Dal Magistero Episcopale
Commissariato dei Vescovi cattolici tedeschi
Presa di posizione riguardo alla proposta di legge per il recepimento della normativa CE relativa alla tutela giuridica di invenzioni biotecnologiche
I Vescovi cattolici tedeschi hanno di recente preso posizione in merito al progetto di legge nazionale che intende recepire la normativa europea relativamente alla tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Ecco di seguito una traduzione italiana(*); del testo integrale del documento.
Premessa
Con questa legge dovrà essere recepita dalla legislazione nazionale la normativa CE98/44/EG del Parlamento e del Consiglio Europeo relativa alla tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Secondo l’articolo 249, pag. 3 Egv la Repubblica Federale di Germania deve adempiere a tale obbligo anche se la legge per il recepimento della normativa deve essere compatibile con la legge tedesca che ha la priorità.
Il recepimento della normativa viene effettuato tramite modifiche della legge sui brevetti, sui modelli d’utilità e sulla tutela della specie. Scopo della normativa è la creazione di una legge comunitaria per la concessione di brevetti per le invenzioni nell’ambito della vita nella natura.
Il Commissariato dei Vescovi tedeschi, già nel marzo 1996 ha dato un suo parere su tale proposta di legge non ancora riesaminata di tale normativa. Allora detto Commissariato espresse, in linea di massima, parere favorevole sullo scopo della normativa, che prevede di controllare il traffico libero di prodotti biotecnologici brevettati tramite l’assimilazione delle norme di legge nazionali. In questo contesto è però stato sottolineato che la vita come tale non può essere considerata oggetto di brevetto. Questo principio va ribadito anche nel contesto della legge per il recepimento della normativa. Inoltre, considerando gli effetti globali della concessione di determinati brevetti si dovrebbe tenere conto anche di certi aspetti di giustizia, soprattutto per quanto riguarda una giusta partecipazione allo sviluppo ed al progresso.
Come si è visto negli ultimi mesi, in occasione della richiesta e della concessione di brevetti molto discussi, relativi a materiale biologico, la concessione di brevetti che riguardano la vita nella natura pone problemi di natura etica considerevoli e complessi. Questo viene anche sottolineato nella motivazione per il progetto di legge. Il legislatore di fronte a tale problematica è tenuto particolarmente a vagliare con cura le conseguenze delle norme prese in considerazione. È compito della Chiesa mettere in evidenza tali conseguenze.
Il brevetto non dà al suo detentore il diritto positivo all’utilizzazione ma solo un diritto di esclusività di fronte ad altri competitori. L’utilizzazione dell’invenzione brevettata dunque è sottoposta a precise norme di permesso o divieto. Anche se nel caso dei brevetti di invenzioni biotecnologiche non si tratta di una materia eticamente neutra, come afferma anche chiaramente, sia l’articolo 6 della normativa, sia il §2 della legge sui brevetti.
Sotto questa premessa il progetto di legge suscita delle profonde perplessità. La separazione tra invenzioni brevettabili da una parte e scoperte non brevettabili dall’altra non è netta e favorisce l’utilizzazione commerciale della vita (vedi §1a, comma 2 della legge sui brevetti). Sotto l’aspetto etico un tale regolamento è molto critico, dati che considera la vita - anche quella umana - soprattutto sotto l’aspetto del profitto rischiando di perdere di vista il suo valore specifico. Il desiderio legittimo di volere creare degli stimoli per i ricercatori e di concedere agli inventori un periodo determinato per l’utilizzo esclusivo della loro invenzione, non deve portare ad un’estensione del diritto al brevetto per le scoperte ed andare oltre il limite di ciò che è eticamente sostenibile.
I divieti per i brevetti in caso di violazione dell’ordine pubblico presentano delle lacune che danno la possibilità di commercializzare sperimentazioni su embrioni (vedi §2 comma 2.M-3 della legge sui brevetti). Anche se la legge sui brevetti non determina la liceità di tali sperimentazioni, costituisce un passo allarmante verso l’approvazione di u a ricerca utilitaristica sugli embrioni. La Chiesa Cattolica osserva tale tendenza con la massima preoccupazione. B. Annotazioni Relative alle Singole Norme
I. Articolo 1, §1, commi 1 e 2 della Legge sui brevetti.
Secondo il comma 1 di questa norma, non vi possono essere invenzioni brevettabili relative al corpo umano nelle singole fasi della sua formazione e del suo sviluppo, né alla sola scoperta di una delle sue parti, compresa una sequenza intera o parziale di un gene. Questa affermazione va approvata in pieno poiché il corpo umano non deve diventare oggetto di diritti di tutela commerciale. Anche la motivazione del progetto di legge sottolinea che brevettare il corpo umano sarebbe una violazione dell’ordine pubblico e di conseguenza illecito.
Secondo il §1, comma 2 della legge sui brevetti una parte isolata del corpo umano o parte integrante di esso, estratto tramite un procedimento non definito, inclusa una sequenza o sequenza parziale di un gene, possono essere invenzione brevettabile nel caso che il modo di utilizzazione industriale venga descritto dettagliatamente all’atto della richiesta del brevetto.
Tale norma va contro la dignità dell’uomo, e contro il principio che ne consegue e cioè che la vita umana non può diventare oggetto di brevetto. Tale norma contraddice inoltre il §1, comma 1 della legge sui brevetti che dichiara espressamente che il corpo umano è escluso dalla concessione di brevetto.
Il nostro ordinamento giuridico riconosce come principio fondamentale la dignità e la unicità di ogni uomo. Secondo l’articolo 1 della costituzione è compito del potere dello Stato rispettare tale dignità e tutelarla. Questo comporta il dovere di difendere l’uomo contro qualsiasi attacco alla sua dignità da parte di privati(1). Di tale dovere soprattutto il legislatore deve tenere conto.
Anche per il cristiano ogni normativa sulla concessione di brevetti relativi a parti del corpo umano deve partire dal presupposto che l’uomo è stato creato ad immagine di Dio, ricevendo così la sua particolare dignità.
Secondo la giurisdizione costante della Corte Costituzionale Federale esiste una violazione della dignità dell’uomo ogni volta che l’uomo viene strumentalizzato servendosi di lui come mezzo per raggiungere uno scopo e riducendolo ad oggetto dell’azione altrui. Questo è il caso in cui il corpo umano o parti di esso diventano oggetto di un brevetto divenendo cos proprietà intellettuale di altre persone. La concessione di un brevetto ha come scopo l’utilizzazione commerciale dell’invenzione brevettata. Il corpo umano o parti di esso diventano oggetto della ricerca di profitto nel momento in cui vengono classificati come invenzioni brevettabili, il che viola il principio dell’indisponibilità di vita umana anche se la persona coinvolta ha dato il proprio consenso al prelievo e brevetto delle relative parti del corpo. In questo contesto si pone un altro problema, e precisamente che il punto 26 della normativa, relativo ai criteri per la concessione, che è determinata anche per l’interpretazione della legge da recepire, chiede il consenso della persona soltanto per il prelievo delle cellule ma non per il brevetto.
Quando di fronte a tale riserva si fa l’obiezione sostenendo che le sequenze di geni non posso essere considerate vita umana ma soltanto materia chimica si trascura che tali sostanze chimiche sono state prelevate dal corpo umano. "Origine" di questa materia è dunque l’uomo. I geni in quanto parte integrante del corpo umano non possono essere isolati dalla persona umana. Essendo portatori di informazioni genetiche hanno un’influenza determinante sull’essere umano come tale. Chiunque pretende dunque la proprietà intellettuale di geni sotto la forma di un brevetto aspira a più del diritto di utilizzazione di una qualsiasi materia chimica.
Inoltre nel caso di una parte isolata del corpo si viene meno alla premessa posta per la concessione di un brevetto, e cioè l’invenzione.
È caratteristico per l’invenzione essere basata su un’attività intellettuale ed inventrice dell’uomo in quanto offre un insegnamento per un’attività tecnica, cioè "un’istruzione per agire secondo un progetto ben preciso sfruttando le forze della natura, dominandole per raggiungere un successo di cui si conoscono le cause".(2)
In questo caso, quando cioè viene solo trovata una cosa già esistente, finora sconosciuta, si tratta di una scoperta.(3)
Il corpo umano con tutte le sue parti integranti esiste indipendentemente da qualsiasi attività inventrice. Ne consegue che il corpo umano e le parti di cui è composto vengono solo trovati, dunque scoperti, ma non possono essere inventati.
Tale valutazione non può essere cambiata neanche quando si può attribuire ad una parte del corpo una determinata funzione. Anche qui si tratta di una scoperta, vale a dire del riconoscere di un contesto di funzioni già preesistenti.
Anche le spiegazioni di Oser,(4) che definisce un’invenzione "quando una sequenza di Dna contribuisce causalmente ad un risultato tecnicamente utile grazie all’indicazione della sua funzione" non possono essere sufficienti. La scoperta secondo la quale una determinata proteina o parte di essa determina il codice di un gene, è un risultato scientifico eccezionale, ma il desiderio comprensibile di mettere a frutto un tale risultato non esonera dall’obbligo di adempiere alle richieste da parte della legge sui brevetti. È ovvio che anche la funzione della sequenza di un gene è un dato di fatto che non si basa su una invenzione. I geni in questione hanno da sempre formato determinate proteine e per farlo non hanno avuto bisogno dell’aiuto dell’uomo. Anche la funzione di un gene o di una sequenza di un gene può dunque solo essere scoperta.
Vossius(5) si riferisce ad una giurisprudenza costante secondo la quale invenzioni basate su una scoperta possono essere brevettabili se la scoperta porta ad un "insegnamento nuovo, inventore, ripetibile e industrialmente applicabile per un’attività tecnica". Lo sfruttamento delle caratteristiche di un gene isolato nell’ambito di un tale insegnamento per un’attività tecnica sarebbe un’invenzione. Di conseguenza l’isolamento di un singolo gene e lo sfruttamento di determinate proprietà finora sconosciute sarebbero, secondo tale affermazione, da considerarsi allo stesso modo come lo sfruttamento di altre materie della natura. Decisivo sarebbe perciò se l’isolamento di un gene portasse ad un insegnamento per poter agire tecnicamente.
Ciò facendo bisogna fare una netta distinzione tra procedimento atto ad isolare un gene da una parte, e la sequenza di geni isolata dall’altra. A tale distinzione corrisponde dal punto di vista del diritto sui brevetti la suddivisione dei diritti di proprietà industriale in brevetti di prodotto e brevetti di processo di fabbricazione.
Il procedimento per l’isolamento di una sequenza di geni è il risultato di un lavoro intellettuale dell’uomo. Tale procedimento potrebbe essere considerato insegnamento tecnico e di conseguenza essere, come invenzione, suscettibile di concessione di un brevetto di processo di fabbricazione. I tal caso però la legge dovrebbe stabilire che il gene isolato non è materia di brevetto (vedi anche §9, n. 3 della Legge sui brevetti), poiché il gene non è il risultato di un’attività inventrice dell’uomo, rimanendo dunque soltanto una scoperta, anche nel caso in cui possono essere descritti la sua funzione e il suo sfruttamento industriale. Se invece, in seguito alla scoperta di tali funzioni, si possono sviluppare nuovi procedimenti o produrre nuove materie, si potrebbe prendere in considerazione la concessione di un brevetto. Ciò non significa però che il gene come tale può essere oggetto di brevetto.
Anche la motivazione del presente progetto di legge non suggerisce una valutazione differente. Il passo relativo nella motivazione del progetto dei legge secondo cui "chi isola per la prima volta una materia naturale finora non nota, e la mette a disposizione della società non ha fatto soltanto una scoperta... ma un’invenzione" non è altro che la ripetizione della concezione giuridica espressa nel progetto di legge stesso, che non viene però sostenuta da argomenti oggettivi a suo favore.
Chi si riferisce ad una sentenza della Corte Federale emessa nel 1969 ("Colomba Rossa") per sostenere la tesi che un gene isolato o un’altra parte del corpo sia una invenzione, dimentica che all’epoca l’oggetto della concessione del brevetto era un procedimento per l’allevamento di un certo tipo di colomba, ma non la colomba stessa.
Per i motivi precedentemente esposti la normativa del §9, comma 2 della legge sui brevetti deve essere rigorosamente rifiutata. Nella sua presa di posizione riguardo alla proposta della normativa sulla tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche il Commissariato ha sottolineato che "parti del corpo umano non possono essere considerate invenzioni confondendole con le scoperte". II. Articolo 1, §2 della Legge sui brevetti.
È previsto che il §2 della Legge sui brevetti escluderà, secondo le norme vigenti, la concessione di brevetti per invenzioni la cui industrializzazione contravverrebbe al buon costume. Non tutte le infrazioni contro queste norme sarebbero però compresi. Il comma 2 della norma concretizza tale divieto con un elenco emblematico di applicazioni e procedimenti suscettibili di brevetto.
1. Articolo1, §2, comma 2, n. 1 della legge sui brevetti.
Tale norma, secondo la quale non devono essere concessi brevetti per processi di clonazione di esseri umani, deve essere approvata, con la riserva però che la normativa comprenda anche la clonazione terapeutica. Bisogna tenere conto che la dignità, l’unicità e la indisponibilità della vita umana richiedono un divieto assoluto di concessioni di brevetti per la clonazione di esseri umani.
2. Articolo 1, §2, comma 2, n. 2 della legge sui brevetti.
Secondo il §2, comma 2, n. 2 della legge sui brevetti non si concedono brevetti per procedimenti che mutano l’identità genetica di un genotipo umano. Manipolazioni sul genotipo umano che cambiano irreversibilmente la struttura psicosomatica degli esseri umani non possono essere assolutamente accettati dal punto di vista etico. Tali manipolazioni non sono assolutamente compatibili con la dignità e l’unicità di ogni vita umana. La norma contenuta nel §2, comma 2, n. 2 della legge sui brevetti è perciò necessaria e deve essere approvata.
3. Articolo 1, §2, comma 2, n. 3 della legge sui brevetti.
Secondo questa norma non devono essere concessi brevetti per lo sfruttamento di embrioni umani a scopi industriali e commerciali. Tale norma deve essere approvata come norma parziale che necessita però di essere completata, perché anche lo sfruttamento di embrioni a scopi diagnostici e di ricerca scientifica deve essere escluso dalla concessione di brevetti. A questo proposito va sottolineato che lo sfruttamento di embrioni a scopi di ricerca scientifica viola l’ordine pubblico e il buon costume. Il reato contro l’ordine pubblico è un reato contro i principi dell’ordinamento giuridico che vengono espressi soprattutto nei diritti fondamentali e nei diritti dell’uomo. Il nostro ordinamento giuridico è basato completamente sui valori a favore della dignità dell’uomo e del suo diritto di vivere (art. 1, comma 1 e art. 2, comma 2 della Costituzione). Deve essere dunque il massimo compito del potere dello Stato di rispettare e tutelare la dignità dell’uomo. Dal punto di vista cristiano non ci può essere dubbio alcuno che questi valori valgono senza eccezioni per ogni forma di vita umana in ogni fase del suo sviluppo. La vita di un essere umano comincia dal momento in cui si uniscono le due cellule germinali. Nel punto 16 della motivazione anche la norma parte da questo principio. Per questo motivo il potere dello Stato è obbligato a rispettare e tutelare la vita umana da quel preciso momento. In questo senso la Congregazione per la Dottrina della Fede sostiene quanto segue: "Dal momento in cui l’ovulo viene fecondato inizia una nuova vita umana che non appartiene né al padre né alla madre ma solo al nuovo essere umano che si sviluppa autonomamente. La vita non diventerebbe mai umana se non lo fosse già stata dal primo momento. La nuova genetica conferma questo dato di fatto, che era sempre chiaro..., in modo impressionante. Essa ha mostrato che già dal primo momento esiste una struttura ben definita di questo essere, di questo essere umano, di questo individuo concreto che possiede già tutte le sue caratteristiche..." Anche la Corte Costituzionale federale a questo proposito ha confermato: "Le capacità potenziali insite dal principio nell’essere umano bastano per conferire la dignità dell’uomo"
Lo sfruttamento di embrioni a scopi che non servono a salvarli, e precisamente a scopi diagnostici e scientifici viola perciò la dignità umana dell’embrione e il suo diritto alla vita (art. 1, comma 1, e art. 2, comma 2 della Costituzione). Perché in questo caso l’uomo diventa oggetto dell’azione altrui in modo incisivo inconcepibile. In molti casi, anzi nella maggior parte dei casi, la ricerca su embrioni causa dei danni agli embrioni stessi o addirittura la loro morte.
Nella dichiarazione "Dio è un Amico della Vita" (1989) che le due Chiese (n.d. trad. cattolica e protestante) hanno fatto insieme riguardo alle sfide ed ai compiti legati alla tutela della vita si sostiene: "La 4ricerca con l’aiuto di esseri viventi non ancora nati (può) essere approvata solo finché serve a mantenere ed a sviluppare questa vita... Non si possono causare danni agli stessi o provocare la loro morte, anche se servono a scopi nobili. Solo l’uomo stesso può decidere se vuole sacrificarsi a favore di altri uomini".
Il legislatore tedesco ha tenuto conto di tali principi etici emanando la legge sulla tutela degli embrioni. Secondo tale legge ogni sfruttamento di embrioni che non serve alla loro conservazione è proibito. Ciò significa innanzitutto che lo sfruttamento di embrioni a scopi di ricerca e di diagnostica è inammissibile. Dato che la legge sulla tutela degli embrioni mira a tutelare la dignità dell’uomo e della vita umana, ogni violazione di tale legge costituisce una violazione dell’ordine pubblico.(9)
L’elenco dato dal §2, comma 2, n. 4, secondo le motivazioni del progetto di legge, non è definitivo e di conseguenza permane la possibilità di rifiutare la concessione di brevetti per applicazioni non comprese nell’elenco. Ciononostante è necessario stabilire gli altri casi da vietare. Tale norma deve essere stabilita dal legislatore stesso. Anche un elenco non definitivo dà delle indicazioni. Facendo una lista di fattispecie si stabiliscono delle priorità, cioè delle valutazioni. Una elencazione così selettiva dà l’idea che solo i procedimenti e le applicazioni indicati siano assolutamente da rifiutare, mentre quelli non indicati esplicitamente lo siano solo eventualmente in determinati casi. In questo senso si esprime anche la motivazione del progetto di legge che sostiene che bisognerebbe "lasciare alla giurisdizione la decisione di essere flessibile nei singoli casi" nel costatare o non la violazione contro l’ordine pubblico e il buon costume.
La Chiesa Cattolica in questo contesto deve far valere il suo punto di vista facendo osservare che la valutazione etica dello sfruttamento di embrioni umani, cioè di vita umana, non può rientrare nella flessibilità di valutazione di questi casi. Ogni sfruttamento "consumistico" di embrioni umani deve essere rifiutato categoricamente e completamente.
La concessione di un brevetto dà al titolare nessun diritto positivo di sfruttamento, non costituisce dunque di per sé la base per lo sfruttamento di embrioni umani a scopi diagnostici o di ricerca, non è comunque eticamente obiettiva. La concessione di un brevetto e lo sfruttamento dell’invenzione brevettata non possono essere valutati in separata sede. La richiesta della concessione presume il desiderio di sfruttare l’invenzione industrialmente in esclusiva. Se non ci fosse tale scopo, la richiesta di concessione sarebbe priva di senso. Perciò non si può negare che c’è un nesso oggettivo tra brevetto e sfruttamento, malgrado la loro separazione legislativa. Il legislatore che si occupa di brevetti ha dunque il dovere di tenere conto delle conseguenze oggettive causate dalla concessione di un brevetto. Tale consapevolezza (pensiero) viene espressa soprattutto nell’articolo 6 della norma e nel §2 della legge sui brevetti quando si dice: la liceità della concessione di un brevetto dipende, nel caso della violazione dei principi giuridici fondamentali, espressamente dalla liceità dello sfruttamento dell’invenzione.
Inoltre non deve essere trascurato che la determinazione di un livello etico relativamente basso si ripercuote anche sul pensiero dell’opinione pubblica per quanto riguarda lo sfruttamento di invenzioni. Si potrebbero fare pressioni politiche per "abbassare" il livello per le norme per la tutela della materia, soprattutto nell’ambito della legge sulla tutela degli embrioni dove esiste il rischio di una maggiore remissività, rischio che va assolutamente combattuto. Il sacrificio o la distruzione di vita umana non deve essere in nessun caso approvato o addirittura sanzionato tramite la concessione di un brevetto.
4. Articolo 1, §2, comma 2, n. 4 della legge sui brevetti.
Secondo tale norma non sono brevettabili procedimenti tesi a mutare l’identità genetica di animali e che procurano sofferenze a tali animali senza produrre vantaggi terapeutici considerevoli per l’uomo o l’animale. Non sono brevettabili neppure gli animali prodotti con l’aiuto di questi procedimenti.
La Chiesa Cattolica ha da sempre sottolineato che gli animali devono essere considerati delle creature alla stregua dell’uomo, con un proprio valore che va oltre il valore di bestiame utile all’uomo. Da qui risulta l’obbligo morale dell’uomo di trattare gli animali con rispetto. Ciò significa che è vietato procurare sofferenze agli animali senza un motivo valido (§1 della legge sulla protezione degli animali).
Osservando questi principi non si escludono in linea di massima i mutamenti prodotti dalla tecnologia genetica sugli animali(10) poiché un eventuale abuso non esclude uno sfruttamento responsabile. È indispensabile però che prima di manipolare i geni di animali venga effettuato un esame severo per verificare se tali manipolazioni sono "particolarmente utili nel campo medico" ai sensi del §2, comma 2, n. 4 della legge sui brevetti. Poiché è anche contrario alla dignità dell’uomo far soffrire gli animali invano(11). Ogni passo della tecnologia per un maggiore sfruttamento degli animali tocca inoltre l’essere creatura di tali animali in quanto ogni intervento nell’identità di un essere vivente, anche di un animale, provoca un cambiamento profondo del suo essere, non si possono valutare quanto possano cambiare gli interventi artificiali, sempre più rapidi, le caratteristiche degli animali evolutesi nel tempo, e neppure l’effetto sugli animali geneticamente cambiati nel loro ambiente, nonché gli effetti di questo sull’ecosistema. Considerare l’animale creatura alla stregua dell’uomo non vuol solo dire essere pietosi verso le creature non umane e non torturarle, ma prendersi cura di loro.
Infine va sottolineato che, dal punto di vista della Chiesa Cattolica, "è un obbligo etico di mettere a disposizione del mondo scientifico i risultati raggiunti tramite ricerche sugli animali anche se il profitto dovrebbe risentirne...".(12)
Premessa
Con questa legge dovrà essere recepita dalla legislazione nazionale la normativa CE98/44/EG del Parlamento e del Consiglio Europeo relativa alla tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Secondo l’articolo 249, pag. 3 Egv la Repubblica Federale di Germania deve adempiere a tale obbligo anche se la legge per il recepimento della normativa deve essere compatibile con la legge tedesca che ha la priorità.
Il recepimento della normativa viene effettuato tramite modifiche della legge sui brevetti, sui modelli d’utilità e sulla tutela della specie. Scopo della normativa è la creazione di una legge comunitaria per la concessione di brevetti per le invenzioni nell’ambito della vita nella natura.
Il Commissariato dei Vescovi tedeschi, già nel marzo 1996 ha dato un suo parere su tale proposta di legge non ancora riesaminata di tale normativa. Allora detto Commissariato espresse, in linea di massima, parere favorevole sullo scopo della normativa, che prevede di controllare il traffico libero di prodotti biotecnologici brevettati tramite l’assimilazione delle norme di legge nazionali. In questo contesto è però stato sottolineato che la vita come tale non può essere considerata oggetto di brevetto. Questo principio va ribadito anche nel contesto della legge per il recepimento della normativa. Inoltre, considerando gli effetti globali della concessione di determinati brevetti si dovrebbe tenere conto anche di certi aspetti di giustizia, soprattutto per quanto riguarda una giusta partecipazione allo sviluppo ed al progresso.
Come si è visto negli ultimi mesi, in occasione della richiesta e della concessione di brevetti molto discussi, relativi a materiale biologico, la concessione di brevetti che riguardano la vita nella natura pone problemi di natura etica considerevoli e complessi. Questo viene anche sottolineato nella motivazione per il progetto di legge. Il legislatore di fronte a tale problematica è tenuto particolarmente a vagliare con cura le conseguenze delle norme prese in considerazione. È compito della Chiesa mettere in evidenza tali conseguenze.
Il brevetto non dà al suo detentore il diritto positivo all’utilizzazione ma solo un diritto di esclusività di fronte ad altri competitori. L’utilizzazione dell’invenzione brevettata dunque è sottoposta a precise norme di permesso o divieto. Anche se nel caso dei brevetti di invenzioni biotecnologiche non si tratta di una materia eticamente neutra, come afferma anche chiaramente, sia l’articolo 6 della normativa, sia il §2 della legge sui brevetti.
Sotto questa premessa il progetto di legge suscita delle profonde perplessità. La separazione tra invenzioni brevettabili da una parte e scoperte non brevettabili dall’altra non è netta e favorisce l’utilizzazione commerciale della vita (vedi §1a, comma 2 della legge sui brevetti). Sotto l’aspetto etico un tale regolamento è molto critico, dati che considera la vita - anche quella umana - soprattutto sotto l’aspetto del profitto rischiando di perdere di vista il suo valore specifico. Il desiderio legittimo di volere creare degli stimoli per i ricercatori e di concedere agli inventori un periodo determinato per l’utilizzo esclusivo della loro invenzione, non deve portare ad un’estensione del diritto al brevetto per le scoperte ed andare oltre il limite di ciò che è eticamente sostenibile.
I divieti per i brevetti in caso di violazione dell’ordine pubblico presentano delle lacune che danno la possibilità di commercializzare sperimentazioni su embrioni (vedi §2 comma 2.M-3 della legge sui brevetti). Anche se la legge sui brevetti non determina la liceità di tali sperimentazioni, costituisce un passo allarmante verso l’approvazione di u a ricerca utilitaristica sugli embrioni. La Chiesa Cattolica osserva tale tendenza con la massima preoccupazione. B. Annotazioni Relative alle Singole Norme
I. Articolo 1, §1, commi 1 e 2 della Legge sui brevetti.
Secondo il comma 1 di questa norma, non vi possono essere invenzioni brevettabili relative al corpo umano nelle singole fasi della sua formazione e del suo sviluppo, né alla sola scoperta di una delle sue parti, compresa una sequenza intera o parziale di un gene. Questa affermazione va approvata in pieno poiché il corpo umano non deve diventare oggetto di diritti di tutela commerciale. Anche la motivazione del progetto di legge sottolinea che brevettare il corpo umano sarebbe una violazione dell’ordine pubblico e di conseguenza illecito.
Secondo il §1, comma 2 della legge sui brevetti una parte isolata del corpo umano o parte integrante di esso, estratto tramite un procedimento non definito, inclusa una sequenza o sequenza parziale di un gene, possono essere invenzione brevettabile nel caso che il modo di utilizzazione industriale venga descritto dettagliatamente all’atto della richiesta del brevetto.
Tale norma va contro la dignità dell’uomo, e contro il principio che ne consegue e cioè che la vita umana non può diventare oggetto di brevetto. Tale norma contraddice inoltre il §1, comma 1 della legge sui brevetti che dichiara espressamente che il corpo umano è escluso dalla concessione di brevetto.
Il nostro ordinamento giuridico riconosce come principio fondamentale la dignità e la unicità di ogni uomo. Secondo l’articolo 1 della costituzione è compito del potere dello Stato rispettare tale dignità e tutelarla. Questo comporta il dovere di difendere l’uomo contro qualsiasi attacco alla sua dignità da parte di privati(1). Di tale dovere soprattutto il legislatore deve tenere conto.
Anche per il cristiano ogni normativa sulla concessione di brevetti relativi a parti del corpo umano deve partire dal presupposto che l’uomo è stato creato ad immagine di Dio, ricevendo così la sua particolare dignità.
Secondo la giurisdizione costante della Corte Costituzionale Federale esiste una violazione della dignità dell’uomo ogni volta che l’uomo viene strumentalizzato servendosi di lui come mezzo per raggiungere uno scopo e riducendolo ad oggetto dell’azione altrui. Questo è il caso in cui il corpo umano o parti di esso diventano oggetto di un brevetto divenendo cos proprietà intellettuale di altre persone. La concessione di un brevetto ha come scopo l’utilizzazione commerciale dell’invenzione brevettata. Il corpo umano o parti di esso diventano oggetto della ricerca di profitto nel momento in cui vengono classificati come invenzioni brevettabili, il che viola il principio dell’indisponibilità di vita umana anche se la persona coinvolta ha dato il proprio consenso al prelievo e brevetto delle relative parti del corpo. In questo contesto si pone un altro problema, e precisamente che il punto 26 della normativa, relativo ai criteri per la concessione, che è determinata anche per l’interpretazione della legge da recepire, chiede il consenso della persona soltanto per il prelievo delle cellule ma non per il brevetto.
Quando di fronte a tale riserva si fa l’obiezione sostenendo che le sequenze di geni non posso essere considerate vita umana ma soltanto materia chimica si trascura che tali sostanze chimiche sono state prelevate dal corpo umano. "Origine" di questa materia è dunque l’uomo. I geni in quanto parte integrante del corpo umano non possono essere isolati dalla persona umana. Essendo portatori di informazioni genetiche hanno un’influenza determinante sull’essere umano come tale. Chiunque pretende dunque la proprietà intellettuale di geni sotto la forma di un brevetto aspira a più del diritto di utilizzazione di una qualsiasi materia chimica.
Inoltre nel caso di una parte isolata del corpo si viene meno alla premessa posta per la concessione di un brevetto, e cioè l’invenzione.
È caratteristico per l’invenzione essere basata su un’attività intellettuale ed inventrice dell’uomo in quanto offre un insegnamento per un’attività tecnica, cioè "un’istruzione per agire secondo un progetto ben preciso sfruttando le forze della natura, dominandole per raggiungere un successo di cui si conoscono le cause".(2)
In questo caso, quando cioè viene solo trovata una cosa già esistente, finora sconosciuta, si tratta di una scoperta.(3)
Il corpo umano con tutte le sue parti integranti esiste indipendentemente da qualsiasi attività inventrice. Ne consegue che il corpo umano e le parti di cui è composto vengono solo trovati, dunque scoperti, ma non possono essere inventati.
Tale valutazione non può essere cambiata neanche quando si può attribuire ad una parte del corpo una determinata funzione. Anche qui si tratta di una scoperta, vale a dire del riconoscere di un contesto di funzioni già preesistenti.
Anche le spiegazioni di Oser,(4) che definisce un’invenzione "quando una sequenza di Dna contribuisce causalmente ad un risultato tecnicamente utile grazie all’indicazione della sua funzione" non possono essere sufficienti. La scoperta secondo la quale una determinata proteina o parte di essa determina il codice di un gene, è un risultato scientifico eccezionale, ma il desiderio comprensibile di mettere a frutto un tale risultato non esonera dall’obbligo di adempiere alle richieste da parte della legge sui brevetti. È ovvio che anche la funzione della sequenza di un gene è un dato di fatto che non si basa su una invenzione. I geni in questione hanno da sempre formato determinate proteine e per farlo non hanno avuto bisogno dell’aiuto dell’uomo. Anche la funzione di un gene o di una sequenza di un gene può dunque solo essere scoperta.
Vossius(5) si riferisce ad una giurisprudenza costante secondo la quale invenzioni basate su una scoperta possono essere brevettabili se la scoperta porta ad un "insegnamento nuovo, inventore, ripetibile e industrialmente applicabile per un’attività tecnica". Lo sfruttamento delle caratteristiche di un gene isolato nell’ambito di un tale insegnamento per un’attività tecnica sarebbe un’invenzione. Di conseguenza l’isolamento di un singolo gene e lo sfruttamento di determinate proprietà finora sconosciute sarebbero, secondo tale affermazione, da considerarsi allo stesso modo come lo sfruttamento di altre materie della natura. Decisivo sarebbe perciò se l’isolamento di un gene portasse ad un insegnamento per poter agire tecnicamente.
Ciò facendo bisogna fare una netta distinzione tra procedimento atto ad isolare un gene da una parte, e la sequenza di geni isolata dall’altra. A tale distinzione corrisponde dal punto di vista del diritto sui brevetti la suddivisione dei diritti di proprietà industriale in brevetti di prodotto e brevetti di processo di fabbricazione.
Il procedimento per l’isolamento di una sequenza di geni è il risultato di un lavoro intellettuale dell’uomo. Tale procedimento potrebbe essere considerato insegnamento tecnico e di conseguenza essere, come invenzione, suscettibile di concessione di un brevetto di processo di fabbricazione. I tal caso però la legge dovrebbe stabilire che il gene isolato non è materia di brevetto (vedi anche §9, n. 3 della Legge sui brevetti), poiché il gene non è il risultato di un’attività inventrice dell’uomo, rimanendo dunque soltanto una scoperta, anche nel caso in cui possono essere descritti la sua funzione e il suo sfruttamento industriale. Se invece, in seguito alla scoperta di tali funzioni, si possono sviluppare nuovi procedimenti o produrre nuove materie, si potrebbe prendere in considerazione la concessione di un brevetto. Ciò non significa però che il gene come tale può essere oggetto di brevetto.
Anche la motivazione del presente progetto di legge non suggerisce una valutazione differente. Il passo relativo nella motivazione del progetto dei legge secondo cui "chi isola per la prima volta una materia naturale finora non nota, e la mette a disposizione della società non ha fatto soltanto una scoperta... ma un’invenzione" non è altro che la ripetizione della concezione giuridica espressa nel progetto di legge stesso, che non viene però sostenuta da argomenti oggettivi a suo favore.
Chi si riferisce ad una sentenza della Corte Federale emessa nel 1969 ("Colomba Rossa") per sostenere la tesi che un gene isolato o un’altra parte del corpo sia una invenzione, dimentica che all’epoca l’oggetto della concessione del brevetto era un procedimento per l’allevamento di un certo tipo di colomba, ma non la colomba stessa.
Per i motivi precedentemente esposti la normativa del §9, comma 2 della legge sui brevetti deve essere rigorosamente rifiutata. Nella sua presa di posizione riguardo alla proposta della normativa sulla tutela giuridica delle invenzioni biotecnologiche il Commissariato ha sottolineato che "parti del corpo umano non possono essere considerate invenzioni confondendole con le scoperte". II. Articolo 1, §2 della Legge sui brevetti.
È previsto che il §2 della Legge sui brevetti escluderà, secondo le norme vigenti, la concessione di brevetti per invenzioni la cui industrializzazione contravverrebbe al buon costume. Non tutte le infrazioni contro queste norme sarebbero però compresi. Il comma 2 della norma concretizza tale divieto con un elenco emblematico di applicazioni e procedimenti suscettibili di brevetto.
1. Articolo1, §2, comma 2, n. 1 della legge sui brevetti.
Tale norma, secondo la quale non devono essere concessi brevetti per processi di clonazione di esseri umani, deve essere approvata, con la riserva però che la normativa comprenda anche la clonazione terapeutica. Bisogna tenere conto che la dignità, l’unicità e la indisponibilità della vita umana richiedono un divieto assoluto di concessioni di brevetti per la clonazione di esseri umani.
2. Articolo 1, §2, comma 2, n. 2 della legge sui brevetti.
Secondo il §2, comma 2, n. 2 della legge sui brevetti non si concedono brevetti per procedimenti che mutano l’identità genetica di un genotipo umano. Manipolazioni sul genotipo umano che cambiano irreversibilmente la struttura psicosomatica degli esseri umani non possono essere assolutamente accettati dal punto di vista etico. Tali manipolazioni non sono assolutamente compatibili con la dignità e l’unicità di ogni vita umana. La norma contenuta nel §2, comma 2, n. 2 della legge sui brevetti è perciò necessaria e deve essere approvata.
3. Articolo 1, §2, comma 2, n. 3 della legge sui brevetti.
Secondo questa norma non devono essere concessi brevetti per lo sfruttamento di embrioni umani a scopi industriali e commerciali. Tale norma deve essere approvata come norma parziale che necessita però di essere completata, perché anche lo sfruttamento di embrioni a scopi diagnostici e di ricerca scientifica deve essere escluso dalla concessione di brevetti. A questo proposito va sottolineato che lo sfruttamento di embrioni a scopi di ricerca scientifica viola l’ordine pubblico e il buon costume. Il reato contro l’ordine pubblico è un reato contro i principi dell’ordinamento giuridico che vengono espressi soprattutto nei diritti fondamentali e nei diritti dell’uomo. Il nostro ordinamento giuridico è basato completamente sui valori a favore della dignità dell’uomo e del suo diritto di vivere (art. 1, comma 1 e art. 2, comma 2 della Costituzione). Deve essere dunque il massimo compito del potere dello Stato di rispettare e tutelare la dignità dell’uomo. Dal punto di vista cristiano non ci può essere dubbio alcuno che questi valori valgono senza eccezioni per ogni forma di vita umana in ogni fase del suo sviluppo. La vita di un essere umano comincia dal momento in cui si uniscono le due cellule germinali. Nel punto 16 della motivazione anche la norma parte da questo principio. Per questo motivo il potere dello Stato è obbligato a rispettare e tutelare la vita umana da quel preciso momento. In questo senso la Congregazione per la Dottrina della Fede sostiene quanto segue: "Dal momento in cui l’ovulo viene fecondato inizia una nuova vita umana che non appartiene né al padre né alla madre ma solo al nuovo essere umano che si sviluppa autonomamente. La vita non diventerebbe mai umana se non lo fosse già stata dal primo momento. La nuova genetica conferma questo dato di fatto, che era sempre chiaro..., in modo impressionante. Essa ha mostrato che già dal primo momento esiste una struttura ben definita di questo essere, di questo essere umano, di questo individuo concreto che possiede già tutte le sue caratteristiche..." Anche la Corte Costituzionale federale a questo proposito ha confermato: "Le capacità potenziali insite dal principio nell’essere umano bastano per conferire la dignità dell’uomo"
Lo sfruttamento di embrioni a scopi che non servono a salvarli, e precisamente a scopi diagnostici e scientifici viola perciò la dignità umana dell’embrione e il suo diritto alla vita (art. 1, comma 1, e art. 2, comma 2 della Costituzione). Perché in questo caso l’uomo diventa oggetto dell’azione altrui in modo incisivo inconcepibile. In molti casi, anzi nella maggior parte dei casi, la ricerca su embrioni causa dei danni agli embrioni stessi o addirittura la loro morte.
Nella dichiarazione "Dio è un Amico della Vita" (1989) che le due Chiese (n.d. trad. cattolica e protestante) hanno fatto insieme riguardo alle sfide ed ai compiti legati alla tutela della vita si sostiene: "La 4ricerca con l’aiuto di esseri viventi non ancora nati (può) essere approvata solo finché serve a mantenere ed a sviluppare questa vita... Non si possono causare danni agli stessi o provocare la loro morte, anche se servono a scopi nobili. Solo l’uomo stesso può decidere se vuole sacrificarsi a favore di altri uomini".
Il legislatore tedesco ha tenuto conto di tali principi etici emanando la legge sulla tutela degli embrioni. Secondo tale legge ogni sfruttamento di embrioni che non serve alla loro conservazione è proibito. Ciò significa innanzitutto che lo sfruttamento di embrioni a scopi di ricerca e di diagnostica è inammissibile. Dato che la legge sulla tutela degli embrioni mira a tutelare la dignità dell’uomo e della vita umana, ogni violazione di tale legge costituisce una violazione dell’ordine pubblico.(9)
L’elenco dato dal §2, comma 2, n. 4, secondo le motivazioni del progetto di legge, non è definitivo e di conseguenza permane la possibilità di rifiutare la concessione di brevetti per applicazioni non comprese nell’elenco. Ciononostante è necessario stabilire gli altri casi da vietare. Tale norma deve essere stabilita dal legislatore stesso. Anche un elenco non definitivo dà delle indicazioni. Facendo una lista di fattispecie si stabiliscono delle priorità, cioè delle valutazioni. Una elencazione così selettiva dà l’idea che solo i procedimenti e le applicazioni indicati siano assolutamente da rifiutare, mentre quelli non indicati esplicitamente lo siano solo eventualmente in determinati casi. In questo senso si esprime anche la motivazione del progetto di legge che sostiene che bisognerebbe "lasciare alla giurisdizione la decisione di essere flessibile nei singoli casi" nel costatare o non la violazione contro l’ordine pubblico e il buon costume.
La Chiesa Cattolica in questo contesto deve far valere il suo punto di vista facendo osservare che la valutazione etica dello sfruttamento di embrioni umani, cioè di vita umana, non può rientrare nella flessibilità di valutazione di questi casi. Ogni sfruttamento "consumistico" di embrioni umani deve essere rifiutato categoricamente e completamente.
La concessione di un brevetto dà al titolare nessun diritto positivo di sfruttamento, non costituisce dunque di per sé la base per lo sfruttamento di embrioni umani a scopi diagnostici o di ricerca, non è comunque eticamente obiettiva. La concessione di un brevetto e lo sfruttamento dell’invenzione brevettata non possono essere valutati in separata sede. La richiesta della concessione presume il desiderio di sfruttare l’invenzione industrialmente in esclusiva. Se non ci fosse tale scopo, la richiesta di concessione sarebbe priva di senso. Perciò non si può negare che c’è un nesso oggettivo tra brevetto e sfruttamento, malgrado la loro separazione legislativa. Il legislatore che si occupa di brevetti ha dunque il dovere di tenere conto delle conseguenze oggettive causate dalla concessione di un brevetto. Tale consapevolezza (pensiero) viene espressa soprattutto nell’articolo 6 della norma e nel §2 della legge sui brevetti quando si dice: la liceità della concessione di un brevetto dipende, nel caso della violazione dei principi giuridici fondamentali, espressamente dalla liceità dello sfruttamento dell’invenzione.
Inoltre non deve essere trascurato che la determinazione di un livello etico relativamente basso si ripercuote anche sul pensiero dell’opinione pubblica per quanto riguarda lo sfruttamento di invenzioni. Si potrebbero fare pressioni politiche per "abbassare" il livello per le norme per la tutela della materia, soprattutto nell’ambito della legge sulla tutela degli embrioni dove esiste il rischio di una maggiore remissività, rischio che va assolutamente combattuto. Il sacrificio o la distruzione di vita umana non deve essere in nessun caso approvato o addirittura sanzionato tramite la concessione di un brevetto.
4. Articolo 1, §2, comma 2, n. 4 della legge sui brevetti.
Secondo tale norma non sono brevettabili procedimenti tesi a mutare l’identità genetica di animali e che procurano sofferenze a tali animali senza produrre vantaggi terapeutici considerevoli per l’uomo o l’animale. Non sono brevettabili neppure gli animali prodotti con l’aiuto di questi procedimenti.
La Chiesa Cattolica ha da sempre sottolineato che gli animali devono essere considerati delle creature alla stregua dell’uomo, con un proprio valore che va oltre il valore di bestiame utile all’uomo. Da qui risulta l’obbligo morale dell’uomo di trattare gli animali con rispetto. Ciò significa che è vietato procurare sofferenze agli animali senza un motivo valido (§1 della legge sulla protezione degli animali).
Osservando questi principi non si escludono in linea di massima i mutamenti prodotti dalla tecnologia genetica sugli animali(10) poiché un eventuale abuso non esclude uno sfruttamento responsabile. È indispensabile però che prima di manipolare i geni di animali venga effettuato un esame severo per verificare se tali manipolazioni sono "particolarmente utili nel campo medico" ai sensi del §2, comma 2, n. 4 della legge sui brevetti. Poiché è anche contrario alla dignità dell’uomo far soffrire gli animali invano(11). Ogni passo della tecnologia per un maggiore sfruttamento degli animali tocca inoltre l’essere creatura di tali animali in quanto ogni intervento nell’identità di un essere vivente, anche di un animale, provoca un cambiamento profondo del suo essere, non si possono valutare quanto possano cambiare gli interventi artificiali, sempre più rapidi, le caratteristiche degli animali evolutesi nel tempo, e neppure l’effetto sugli animali geneticamente cambiati nel loro ambiente, nonché gli effetti di questo sull’ecosistema. Considerare l’animale creatura alla stregua dell’uomo non vuol solo dire essere pietosi verso le creature non umane e non torturarle, ma prendersi cura di loro.
Infine va sottolineato che, dal punto di vista della Chiesa Cattolica, "è un obbligo etico di mettere a disposizione del mondo scientifico i risultati raggiunti tramite ricerche sugli animali anche se il profitto dovrebbe risentirne...".(12)
Berlino, 13.6.00