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La nascita programmata dalla biomedicina

Mario Coltorti

(Introduzione al Seminario del 6 maggio 2004 del XI Corso di Formazione in Bioetica: "All'origine delle origini. La nascita: i mille volti di un'idea")

Pubblicato in "La nascita. I mille volti di un'idea", Giappichelli 2006

I temi cui è dedicato questo pomeriggio:
“Eugenetica tra passato e presente” (L. De Caprio e C. Fuschetto)
“Venire al mondo tra natura e cultura” (M. A. La Torre)
“Quando inizia la vita umana individuale?” (R.Prodomo)

collegano in vario modo i problemi del nascere degli umani con i due termini natura e cultura.
Nel ruolo che mi è stato affidato, desidero soffermarmi su alcuni aspetti e concetti di ordine generale connessi in vario modo alle tre Relazioni.
Natura e cultura, termini spesso considerati conflittuali, dovrebbero invece considerarsi strettamente complementari e coevolventi nelle diverse fasi storiche dell’umanità. Se valutiamo l’evoluzione e la sopravvivenza degli umani fino ad oggi, ci rendiamo conto, ovviamente, che essa è stata possibile solo perché generazioni su generazioni si sono succedute ininterrottamente:
Se 30 generazioni coprono all’incirca un millennio, circa 1200 si sono susseguite da quando ci sono pervenute le prime testimonianze dell’ homo sapiens sapiens relative al procreare ed al nascere, risalenti al paleolitico superiore, circa 30.000 ai avanti l’era attuale.
Rivolgendo lo sguardo al lontano passato, constatiamo che la specie umana, dal primo esiguo numero di componenti, nel Paleolitico superiore ( quando gruppi di non più di 20-30 vivevano in un’area pari alla Roma attuale, nella quale oggi vivono non meno di 3 milioni di persone), si è espansa ai 6 miliardi attuali.
Ciò può significare che per la nostra specie si sono realizzati in modo eccellente (almeno finora) i principi darwiniani di selezione e di adattamento ai numerosi e profondi mutamenti della biosfera dai primordi ad oggi.
Dal concetto darwiniano di selezione naturale è derivata la distinzione di Francis Galton, risalente al 1883, ”nature – nurture” fra caratteristiche biologiche e culturali, ed il loro peso comparativo, nelle diverse razze,ispirata alla affermazione di Darwin nel 1874, che alla lettera così dice:
“I medici esercitano fino in fondo la loro capacità di salvare la vita di ognuno …. Così i membri deboli delle società civilizzate riescono a propagare i loro caratteri. Nessuno che si è dedicato all’allevamento di animali domestici potrà dubitare che ciò sia fortemente dannoso per la razza umana”.
Questo può considerarsi l’atto di nascita dell’eugenetica, quale indirizzo al miglioramento delle razze umane attraverso l’ accoppiamento selettivo che, con varie suggestioni a partire dai primi decenni del ‘900, è poi sfociato nella tragica ideologia nazista, cui si è acriticamente associato il potere sabaudo-fascista con la complicità di alcuni scienziati o pseudo-tali.
Eugenetica, intesa come cosiddetto miglioramento della cosiddetta razza, espressione di un’aberrante pseudo-cultura, se per cultura va intesa, come dicono i dizionari della nostra lingua:
“Una sintesi armoniosa delle conoscenze, basata sulla sensibilità e l’esperienza degli esseri umani”e ancora:“Il complesso delle manifestazioni della vita - materiale, sociale, spirituale – di una popolazione in rapporto alle varie fasi di un processo evolutivo o ai diversi periodi storici o alle condizioni ambientali, che comprendono le sue realizzazioni tecniche e sociali”.
Tuttavia,ci si può chiedere se, in maniera più o meno strisciante, le suggestioni eugenetiche non si ripropongano ancora, attraverso alcune modalità di procreazione medicalmente assistita associate alle tecniche genetiche (ad esempio scelta del sesso, di altre caratteristiche psichiche o fisiche, o prevenzione di eventuali anomalie non desiderate del concepito) e con esse il prevalere, non sempre giustificato, di una medicina dei desideri su quella dei bisogni primari della società, con le molteplici implicazioni, etiche, sociali, economiche, che questo comporta.
Altre prospettive, attualmente solo teoriche, ma per questo non meno inquietanti, derivano dai progressi dell’ingegneria genetica.
Ad esempio, nel libro di Allen Buchanan ed altri (From Chance to Choiche, 2000, pag. 177 e segg.), viene considerata l’ipotesi teorica che alcuni gruppi popolazionisti possano essere spinti a realizzare l’auto-ottimizzazione genetica in direzioni e strade evolutive divergenti, mettendo così in discussione quell’unità della natura umana, che finora ha consentito a tutti gli umani di intendersi e mutuamente riconoscersi come membri di una stessa comunità morale. “Se questo accadrà - affermano gli AA. - , ci saranno gruppi diversi di esseri, ciascuno con la propria “natura”, che si relazionano l’un l’altro solo attraverso un comune antenato, proprio come già ora abbiamo specie diverse di animali che si sono evolutivamente trasformati da un comune antenato tramite mutazioni casuali e selezione naturale”. Alla luce di queste considerazioni, immaginiamo che cosa sarebbe potuto accadere se le attuali conoscenze di genetica fossero state note ed applicate nell’era del nazismo per la selezione della razza ariana !

Vorrei soffermarmi ancora su qualche altra preliminare considerazione.
Che il concepire ed il nascere siano eventi biologici è ovvio; ma è altrettanto evidente che fattori culturali molteplici e variabili vi siano stati strettamente connessi fin dai primordi. Alcuni etnoantropologi, ad esempio, sostengono che nel paleolitico, la scarsità dei cibi, insufficiente per tutti e la necessità di difendersi da altri gruppi, privilegiava la prevalenza numerica di uomini, per cui veniva soppresso un certa quota di neonati di sesso femminile; da ciò la poliandria; quindi, avendo più uomini rapporti con la stessa donna, data l’impossibilità di accertare la paternità, la discendenza era considerata matrilineare.
Gli attuali problemi socio-culturali relativi al concepire ed al nascere, certamente diversi da quelli di un passato anche non molto lontano, pongono oggi numerosi quesiti, etici, sociali, politici, che hanno stretti rapporti tra sviluppo futuro tanto della specie umana che dell’ ecosistema, come sottolineano gli spunti che ho fin qui prospettato.
Non si può quindi eludere la domanda circa il significato attuale del termine programmata applicato alla procreazione ed alla nascita: da intendere secondo un’accezione, non solo o prevalentemente tecnica, bensì più ampia, che fa del procreare un evento fortemente condizionato dall’evoluzione della storia sia dell’umanità, che di tutto il mondo in cui essa è inserita.
Di nuovo affiora l’idea che natura e cultura possano essere intese in termini di una coevoluzione, in cui esse siano, e debbano essere, inseparabili.
Il che, pone il quesito che cosa significhi, in definitiva, “venire al mondo”?
Espressione solo di una pulsione individuale, in cui convergono psiche e corpo dei singoli attori,
oppure anche di finalità che superano quella dei singoli: per la perpetuazione della specie, o ancora per qualche altra che in qualche modo ci trascende ?
Se valutiamo l’evoluzione delle manifestazioni dell’eros, dai primordi a noi noti fino ad oggi, possiamo ancora individuare la non scindibilità tra i due termini natura e cultura.
Nel paleolitico non era stata ancora compresa la relazione tra unione sessuale e procreazione: donde l’attribuzione alla donna di quel potere mitico che si concreta nella figura della Grande Madre(o Venere) Paleolitica.
Solo poi nel Neolitico, con le conoscenze derivate dalla domesticazione degli animali , è emersa la chiara consapevolezza del rapporto tra unione sessuale e procreazione.
Successivamente la storia dell’umanità ha subito altre profonde trasformazioni.
Nel Paleolitico la difficoltà di approvvigionamento del cibo, faceva sì che sopravvivessero solo pochi individui, soprattutto i maschi più forti (con la soppressione di un certo numero di neonate femmine), e la lunga durata dell’allattamento riduceva la fertilità.
Dal Neolitico in poi, con la domesticazione degli animali e l’agricoltura progressivamente sempre più intensiva dopo la scoperta dell’aratro, aumentando le disponibilità alimentari, si instauravano i concetti:
di proprietà
di famiglia stabile
si accentuava il predominio del maschio,
e la specie umana poteva cresceva numericamente, mentre la donna era assimilata alla terra da arare da cui la comune radice originaria tanto di γή terra che di γύπή donna, da cui deriva anche γύα, che indica sia terreno da arare sia corpo materno;
donde poi in latino l’equivalenza arat – amat e mater – materies )
La comune derivazione etimologica tanto di madre che di natura, che poi nella mitologia greca si identifica in Δημήτηρ (Madre Terra), riconduce alla radice sanscrita mâmi, trasformato successivamente in mâtr, che significa: provvedo, distribuisco,dispongo,produco (colei che…)

Ritorniamo ad oggi.
Se 40.000 anni fa per raddoppiare la popolazione occorrevano 4000 anni, ed attualmente ne bastano 40, il discorso su procreazione tra natura e cultura si può espandere in direzioni molteplici:
da quella tecnico-medica;
a quella altrettanto attuale della programmazione della natalità nel mondo e degli strumenti attraverso i quali attuarla;
a quella , strettamente connessa alle precedenti, delle finalità reali e degli indirizzi non solo della medicina ma, più estesamente, delle biotecnologie, in rapporto ai più stringenti problemi attuali dell’umanità.
Problemi dai quali deriva la necessità di meditati ripensamenti e messa in discussione di concezioni
filosofiche
etiche
religiose
giuridiche
sociali
relative al senso della vita umana e dell’individuo fin dal suo concepimento, in una dimensione tanto del singolo che collettiva e nel suo rapporto con la biosfera.

Riferimenti bibliografici
M. EHRENBERG, La donna nella Preistoria, Mondadori 1992
J. J. BACHOFEN, Il potere femminile, Mondadori 1992
J. HABERMAS, Il futuro della natura umana, Einaudi 2002
A. BUCHANAN et al., From Chance to Choice, Cambridge University Press, 2000
A. N. SOFAIR, L. C. KALDJIAN Eugenic Sterilization and a Qualified Nazi Analogy: The United States and Germany, 1930 – 1945, Ann. Int.Med., 132,312-319, 2000
E.BENELLI, Chiusa la Conferenza del Cairo. Un bastimento carico di bimbi non voluti ? Tempo Medico, XXXVI, n. 22, 14 settembre 1994

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