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Attività

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Gesù era vegetariano?

(Intervento alla Associazione Cattolici Vegetariani 9 luglio 2012)

Gesù vive in un contesto culturale non vegetariano, si nutre di pesce e lo cuoce per i suoi discepoli e ha mangiato l'agnello pasquale.
Tutto questo, però, non impedisce di cogliere nella sua predicazione e in alcuni suoi comportamenti il costante richiamo alla meta ideale: il Regno dei Cieli, a cui la stessa Bibbia vuole condurre l'umanità e che è dipinta, ad esempio, dal profeta Isaia con sette coppie di esseri viventi, animali e umani che coesistono in perfetta parità e armonia (11,6-8). In questa creazione perfetta ed "escatologica" – nella quale anche gli animali sono coinvolti – la dieta sarà necessariamente vegetariana: «Ecco, io vi do erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero: saranno il vostro cibo» (Genesi 1,29).
Ad una rinnovata sensibilità verso gli esseri viventi non umani, sminuita nella storia del cristianesimo dall'influsso greco, ha contribuito, dopo il periodo dei Padri della Chiesa, soprattutto la figura di san Francesco. La moderna ecologia cristiana sorge intorno agli anni Sessanta del secolo scorso in ambito protestante Ben presto anche il mondo cattolico vi si associa: vi sono importanti affermazioni di Giovanni XXIII, Paolo VI,Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sul tema. Ad esempio: Giovanni Paolo II, che innumerevoli volte ha parlato a favore dell’amore e del rispetto per gli animali, ha detto il 10 gennaio 1990: <>. E Paolo VI, parecchi anni prima, aveva affermato: <>.Il 5 aprile 2007 nell’omelia durante la Lavanda dei piedi Benedetto XVI puntualizzava:” Gesu’ non ha mangiato l’agnello nell’ultima cena, non segui’ la tradizione della Pasqua ebraica, ma quella della tradizione degli Esseni, che erano vegetariani. Gesu’ e’ stato il vero Agnello immolato per i bene di tutti” Un notevole contributo al richiamo del prendersi cura di tutti gli esseri viventi animali e vegetali viene dalla Teologia degli animali del grande biblista Paolo De Benedetti . E' così, sorto un movimento ambientalista e animalista (talora strettamente vegetariano) cristiano e cattolico ( Associazione Cattolici Vegetariani), che e ' sicuramente un segno dei tempi verso la costruzione di un Mondo Nuovo, che noi cristiani siamo chiamati a realizzare, gia' qui-ora.
Detto questo si devono pero' evitare posizioni paradossali come quella di Franco Libero Manco . La Chiesa non obbliga ad essere vegetariani, ma condanna la violenza e l'unica legge che Cristo ci impone e' la lex spiritus vitae, basata sull'amore verso tutte le creature. La scelta religiosa del vegetariano può essere paragonata alla scelta religiosa della castita', e' una scelta libera e profetica! Vorrei anche ricordare che nella Bibbia sono presenti moltissimi animali , che diventano anche simboli divini come l'agnello emblema dello stesso Cristo ( Agnello di Dio) o come la colomba che incarna lo Spirito Santo.
Mi sembra però importante riportare la posizione di Gianfranco Ravasi, che non solo è un grandissimo biblista, ma è anche un Cardinale, Ministro della Cultura, molto vicino alle posizioni di Benedetto XVI.
Mons. Ravasi ritiene che nel cristianesimo l’uso di nutrirsi con le carni sia una “questione complessa, la cultura cristiana ha elaborato una sua concezione della natura, originale rispetto alle altre civiltà e per secoli dominante in Occidente. Essa potrebbe essere riassunta in due affermazioni Per la tradizione ebraico-cristiana la natura è il risultato di un atto creatore e quindi è una realtà finita e limitata. D'altro lato, pur riconoscendo un legame tra uomo e animali attraverso la vita (rûah o "spirito" vitale), ha affermato una netta distinzione qualitativa tra i due, attraverso l'introduzione di un particolare statuto umano variamente descritto in alcuni passi della Genesi: si pensi al simbolismo dell'«immagine e somiglianza divina» (1,27), alla dotazione della coscienza morale nella «conoscenza del bene e del male» (cc. 2-3) e alla funzione di «governo» delegato, di «nomina» e di «custodia e coltivazione» del creato da parte dell'uomo e della donna (1,26 e 2,15-20). L'accettazione della teoria scientifica dell'evoluzione biologica non è incompatibile con l'affermazione teologica e metafisica della specificità umana, variamente declinata (anima, spiritualità, simbolicità, estetica e così via).
In questa prospettiva non si contesta l'uso nutritivo delle carni animali, sia pure con vincoli di taglio igienico-folclorico-sacrale (ad esempio, le norme di purità rituale che escludono alcuni animali dall'essere commestibili, norme superate però dal cristianesimo, come appare nella visione di san Pietro descritta nel c. 10 degli Atti degli Apostoli). Lapidario è il precetto successivo al diluvio: «Ogni essere che striscia e ha vita vi servirà da cibo, come le verdi erbe» (Genesi 9,3). Gesù stesso si nutre di pesce e persino lo cuoce per i suoi discepoli, così come è implicito che abbia consumato l'agnello pasquale.
Tutto questo, però, non impedisce che si sia consapevoli del peccato dell'uomo quando prevarica sul creato in modo tirannico e devastante. È, così, sorto un movimento ambientalista e animalista (talora strettamente vegetariano) cristiano che ha inteso richiamare la meta ideale a cui la stessa Bibbia vorrebbe condurre l'umanità e che è dipinta, ad esempio, dal profeta Isaia con sette coppie di esseri viventi, animali e umani che coesistono in perfetta parità e armonia (11,6-8). In questa creazione perfetta ed "escatologica" – nella quale anche gli animali sono coinvolti – la dieta sarà necessariamente vegetariana: «Ecco, io vi do erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero fruttifero: saranno il vostro cibo» (Genesi 1,29).
A una rinnovata sensibilità cosmica, sminuita nella storia del cristianesimo dal l'influsso spiritualistico greco, ha contribuito la figura di san Francesco, anche se la sua era una visione non tanto ecologista ma nettamente teologica, come è attestato dal suo Cantico delle creature: alieno da una concezione panteistica, egli considera il creato come dono di Dio, come segno di bellezza trascendente, come simbolo che conduce al Creatore, sulla scia di quanto si legge nel libro biblico della Sapienza: «Dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro Autore» (13,5). Questa ecologia cristiana sorge intorno agli anni Sessanta del secolo scorso in ambito protestante (in particolare con il teologo americano Joseph Sittler e col Faith-Man-Nature Group del Consiglio delle Chiese protestanti d'America).
Ben presto anche il mondo cattolico vi si associa e, tra i tanti passi dei testi magisteriali ufficiali di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sul tema, ricordiamo soprattutto il messaggio del 1° gennaio 1990 di Papa Wojtyla Pace con Dio Creatore, pace con tutto il creato, ove si denuncia la crisi ecologica come questione morale, evocando una nuova solidarietà dell'uomo con le altre creature e il creato. Intanto, però, si stavano affermando anche concezioni ambientaliste e animaliste radicali che si alimentavano a religioni e filosofie orientali di stampo immanentistico e reincazionistico. Si trattava di impostazioni spesso sincretistiche dagli esiti più disparati: tanto per fare un esempio ormai famoso, si pensi al saggio Il Tao della Fisica (Adelphi 1982) del fisico nucleare Fritjof Capra che cercava di conciliare la fisica teoretica col misticismo orientale. Oppure all'altrettanto nota e vasta opera Liberazione animale (Mondadori 1991) del filosofo australiano Peter Singer, incline ad assegnare al mondo animale una superiorità rispetto a quello umano.
In America, anche su impulso della rivalutazione del pensiero degli Indiani aborigeni per i quali tutte le forme di vita sono uguali e appartenenti a un'unica comunità, si è registrato un grande successo (ora, però, in crisi) del movimento New Age che, tra l'altro, propugnava un'ecologia "olistica" di stampo pan-spiritualistico. In questa linea si debordava, anche in ambito cristiano, dalla prospettiva sopra descritta e si adottavano definizioni e descrizioni antropomorfiche per gli animali: anch'essi, ad esempio, avrebbero una coscienza etica, percepirebbero il trascendente e pregherebbero (si veda Michel Damien, Un paradiso per gli animali. L'animale, l'uomo e Dio, Piemme 1987). Un capitolo a sé è quello della sofferenza degli animali, definita un po' enfaticamente «un mistero ancor maggiore rispetto al dolore umano» dalla Teologia degli animali di Paolo De Benedetti (Morcelliana 2007).
Certo è che la sensibilizzazione su quest'ultimo tema è significativa e ha generato, ad esempio, la «Dichiarazione Universale dei Diritti degli Animali» dell'Unesco (1978), così come a Münster ha aperto da tempo i battenti l'«Institut für theologische Zoologie», un'istituzione cattolica ed ecumenica annessa alla locale facoltà di Teologia e Filosofia. Si contrasta, così, giustamente ogni brutalità e ogni prevaricazione nei confronti delle creature viventi. La solitudine nell'anonimato delle moderne metropoli ha, poi, generato rapporti di condivisione familiare e di affetto con animali domestici, modellati sulle dinamiche che intercorrono tra esseri umani, tanto da rendere talora cani o gatti beneficiari di lasciati testamentari. Victor Hugo scriveva: «A chi è solo, Dio dona un cane. Il cane è la virtù che, non potendo farsi uomo, si è fatta animale». Anche al Lazzaro miserabile della parabola evangelica del ricco epulone «erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe».
Detto questo si può, però, pervenire all'eccesso opposto per cui le persone umane, ultime e diseredate, piccole, deboli e affamate, sono meno considerate e tutelate nelle società ricche e occidentali di quanto lo siano gli animali. Così come paradossali sono anche alcune nuove attitudini culturali: una recente statistica dimostrava che solo il 40% dei tedeschi crede in Dio, ma l'80% è convinto che i loro cani e gatti abbiano un'anima! Tuttavia, è curioso notare che la Bibbia – pur netta nelle sue distinzioni di specie e genere tra esseri umani e animali – è forse il testo sacro più affollato da uno straordinario bestiario che va dal mastodontico cammello fino al tarlo nascosto nel legno e alla pulce, e che ascende al simbolismo spirituale più alto con l'agnello emblema dello stesso Cristo o con la colomba che incarna lo Spirito Santo, ma che discende fino ai mostri apocalittici e al serpente tentatore. La funzione primaziale dell'uomo e la sua diversa natura intima non escludono una sua solidarietà con le altre creature viventi, anche perché – come canta il Salmista – «buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature… Uomini e bestie tu salvi, Signore» (145,9; 36,7).”

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