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Maria Angela Esposito
docente di Scienze
Liceo Scientifico Statale “E.Amaldi”
S.Maria C.V.(CE) L’uomo del terzo millennio, pensando di poter disporre arbitrariamente della terra assoggettandola alla sua volontà, invece di svolgere un ruolo di collaborazione nell’opera di tutela del valore della natura, ha devastato senza esitazione pianure e valli boscose, ha inquinato le acque, ha deformato l’habitat della terra, ha reso irrespirabile l’aria, ha sconvolto i sistemi idro-geologici e atmosferici, ha desertificato spazi verdeggianti, ha compiuto forme di industrializzazione selvaggia, e a ha finito col provocare la ribellione della natura stessa.
Tutta la natura, infatti, funziona secondo cicli che partono dalle sue risorse inorganiche, inanimate - aria, acqua, suolo – passano attraverso complicate catene di esseri viventi, vegetali e animali e, ritornano alla natura stessa sotto forma di energia e di materia, inorganica e organica.
Molte delle manifestazioni del degrado ambientale derivano dal modo in cui, con la tecnica, le risorse naturali sono trasformate in merci, in cose utili, e queste, dopo l’uso, tornano alla natura sotto forma di scorie e di rifiuti.
Dagli anni del dopoguerra ad oggi, si è aperta una notevole dialettica sulla questione ambientale e sulla sua collocazione nelle dinamiche delle politiche socio economiche mondiali.
La questione ambientale, infatti, quasi sconosciuta nei suoi riflessi etici, fino agli inizi degli anni 50 dell’ultimo secolo, è diventata una delle tematiche che coinvolge sempre più l’opinione pubblica. Tra queste assume una particolare importanza il sistema tra i sistemi. Il sistema che garantisce ad ogni forma di vita la possibilità di nascere, crescere e riprodursi. Il sistema che consente all’uomo, di nascere, crescere e conoscere.
La conferenza di Rio del 1992, ha coronato l’emergere delle questioni ambientali, come grande tema delle politiche nazionali e internazionali.
Si è affermato la necessità di un governo globale su alcune questioni ambientali planetarie quali l’ effetto serra, l’acidificazione, la riduzione dello strato di ozono, la protezione della biodiversità e si è richiesto di integrare gli obiettivi di tutela delle risorse e della qualità ambientale in relazione alle politiche territoriali ed economiche, nazionali e locali.
Nel 1997 è stato creato e sottoscritto un accordo internazionale, il protocollo di Kyoto, con il quale 118 nazioni del mondo, (grandi assenti furono gli Stati Uniti, i primi produttori di gas serra nel mondo) si sono impegnate a ridurre le emissioni di gas serra, per rimediare ai cambiamenti climatici in atto, attraverso il risparmio energetico, con l’ottimizzazione sia nella fase di produzione,che negli usi finali e con l’educazione al consumo consapevole, nonché lo sviluppo delle fonti alternative di energia invece del consumo massiccio di combustibili fossili.
Con la Conferenza di Johannesburg del 2002, è scaturita la necessità di fare il bilancio:
degli effetti ambientali durante un decennio di globalizzazione economica per analizzare l’efficacia delle politiche globali e nazionali, pubbliche e private;
dello stato delle risorse ambientali e dei rischi;
degli effetti diretti e indiretti della globalizzazione dei mercati.
A Montreal nel dicembre 2006 si è discusso sull’applicazione del protocollo di Kyoto e sulla politica climatica internazionale fino al 2012 , auspicando l’idea di un regime che includa anche gli Stati Uniti di America e i paesi emergenti maggiormente responsabili di emissioni di gas serra. Sono stati proposti due meccanismi di controllo per il monitoraggio dei progetti elaborati. Il primo è “joint implementation” (l’implementazione congiunta) meccanismo di flessibilità che consente ad un paese industrializzato di ottenere certificati di emissione di gas serra grazie al finanziamento di progetti di riduzione in un altro paese industrializzato. Il secondo consente ad un paese industrializzato di ottenere certificati di emissione di gas serra grazie al finanziamento di progetti di riduzione in un altro paese in via di sviluppo.
Attualmente le principali cause di cambiamento ambientale possono essere ricondotte:
a) all’erosione della diversità biologica o biodiversità, una delle maggiori ricchezze dell’umanità, consistente nell’enorme numero di informazioni genetiche possedute da ciascuna specie che costituiscono un patrimonio evolutivo e fonte potenziale di sostanze medicinali, alimenti ed altri prodotti d’importanza commerciale
b) al progressivo inquinamento dell’aria delle acque e del suolo a seguito della combustione del carbone e del petrolio con conseguente aumento di emissione di CO2 e riscaldamento del pianeta
c) dell’uso di fertilizzanti e di sostanze tossiche e radioattive che influiscono negativamente sulla salute
Accanto a questo deterioramento globale in continua crescita, ci sono anche dei segnali certi di speranza.
I programmi ambientali hanno fatto incredibili progressi e hanno creato un impulso inarrestabile grazie al ruolo assunto dalla “gente comune” riunita in gruppi a livello di comunità o in ONG (Organizzazioni non governative), che opera in progetti di conservazione,ripristino dell’ambiente o che fa opera di sensibilizzazione e di lobby presso i politici.
Costruire una sociètà sostenibile è un compito veramente imponente che comporta la ristrutturazione dell’economia e la ridefinizione del comportamento riproduttivo degli esseri umani, del loro stile di vita e dei loro valori.
L’ambiente e lo sviluppo sostenibile è ora al centro delle considerazioni di natura politica, economica e di sicurezza, dal livello locale a quello globale.
Sotto questo impulso i governi hanno cominciato ad applicare norme ambientali più severe nelle loro politiche.
La tecnica, sviluppata come reazione all’avanzamento delle società industrializzate, si configura come l’insieme degli strumenti, dei meccanismi e delle procedure che l’uomo, con un’esperienza millenaria, ha perfezionato, per adattarsi all’ambiente e per modificarne le determinanti naturali, al fine di migliorare le condizioni di vita, sapendo realizzare, anche, soluzioni che aiutato la società a diminuire il proprio impatto sull’ambiente.
Le biotecnologie consistono nell’integrazione di scienze naturali ed ingegneria al fine di ottenere vantaggi dall’impiego di organismi, cellule, loro componenti e analoghi molecolari.
In particolar modo, le biotecnologie “bianche” che consistono nell’applicazione di processi biotecnologici basate sull’impiego di organismi viventi, rappresentano un rilevante potenziale per prevenire, monitorare e mitigare i fenomeni di perturbazione dell’ambiente, in relazione alla continua crescita di popolazione, urbanizzazione e industrializzazione e alle esigenze di sviluppo sostenibile.
Alcune nuove tecniche, attualmente in uso, utilizzano organismi geneticamente modificati progettati in modo da eseguire, con efficienza, compiti specifici come, per esempio, per scopi di biorisanamento.
Per biorisanamento si intende l’impiego di sistemi biologici, come piante e/o microrganismi, per la riduzione dell’inquinamento dell’aria, delle acque e dei suoli.
L’opzione di biorisanamento cui si ricorre con maggiore frequenza è la biodegradazione ad opera di microrganismi che sono in grado di decomporre la maggior parte delle sostanze ed anche di demolire molecole inquinanti, per i loro bisogni energetici o di crescita, attraverso una serie di processi di biodegradazione, che possono avere luogo in presenza o assenza di ossigeno (ovvero di aria).
Le tecniche del biorisanamento possono venire applicate per ridurre o rimuovere rifiuti pericolosi che hanno già contaminato l’ambiente.
Una biodegradazione completa, ha come effetto la detossificazione degli inquinanti per mineralizzazione, ovvero la loro conversione in anidride carbonica, acqua e sali inorganici innocui, mentre una biodegradazione incompleta risulta nell’ottenimento di prodotti di demolizione intermedi, che possono o non essere meno tossici dell’inquinante di partenza.
Il biorisanamento mediante l’utilizzo di piante, anziché microrganismi, viene detto fitorisanamento e consiste in una tecnica, impiegata per la rimozione di contaminanti metallici da suoli e falde idriche, e per la rimozione di altre sostanze inquinanti.
Un’ ulteriore possibilità, consiste nell’uso combinato di microrganismi e piante. Alcuni batteri, i rizobi, vivono in stretta associazione con le radici delle piante, dalle cui escrezioni dipende il loro nutrimento, ed il loro numero è molto più elevato di quello degli altri batteri del suolo.
Le piante geneticamente modificate resistono agli insetti infestanti e/o agli agenti patogeni, possono consentire una considerevole riduzione nell’uso di pesticidi, evitando, in tal modo, non solo il consumo di materie prime, energia e lavori necessari alla produzione di pesticidi, ma anche e soprattutto, una riduzione dell’impatto negativo dei loro residui nei prodotti agricoli e nell’ambiente.
La pericolosità, però, di un organismo transgenico può essere legata a diversi fattori riconducibili alla possibilità che l’informazione genica produca effetti non previsti, che il gene trasferito interagisca con l’organismo nel quale è stato inserito, che l’organismo geneticamente modificato interagisca con l’ambiente in cui viene introdotto producendo effetti dannosi.
Un rischio molto concreto è quello che la diffusione di piante transgeniche acceleri la perdita progressiva di biodiversità, favorendo la scomparsa graduale di piante e colture tradizionali determinata dalla riduzione delle capacità naturali di miglioramento genetico conseguente al procedimento di controllo dei geni.
Il trasferimento genico degli OGM alla flora e alla fauna nativa potrebbe portare, inoltre, allo sviluppo di nuove malattie come risultato di una ibridizzazione tra specie diverse.
Il rischio di perdita della diversità è connesso anche alla possibilità che attraverso la competizione e l’interferenza degli OGM si arrivi alla scomparsa della comunità o di specie vegetali naturali.
Tutti i metodi di biorisanamento hanno l’obiettivo di migliorare la qualità dell’ambiente mediante la riduzione degli inquinanti. La scomparsa, tuttavia, dell’inquinante originale, non è un criterio per determinare il successo di una operazione di bonifica, perché può capitare che metaboliti tossici, possano venire prodotti dalla degradazione dell’inquinante di partenza, e l’agente biodegradante può causare patologie oppure produrre sostanze dannose alla flora microbica utile, alle piante, agli animali o agli esseri umani.
A causa dell’eccessiva produzione di CO2 l’ecosistema subisce trasformazioni negative che stanno provocando danni irreversibili all’umanità. Quando bruciamo petrolio e gas per produrre oggetti, muoverci e alimentare le fabbriche, infatti, immettiamo CO2 che intrappola i raggi del sole nell’atmosfera. Stiamo vivendo di conseguenza, gli anni più caldi dell’ultima era glaciale da 12.000 anni a causa del riscaldamento globale.
Ragion per cui alcuni ricercatori stanno studiando varie soluzioni per abbassare la “febbre” del pianeta.
Una soluzione consiste nella creazione di un sistema a base di minuscole particelle di zolfo, che lanciate nell’atmosfera terrestre sarebbero in grado di riflettere una parte dell’irraggiamento solare diminuendo, in tal modo, la quantità di energia che raggiunge il suolo.
Un'altra tecnica, al fine di aumentare la parte di raggi luminosi riflessi verso lo spazio, è quella di illuminare la superficie del globo, dipingendo di bianco tutte le superfici fabbricate dall’uomo e di piantare vegetali dal fogliame chiaro nei prati e nei pascoli.
Diminuire la temperatura del pianeta sarebbe possibile, inoltre , coprendo per il 3 per cento il globo di nuvole artificiali utilizzando l’acqua del mare. Si polverizza l’acqua del mare a 20 metri di altitudine grazie a turbine giganti istallate su barche, teleguidate da un satellite e mosse dall’energia del vento e delle onde. I cristalli di sale agiscono da condensatori perché quando il livello di umidità dell’aria è elevato attirano le micro goccioline di acqua provocando la formazione delle nuvole.
Si potrebbe diminuire la temperatura terrestre del 2 per cento,ancora, con un altro sistema, tramite piccoli schermi, di 60 cm di diametro,su un’orbita di 1,5 km dalla terra, annullando le forze di attrazione della terra e del sole e deviando così una parte dei raggi solari.
E’ necessario che la tecnica, le tecnologie e le biotecnologie, di fronte alla continua crescita della ricerca scientifica,biologica e genetica, siano adeguate ad uno sviluppo sostenibile, preservando, in tal modo, la qualità e la quantità del patrimonio e delle risorse naturali esauribili; abbiano una funzione sociale, cioè che sia indirizzata più a programmi finanziati dalle istituzioni pubbliche con obiettivi riguardanti gli interessi collettivi che a progetti che forniscono solo grossi profitti, e che soprattutto, nell’ambito specifico delle problematiche ambientali, siano applicate al campo della prevenzione. Quando la tecnica ci eleva fino al cielo
parla di un linguaggio universale,
è un dono divino che illumina la mente
porge la mano, aiuta a stare bene.
Sulla sua strada si incontrano le genti,
abbrevia le distanze
cancella gli egoismi,
e il mondo unito diventa “umanità”

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