pur essendo le possibilità di recupero sempre minori con il passare del tempo dall’insulto cerebrale, oggi il concetto di stato vegetativo permanente è da considerarsi superato e sono documentati casi, benché molto rari, di recupero parziale di contatto con il mondo esterno anche a lunghissima distanza di tempo. È pertanto assurdo poter parlare di certezza di irreversibilità. NOTA DI COMMENTO SUL CONCETTO DI ‘PERMANENZA’
“la letteratura a supporto di una cornice temporale per la definizione di ‘permanenza’ è piuttosto debole, poiché è poca la ricerca metodologicamente solida che abbia esaminato il recupero a lungo termine (p.es. oltre l’anno) dopo un danno cerebrale traumatico e/o a distanza di 3-6 mesi dopo un danno cerebrale ipossico-ischemico a seguito di numerose limitazioni metodologiche, incluso la dimensione relativamente ridotta del campione di popolazioni studiate.
Allo stesso modo, è ancora più scarsa la ricerca basata sull’evidenza riguardo ai metodi di trattamento per le persone in stato vegetativo ‘permanente’ per esser certi che non esistano interventi in grado di ribaltare questa condizione. La MultiSociety Task Force considera l’espressione “stato vegetativo permanente” come una terminologia prognostica e non diagnostica. Restano tuttavia dibattute le implicazioni dell’aggettivo “permanente”, in considerazione di diversi fattori. Sappiamo che vi sono pazienti che riemergono dopo oltre un anno dal trauma e perciò il termine (di permanente) è intrinsecamente inesatto, sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista della realtà medica. Molti professionisti temono che la terminologia sia una sorta di autoprofezia per l’abolizione e/o la diminuzione che essa produce nell’interesse a studiare un fenomeno etichettato aprioristicamente come irreversibile.
La MSTF è giunta ad una sintesi grossolana e scientificamente poco fondata quando ha affermato che nel diagnosticare lo stato vegetativo permanente “un medico può dire alla famiglia o al tutore, con alto grado di certezza medica, che non vi è ulteriore speranza di un recupero della coscienza o che, se la coscienza venisse recuperata, il paziente resterebbe gravemente disabile”. Innanzi tutto, cosa è esattamente un elevato grado di “certezza medica”? Equivale a dire che si è davvero sicuri ma non si è assolutamente certi? In cosa differisce allora tale “certezza medica” dalla “probabilità medica”? Inoltre, come possiamo, in quanto clinici, etichettare una condizione di incoscienza come “permanente” ed aver poi la “audacia scientifica” di affermare che tale definizione include anche una condizione in cui il paziente è cosciente, ma poiché è anche gravemente disabile noi non ci preoccupiamo di cambiare la diagnosi e/o la prognosi? Secondo la mia opinione e quelli di molti altri autori, tale estensione del concetto è pericolosa e scientificamente irresponsabile”.
Nathan D. Zasler, NeuroRehabilitation, 19:285-292, 2004. STATO VEGETATIVO PERSISTENTE
Il documento della MSTF (1994) definiva lo stato vegetativo persistente come “uno stato di incoscienza sveglia che duri più di alcune settimane…”. Il documento continuava annotando: “We define such a state operationally as a vegetative state present one month after an acute traumatic or non-traumatic brain injury or a vegetative state of at least one month’s duration in patients with degenerative or metabolic disorders or developmental malformations”. Gli autori sostenevano che l’aggettivo “persistente” si riferiva solo a una condizione di disabilità pregressa e perdurante caratterizzata da una prognosi incerta (“only to a condition of past and continuing disability with an uncertain future…”) e che, ciononostante, affermavano che lo stato vegetativo persistente è una diagnosi (“persistent vegetative state is a diagnosis”)
Secondo le raccomandazioni dall’International Working Party di Londra del 1996, i termini persistente e permanente sono sconsigliati e si consiglia di sostituirli con l’indicazione della durata della condizione (stato vegetativo da Numero mesi/anni). STATO DI MINIMA COSCIENZA (SCM)
Si distingue dallo stato vegetativo per la presenza di comportamenti associati alle attività di coscienza. Anche se possono comparire in modo inconsistente, essi sono tuttavia riproducibili e vengono mantenuti sufficientemente a lungo per essere differenziati da comportamenti riflessi. L’evidenza è dimostrata dalla consistenza o dalla complessità della risposta comportamentale, per cui una risposta complessa come la verbalizzazione intelligibile può essere di per sé sufficiente per manifestare la presenza di attività di coscienza (Aspen Consensus Group) Criteri diagnostici per lo Stato di Minima Coscienza
_ Apertura spontanea degli occhi
_ Ritmo sonno-veglia
_ Range di vigilanza : ottundimento / norma
_ Percezione riproducibile, ma inconsistente
_ Abilità comunicativa riproducibile, ma inconsistente
_ Range di comunicazione: nessuna risposta / risposta si/no inconsistente / verbalizzazione / gestualità
_ Attività motoria finalistica, riproducibile, ma inconsistente
_ Inseguimento con lo sguardo
_ Comportamenti ed azioni intenzionali (non attività riflessa) sulla stimolazione
ambientale
_ Comunicazione funzionale interattiva:
o Uso funzionale di 2 oggetti diversi
o Verbalizzazione, scrittura, risposte si/no, uso di comunicazione alternativa o comunicatori facilitanti
L’Aspen Consensus Group ha, inoltre, chiarito che l’uscita dal SMC e il recupero verso un stato superiore avviene lungo un continuum il cui limite superiore è necessariamente arbitrario.
Di conseguenza i criteri diagnostici dell’uscita dal SMC sono basati su un’ampia classe di comportamenti funzionali che solitamente si osservano nel corso del recupero di tali pazienti.
I criteri di valutazione dell’uscita dal SMC possono, in alcuni casi, sottovalutare il livello di coscienza. Inoltre, la presenza di afasia, agnosia, aprassia possono rappresentare fattori importanti per la “non-responsività ”del paziente. Vengono, pertanto suggerite anche le modalità da seguire per valutare correttamente, la reale presenza/assenza di consapevolezza:
- Per ottenere la risposta ottimale è necessario somministrare stimoli adeguati
- Valutare sempre la presenza di fattori interferenti, quali il contemporaneo uso di
sedativi o antiepilettici
- Valutare attentamente se a seguito di un comando verbale la risposta non sia riflessa (per es. è molto difficile definire se la chiusura degli occhi sia l’esecuzione di un ordine oppure avvenga naturalmente.)
- Fare attenzione a che le richieste non superino la capacità e la possibilità del paziente
- Analizzare bene il range delle risposte
- Effettuare la valutazione del paziente in un ambiente privo di distrazioni.
- Effettuare valutazioni ripetute e durevoli con osservazioni sistematiche e misure strategiche rilevanti.
- Prendere in considerazione i componenti della famiglia, i caregivers e tutto lo staff professionale dedicato all’assistenza per meglio definire le procedure di valutazione
È necessario comunque dedicare tempo ad acquisire l’esperienza e valutare le caratteristiche cliniche sulla base di una approfondita conoscenza dei danni cerebrali. DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLO STATO VEGETATIVO
Lo SV deve essere distinto da altre condizioni cliniche, sovente confuse con esso, non solo nel linguaggio comune ed in quello dei media (morte cerebrale, coma, locked-insyndrome). MORTE CEREBRALE (sinonimi da sconsigliare: coma depassé, coma irreversibile)
La morte cerebrale non è una patologia, ma un criterio di accertamento della morte.
Le persone in morte cerebrale non sono più vive e deve essere sospeso qualsiasi trattamento terapeutico.
Dal punto di vista neurologico, il paziente in stato vegetativo non è in morte cerebrale, perché il suo cervello, in maniera più o meno imperfetta, non ha mai smesso di funzionare, respira spontaneamente, continua a produrre ormoni che regolano molte delle sue funzioni, digerisce, assimila i nutrienti.
Secondo la Legge 578/93 la morte cerebrale viene definita come la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo e non solo di quelle del tronco. Per poter diagnosticare la morte cerebrale occorre che vengano rilevati:
‐ Stato di incoscienza
‐ Assenza di riflessi corneale, fotomotore, oculo-cefalico e oculovestibolare; assenza di reazione a stimoli dolorifici portati nel territorio di innervazione del trigemino, del riflesso carenale e assenza di respirazione spontanea dopo sospensione di quella artificiale fino al raggiungimento di ipercapnia accertata di 60 mmHg con pH ematico minore di 7,4.
‐ Silenzio elettrico cerebrale, documentato da EEG eseguito secondo particolari modalità tecniche riportate nell’allegato 1 del DM 22 Agosto 1994 n. 582 (G.U. del 19.10.1994, n. 245).
I riflessi spinali possono essere presenti.
In particolari condizioni è richiesta la documentazione della assenza del flusso cerebrale.
Il periodo di osservazione per la diagnosi di morte cerebrale deve protrarsi per 6 ore negli adulti e nei bambini di età superiore a 5 anni, 12 ore nei bambini di età compresa tra 1 e 5 anni, 24 ore nei bambini di età inferiore a 1 anno.
L’EEG, eseguito ogni volta per 30 minuti continuativi, deve essere ripetuto ogni 3 ore. MORTE CORTICALE
In passato usata come sinonimo di stato vegetativo, anche con il il sinonimo di sindrome apallica.
Si tratta di terminologie da sconsigliare per che il paziente con grave danno corticale non è morto e perché non tutti i pazienti in stato vegetativo presentano lo stesso tipo e la stessa estensione delle lesioni corticali. COMA
E’ una condizione clinica secondaria a molteplici tipi di danno cerebrale, strutturale o metabolico, a carattere focale o diffuso. Si tratta di uno stato di abolizione della coscienza e delle funzioni somatiche (motilità, sensibilità, espressione e compressione verbale) associate ad alterazioni, talora marcate, del controllo e della regolazione delle funzioni vegetative o vitali (respirazione, attività cardiaca e pressoria) e della vita di relazione.
Il paziente giace per lo più immobile, ad occhi chiusi, in uno stato non suscettibile di risveglio e in assenza di risposte finalizzate a stimoli esterni o bisogni interni.
Le uniche risposte che si possono ottenere, più o meno alterate a seconda dei casi, sono di tipo riflesso, troncoencefalico, spinale o vegetativo. L’EEG può presentare quadri molto diversi. LOCKED-IN SYNDROME (LIS) “Chiuso dentro”
In questa condizione il paziente è paralizzato ai quattro arti (tetraplegia), senza compromissione della coscienza e delle attività mentali. Si presenta in vari stadi.
Il più grave permette al paziente la sola comunicazione con lo sguardo tramite i movimenti oculari sul piano verticale e l’ammiccamento. La causa più frequente è una lesione a livello del ponte da occlusione dell’arteria basilare.
La LIS è una sindrome di de-efferentazione, con immobilità assoluta ad eccezione della motilità oculare, coscienza conservata e presenza di chiara consapevolezza di sé e dell’ambiente.
La de-efferentazione motoria è selettiva sopranucleare e produce una tetraplegia e paralisi pseudobulbare senza interferire con lo stato di coscienza. Tale condizione può realizzarsi anche in caso di gravissime alterazioni della funzionalità dei nervi periferici e cranici, come può accadere nella sindrome di Guillain Barré.
I Pazienti sono vigili e coscienti, ma privi di motilità, espressioni facciali e possibilità di vocalizzazione.
In acuto è molto difficile la valutazione cognitiva ed emotiva del paziente a causa di vigilanza fluttuante e movimenti oculari inconsistenti e facilmente esauribili.
I criteri diagnostici prevedono:
- Coscienza presente
- Ritmo sonno-veglia
- Quadriplegia
- Funzione uditiva conservata
- Funzione visiva conservata
- Comunicazione: anartria
- Stato emotivo conservato
In letteratura si sospetta che alcuni pazienti in stato vegetativo possano essere affetti da una sorta di super-Locked-in, realizzando una condizione in cui pur mantenendo una forma di coscienza, non possono più comunicare neanche con gli occhi. MALATTIA TERMINALE
Il paziente in stato vegetativo può restare in vita per anni con una assistenza minima.
Non Pertanto, il paziente in stato vegetativo non può essere identificato in alcun modo, con un malato terminale, caratterizzandosi come un grave disabile che richiede solo un’accurata assistenza di base, analogamente a quanto avviene in molte altre situazioni di lesioni gravi di alcune parti del cervello che limitano la capacità di comunicazione e di auto-sostentamento. SOPRAVVIVENZA dei pazienti in stato vegetativo da oltre un anno
Per quanto riguarda la sopravvivenza dei pazienti in stato vegetativo da oltre un anno, non esiste significativa differenza nella sopravvivenza tra i pazienti ricoverati in strutture dedicate e quelli a domicilio. Sono noti nella letteratura numerosi casi di sopravvivenza oltre i dieci. STACCARE LA SPINA
Il paziente in stato vegetativo di per sé non necessita di alcuna macchina per continuare a vivere, non è attaccato ad alcuna spina.
Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali
Conferenza stampa
Gruppo di lavoro
“ Stato vegetativo e stato di minima coscienza”
17 novembre 2008 GLOSSARIO STATO VEGETATIVO
È una condizione funzionale del cervello, che insorge subito dopo l’evento acuto che lo ha determinato, diventando riconoscibile solo quando finisce il coma che, sovrapponendosi, lo maschera (Dolce e Sazbon, 2002). Lo stato vegetativo realizza una condizione di grave disabilità neurologica, potenzialmente reversibile, che si caratterizza per: 1. non evidenza della consapevolezza di sé e dell’ambiente;
2. non evidenza di risposte comportamentali sostenute, riproducibili, intenzionali o volontarie a stimoli visivi, uditivi, tattili o dolorosi;
3. non evidenza di comprensione o produzione verbale;
4. intermittente vigilanza che si manifesta con la presenza di cicli sonno-veglia ad es. periodi di apertura spontanea degli occhi);
5. sufficiente conservazione delle funzioni autonomiche da permettere la sopravvivenza con adeguate cure mediche;
6. incontinenza urinaria e fecale;
7. variabile conservazione dei nervi cranici e dei riflessi spinali.
(Multi-Society Task Force, 1994, American Congress of Rehabilitation of Medicine, Arch. Phys. Med. Rehabil. 1995; 76: 205-9). Criteri diagnostici per lo Stato Vegetativo
Per poter diagnosticare una condizione di stato vegetativo, si richiede pertanto che siano verificati alcuni criteri diagnostici: Nessuna evidenza di:
‐ coscienza di sé o di consapevolezza dell’ambiente ed incapacità ad interagire con gli altri;
‐ comportamenti durevoli, riproducibili, finalizzati o volontari in risposta alle stimolazioni;
‐ produzione o comprensione verbale. Presenza di:
‐ apertura degli occhi
‐ pattern sonno-veglia EEG più o meno rudimentale;
‐ funzioni vitali autonome (respiro, circolo, etc.);
‐ incontinenza vescicale e rettale;
‐ deficit di vario grado della funzionalità dei nervi cranici;
‐ presenza variabile di riflessi troncoencefalici e spinali;
‐ motilità oculare assente o erratica;
‐ rarità dell’ammiccamento;
‐ schemi motori primitivi;
‐ rigidità-spasticità;
‐ posture patologiche. Il paziente in stato vegetativo pertanto:
‐ giace, apparentemente incosciente, anche ad occhi aperti;
‐ presenta funzioni cardiocircolatorie e respiratorie, termoregolazione, funzioni renali e gastrointestinali conservate;
‐ non necessita di tecnologie di supporto;
‐ mostra, alla TC e alla RMN, segni più o meno marcati di danno focale o diffuso;
‐ presenta alla SPECT gradi variabili di riduzione sovratentoriali di per fusione cerebrale;
‐ evidenzia, alla PET, variabile topografia e gradi variabili di riduzione del metabolismo del glucosio;
‐ mostra alterazioni variabili dell’attività EEG. Occorre notare che sia l’EEG che le tecniche di neuroimaging anatomico e funzionale, non sono per ora in grado di predire l’esito sfavorevole.
Questo paziente non mostra movimenti finalizzati o riproducibili, ed è spesso, anche
se non invariabilmente, incapace di deglutire.
La diagnosi è eminentemente clinica e non è facile anche in ambiti molto specializzati. Importanti elementi di incertezza clinica portano infatti a tassi molto elevati di errore
diagnostico.
Le indagini strumentali, benché non aumentino con certezza la specificità diagnostica possono tuttavia offrire importanti elementi di conferma. STATO VEGETATIVO PERMANENTE
Molto controversa appare la terminologia sullo stato vegetativo permanente, proposta inizialmente dalla MSTF nel 1994 e intesa ad indicare un limite massimo delle possibilità di recupero delle persone che potrebbero emergere da uno stato vegetativo post-traumatico o post-anossico.
Per quanto riguarda il concetto di permanenza, applicato allo stato vegetativo, esso “non ha valore di certezza, ma è di tipo probabilistico”, come esplicitamente riconosciuto dalla stessa MSTF (1994).
Pur essendo le possibilità di recupero sempre minori con il passare del tempo dall’insulto cerebrale, oggi il concetto di stato vegetativo permanente è da considerarsi superato e sono documentati casi, benché molto rari, di recupero parziale di contatto con il mondo esterno anche a lunghissima distanza di tempo. È pertanto assurdo poter parlare di certezza di irreversibilità. NOTA DI COMMENTO SUL CONCETTO DI ‘PERMANENZA’
“la letteratura a supporto di una cornice temporale per la definizione di ‘permanenza’ è piuttosto debole, poiché è poca la ricerca metodologicamente solida che abbia esaminato il recupero a lungo termine (p.es. oltre l’anno) dopo un danno cerebrale traumatico e/o a distanza di 3-6 mesi dopo un danno cerebrale ipossico-ischemico a seguito di numerose limitazioni metodologiche, incluso la dimensione relativamente ridotta del campione di popolazioni studiate.
Allo stesso modo, è ancora più scarsa la ricerca basata sull’evidenza riguardo ai metodi di trattamento per le persone in stato vegetativo ‘permanente’ per esser certi che non esistano interventi in grado di ribaltare questa condizione. La MultiSociety Task Force considera l’espressione “stato vegetativo permanente” come una terminologia prognostica e non diagnostica. Restano tuttavia dibattute le implicazioni dell’aggettivo “permanente”, in considerazione di diversi fattori. Sappiamo che vi sono pazienti che riemergono dopo oltre un anno dal trauma e perciò il termine (di permanente) è intrinsecamente inesatto, sia dal punto di vista linguistico che dal punto di vista della realtà medica. Molti professionisti temono che la terminologia sia una sorta di autoprofezia per l’abolizione e/o la diminuzione che essa produce nell’interesse a studiare un fenomeno etichettato aprioristicamente come irreversibile.
La MSTF è giunta ad una sintesi grossolana e scientificamente poco fondata quando ha affermato che nel diagnosticare lo stato vegetativo permanente “un medico può dire alla famiglia o al tutore, con alto grado di certezza medica, che non vi è ulteriore speranza di un recupero della coscienza o che, se la coscienza venisse recuperata, il paziente resterebbe gravemente disabile”. Innanzi tutto, cosa è esattamente un elevato grado di “certezza medica”? Equivale a dire che si è davvero sicuri ma non si è assolutamente certi? In cosa differisce allora tale “certezza medica” dalla “probabilità medica”? Inoltre, come possiamo, in quanto clinici, etichettare una condizione di incoscienza come “permanente” ed aver poi la “audacia scientifica” di affermare che tale definizione include anche una condizione in cui il paziente è cosciente, ma poiché è anche gravemente disabile noi non ci preoccupiamo di cambiare la diagnosi e/o la prognosi? Secondo la mia opinione e quelli di molti altri autori, tale estensione del concetto è pericolosa e scientificamente irresponsabile”.
Nathan D. Zasler, NeuroRehabilitation, 19:285-292, 2004. STATO VEGETATIVO PERSISTENTE
Il documento della MSTF (1994) definiva lo stato vegetativo persistente come “uno stato di incoscienza sveglia che duri più di alcune settimane…”. Il documento continuava annotando: “We define such a state operationally as a vegetative state present one month after an acute traumatic or non-traumatic brain injury or a vegetative state of at least one month’s duration in patients with degenerative or metabolic disorders or developmental malformations”. Gli autori sostenevano che l’aggettivo “persistente” si riferiva solo a una condizione di disabilità pregressa e perdurante caratterizzata da una prognosi incerta (“only to a condition of past and continuing disability with an uncertain future…”) e che, ciononostante, affermavano che lo stato vegetativo persistente è una diagnosi (“persistent vegetative state is a diagnosis”)
Secondo le raccomandazioni dall’International Working Party di Londra del 1996, i termini persistente e permanente sono sconsigliati e si consiglia di sostituirli con l’indicazione della durata della condizione (stato vegetativo da Numero mesi/anni). STATO DI MINIMA COSCIENZA (SCM)
Si distingue dallo stato vegetativo per la presenza di comportamenti associati alle attività di coscienza. Anche se possono comparire in modo inconsistente, essi sono tuttavia riproducibili e vengono mantenuti sufficientemente a lungo per essere differenziati da comportamenti riflessi. L’evidenza è dimostrata dalla consistenza o dalla complessità della risposta comportamentale, per cui una risposta complessa come la verbalizzazione intelligibile può essere di per sé sufficiente per manifestare la presenza di attività di coscienza (Aspen Consensus Group) Criteri diagnostici per lo Stato di Minima Coscienza
_ Apertura spontanea degli occhi
_ Ritmo sonno-veglia
_ Range di vigilanza : ottundimento / norma
_ Percezione riproducibile, ma inconsistente
_ Abilità comunicativa riproducibile, ma inconsistente
_ Range di comunicazione: nessuna risposta / risposta si/no inconsistente / verbalizzazione / gestualità
_ Attività motoria finalistica, riproducibile, ma inconsistente
_ Inseguimento con lo sguardo
_ Comportamenti ed azioni intenzionali (non attività riflessa) sulla stimolazione
ambientale
_ Comunicazione funzionale interattiva:
o Uso funzionale di 2 oggetti diversi
o Verbalizzazione, scrittura, risposte si/no, uso di comunicazione alternativa o comunicatori facilitanti
L’Aspen Consensus Group ha, inoltre, chiarito che l’uscita dal SMC e il recupero verso un stato superiore avviene lungo un continuum il cui limite superiore è necessariamente arbitrario.
Di conseguenza i criteri diagnostici dell’uscita dal SMC sono basati su un’ampia classe di comportamenti funzionali che solitamente si osservano nel corso del recupero di tali pazienti.
I criteri di valutazione dell’uscita dal SMC possono, in alcuni casi, sottovalutare il livello di coscienza. Inoltre, la presenza di afasia, agnosia, aprassia possono rappresentare fattori importanti per la “non-responsività ”del paziente. Vengono, pertanto suggerite anche le modalità da seguire per valutare correttamente, la reale presenza/assenza di consapevolezza:
- Per ottenere la risposta ottimale è necessario somministrare stimoli adeguati
- Valutare sempre la presenza di fattori interferenti, quali il contemporaneo uso di
sedativi o antiepilettici
- Valutare attentamente se a seguito di un comando verbale la risposta non sia riflessa (per es. è molto difficile definire se la chiusura degli occhi sia l’esecuzione di un ordine oppure avvenga naturalmente.)
- Fare attenzione a che le richieste non superino la capacità e la possibilità del paziente
- Analizzare bene il range delle risposte
- Effettuare la valutazione del paziente in un ambiente privo di distrazioni.
- Effettuare valutazioni ripetute e durevoli con osservazioni sistematiche e misure strategiche rilevanti.
- Prendere in considerazione i componenti della famiglia, i caregivers e tutto lo staff professionale dedicato all’assistenza per meglio definire le procedure di valutazione
È necessario comunque dedicare tempo ad acquisire l’esperienza e valutare le caratteristiche cliniche sulla base di una approfondita conoscenza dei danni cerebrali. DIAGNOSI DIFFERENZIALE DELLO STATO VEGETATIVO
Lo SV deve essere distinto da altre condizioni cliniche, sovente confuse con esso, non solo nel linguaggio comune ed in quello dei media (morte cerebrale, coma, locked-insyndrome). MORTE CEREBRALE (sinonimi da sconsigliare: coma depassé, coma irreversibile)
La morte cerebrale non è una patologia, ma un criterio di accertamento della morte.
Le persone in morte cerebrale non sono più vive e deve essere sospeso qualsiasi trattamento terapeutico.
Dal punto di vista neurologico, il paziente in stato vegetativo non è in morte cerebrale, perché il suo cervello, in maniera più o meno imperfetta, non ha mai smesso di funzionare, respira spontaneamente, continua a produrre ormoni che regolano molte delle sue funzioni, digerisce, assimila i nutrienti.
Secondo la Legge 578/93 la morte cerebrale viene definita come la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo e non solo di quelle del tronco. Per poter diagnosticare la morte cerebrale occorre che vengano rilevati:
‐ Stato di incoscienza
‐ Assenza di riflessi corneale, fotomotore, oculo-cefalico e oculovestibolare; assenza di reazione a stimoli dolorifici portati nel territorio di innervazione del trigemino, del riflesso carenale e assenza di respirazione spontanea dopo sospensione di quella artificiale fino al raggiungimento di ipercapnia accertata di 60 mmHg con pH ematico minore di 7,4.
‐ Silenzio elettrico cerebrale, documentato da EEG eseguito secondo particolari modalità tecniche riportate nell’allegato 1 del DM 22 Agosto 1994 n. 582 (G.U. del 19.10.1994, n. 245).
I riflessi spinali possono essere presenti.
In particolari condizioni è richiesta la documentazione della assenza del flusso cerebrale.
Il periodo di osservazione per la diagnosi di morte cerebrale deve protrarsi per 6 ore negli adulti e nei bambini di età superiore a 5 anni, 12 ore nei bambini di età compresa tra 1 e 5 anni, 24 ore nei bambini di età inferiore a 1 anno.
L’EEG, eseguito ogni volta per 30 minuti continuativi, deve essere ripetuto ogni 3 ore. MORTE CORTICALE
In passato usata come sinonimo di stato vegetativo, anche con il il sinonimo di sindrome apallica.
Si tratta di terminologie da sconsigliare per che il paziente con grave danno corticale non è morto e perché non tutti i pazienti in stato vegetativo presentano lo stesso tipo e la stessa estensione delle lesioni corticali. COMA
E’ una condizione clinica secondaria a molteplici tipi di danno cerebrale, strutturale o metabolico, a carattere focale o diffuso. Si tratta di uno stato di abolizione della coscienza e delle funzioni somatiche (motilità, sensibilità, espressione e compressione verbale) associate ad alterazioni, talora marcate, del controllo e della regolazione delle funzioni vegetative o vitali (respirazione, attività cardiaca e pressoria) e della vita di relazione.
Il paziente giace per lo più immobile, ad occhi chiusi, in uno stato non suscettibile di risveglio e in assenza di risposte finalizzate a stimoli esterni o bisogni interni.
Le uniche risposte che si possono ottenere, più o meno alterate a seconda dei casi, sono di tipo riflesso, troncoencefalico, spinale o vegetativo. L’EEG può presentare quadri molto diversi. LOCKED-IN SYNDROME (LIS) “Chiuso dentro”
In questa condizione il paziente è paralizzato ai quattro arti (tetraplegia), senza compromissione della coscienza e delle attività mentali. Si presenta in vari stadi.
Il più grave permette al paziente la sola comunicazione con lo sguardo tramite i movimenti oculari sul piano verticale e l’ammiccamento. La causa più frequente è una lesione a livello del ponte da occlusione dell’arteria basilare.
La LIS è una sindrome di de-efferentazione, con immobilità assoluta ad eccezione della motilità oculare, coscienza conservata e presenza di chiara consapevolezza di sé e dell’ambiente.
La de-efferentazione motoria è selettiva sopranucleare e produce una tetraplegia e paralisi pseudobulbare senza interferire con lo stato di coscienza. Tale condizione può realizzarsi anche in caso di gravissime alterazioni della funzionalità dei nervi periferici e cranici, come può accadere nella sindrome di Guillain Barré.
I Pazienti sono vigili e coscienti, ma privi di motilità, espressioni facciali e possibilità di vocalizzazione.
In acuto è molto difficile la valutazione cognitiva ed emotiva del paziente a causa di vigilanza fluttuante e movimenti oculari inconsistenti e facilmente esauribili.
I criteri diagnostici prevedono:
- Coscienza presente
- Ritmo sonno-veglia
- Quadriplegia
- Funzione uditiva conservata
- Funzione visiva conservata
- Comunicazione: anartria
- Stato emotivo conservato
In letteratura si sospetta che alcuni pazienti in stato vegetativo possano essere affetti da una sorta di super-Locked-in, realizzando una condizione in cui pur mantenendo una forma di coscienza, non possono più comunicare neanche con gli occhi. MALATTIA TERMINALE
Il paziente in stato vegetativo può restare in vita per anni con una assistenza minima.
Non Pertanto, il paziente in stato vegetativo non può essere identificato in alcun modo, con un malato terminale, caratterizzandosi come un grave disabile che richiede solo un’accurata assistenza di base, analogamente a quanto avviene in molte altre situazioni di lesioni gravi di alcune parti del cervello che limitano la capacità di comunicazione e di auto-sostentamento. SOPRAVVIVENZA dei pazienti in stato vegetativo da oltre un anno
Per quanto riguarda la sopravvivenza dei pazienti in stato vegetativo da oltre un anno, non esiste significativa differenza nella sopravvivenza tra i pazienti ricoverati in strutture dedicate e quelli a domicilio. Sono noti nella letteratura numerosi casi di sopravvivenza oltre i dieci. STACCARE LA SPINA
Il paziente in stato vegetativo di per sé non necessita di alcuna macchina per continuare a vivere, non è attaccato ad alcuna spina.
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