Genova, P.zza Verdi 4/4 - 16121

 
MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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Pre Festival di Bioetica 2024

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Video incontri e convegni dell'Istituto Italiano di Bioetica

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di Alessandra Fabbri

La situazione d’emergenza che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo sottolinea la nostra suscettibilità ad essere feriti a causa della possibilità di vedere crollare i nostri punti di riferimento, di sentirci sopraffatti dalla paura dei nostri limiti e delle nostre fragilità.
Cerchiamo innanzitutto di conoscere la vulnerabilità
La vulnerabilità, in senso specifico, si riferisce alle situazioni di particolare fragilità di quei soggetti che, per età o condizione, richiedono una protezione extra-ordinaria. In senso generale, riguarda l’umanità o meglio la condizione di tutti gli esseri viventi che sono esposti, nell’arco della loro vita, al rischio di essere feriti.
Il significato generale di vulnerabilità ha una forte valenza etica e antropologica.
Paul Ricoeur ha sviluppato un’antropologia filosofica in cui l’esistenza umana viene definita una “fragile sintesi” tra la finitudine del corpo e il desiderio dello spirito. La fragilità si manifesta nella finitudine della nostra corporeità e della nostra temporalità; l’umana vulnerabilità presuppone che dobbiamo convivere con la mortalità e prenderci cura dell’altro come un soggetto fragile. Una convivenza che ha un aspetto positivo: «Tutte le virtù, coraggio, perseveranza, magnanimità, devozione della giustizia, ecc, non sono possibili senza vulnerabilità e mortalità»(1)
Il riconoscimento della tanto temuta vulnerabilità è significativo per scoprire la sua dimensione euristica e costruttiva che ci consente di guardare direttamente in faccia tutte le forme di vulnerabilità umana e non umana.
Il fatto stesso che si rivendichi l’esistenza di un principio di vulnerabilità apre il discorso morale ad una sensibilità rinnovata nei confronti di varie forme di vulnerabilità (2) o meglio nei confronti di tutti gli esseri viventi in una condizione di particolare vulnerabilità che richiede responsabilità e cura.
Una cura e una responsabilità che deve tradursi in azione, soprattutto verso i futuri cittadini, attraverso esperienze di welfare di comunità, che si fondino sulla condivisione, la possibilità di decidere insieme e di essere ascoltati

Le esperienze di Welfare di comunità sono molto diverse tra loro, possono manifestarsi come semplici gruppi di aggregazione della domanda oppure in forme di mutuo aiuto, fino a diventare gruppi organizzati di collaborazione in dialogo con le istituzioni. Alla base di queste esperienze vi è l’idea che facendo leva sulle risorse (economiche, di tempo, di cura, di competenza) delle famiglie e delle comunità e mettendole in dialogo tra loro, si produca qualcosa di più della somma dei singoli elementi (Pasquinelli 2018). Questo perché i beni e i servizi scambiati sono beni relazionali, cioè sono capaci di modificare le relazioni tra i soggetti coinvolti, relazioni significative e pronte ad evolversi attivando nuove forme di fiducia, di reciprocità, di responsabilità condivisa.(3).

Sono soprattutto i futuri cittadini, per il periodo di cambiamento psicofisico che stanno attraversando, ad avvertire la solitudine, la paura di essere feriti. I loro timori sono aumentati dalle richieste di una società frammentata, in continua emergenza, che ci vuole efficaci ed efficienti ad ogni costo.
I giovani, oppressi da queste continue richieste, hanno bisogno di speranze e di comprensione
In questa prospettiva penso a quanto sia importante l’educazione al confronto, al dialogo e all’ascolto, che aiuti soprattutto i giovani ad accettare i propri limiti, a considerare il fallimento come possibilità di crescita e cambiamento. Gli adolescenti sentono maggiormente il peso delle continue richieste di performance perfette, sono impegnati in mille attività ma non hanno occasione di esprimere i propri desideri.
Per coloro che lavorano con i giovani, è evidente quanto essi abbiano bisogno di speranze, di parlare e di essere ascoltati.
Nel liceo delle Scienze Umane, P: Gobetti, dove insegno emergono ogni giorno segnali di disagio: ansie, attacchi si panico, chiare richieste d’aiuto, espressione di un bisogno di raccontare le proprie paure, di essere ascoltati, non giudicati o valutati, di dare voce alle proprie vulnerabilità.
Da un sondaggio fatto da alcuni ragazzi (4) ai loro compagni nelle diverse classi, si avverte il bisogno di uno spazio di espressione e condivisione.
Alla domanda formulata dai ragazzi “Pensi che all’interno della scuola dovrebbero esistere spazi dedicati alla condivisione e all’ascolto delle proprie paure re e vulnerabilità il 95% degli intervistati ha dato risposta affermativa.

FABBRI Spazio etico 

Questi dati indicano la necessità di attivare uno spazio etico «inteso come luogo di ascolto, di incontro e di scambio di esperienza di vita», (5) uno spazio libero da condizionamenti, uno spazio di Cura, di un prendersi cura di tutte le paurose solitudini che i giovani avvertono e vivono.
Come potrebbe realizzarsi uno spazio etico all’interno della complessa realtà scolastica?
Sebbene realisticamente, riconosco sia di difficile realizzazione per la carenza di risorse umane ed economiche, credo sia importante trovare un ambiente all’interno dell’edificio scolastico aperto e accogliente: uno spazio dove i ragazzi possono andare, anche nei momenti ricreativi, per confrontarsi tra di loro. Uno spazio di ascolto discussione e confronto anche per i docenti: un luogo per condividere le proprie esperienze e le criticità emerse nella rapporto con il gruppo classe.
Nelle ore curriculari penso a un percorso all’interno di “Cittadinanza e costituzione”, disciplina svolta tutti gli insegnanti, un’attività di educazione al ben-Essere e al ben- vivere, seguita da tutti i docenti della classe per consentire un approccio interdisciplinare.
Dedicando alcune ore ai racconti dei ragazzi, analizzando con loro la situazione, percependo i loro bisogni, si possono trovare soluzioni. Una narrazione che include poiché può essere condivisa e, quindi, sollevare da ansie e paure. Uno o più docenti che svolgono il ruolo di facilitatori, in uno spazio dove alunni e insegnanti si siedano, in cerchio, insieme, per condividere esperienze e creare relazioni autentiche, lontane dal timore della valutazione.
Questo percorso è in sintonia con quanto espresso dall’ Agenda 2030 (6).
«Gli elementi essenziali dell’Agenda 2030 sono i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e i 169 sotto-obiettivi ad essi associati, che si raggruppano in cinque principi fondamentali quali le persone, il pianeta, la prosperità, la pace e la collaborazione (le 5 P; in inglese: people, planet, prosperity, peace, partnership). L’Agenda 2030 mira ad esempio a garantire il benessere di tutte le persone, lo sviluppo economico, la protezione dell’ambiente, affrontando aspetti come la pace, lo Stato di diritto e il buongoverno, essenziali per la promozione dello sviluppo sostenibile. » (7).
L’agenda 2030 concentra i suoi obiettivi sul benessere delle persone e dell’ambiente e sul loro prendersene cura. Questi obiettivi sono condivisi dallo spazio etico. È un percorso lungo perché il prendersi cura richiede un’ assunzione di impegno e responsabilità.
In una considerazione ampia del concetto di prendersi cura, applicabile a tutti gli ambiti, sanitari o educativi o rieducativi, è inevitabile richiamare le quattro fasi della cura, individuate da Joan Tronto,:
1. “l’interessarsi a” (caring about): implica il riconoscimento della necessità della cura in base alla percezione del bisogno e alla valutazione della possibilità della sua soddisfazione;
2. “il prendersi cura di” (taking care of): si esplica nell’assunzione di qualche responsabilità circa il bisogno identificato e l’impegno di rispondervi;
3. “il prestare cura” (care – giving): il soddisfacimento diretto dei bisogni di cura che richiede una presa di contatto tra i diversi soggetti;
4. “il ricevere cura” (care – receiving): è la fase finale del processo in cui il destinatario della cura risponderà alla cura che riceve e si potrà verificare l’effettiva soddisfazione dei bisogni. (8)
La pratica della cura richiama, conseguentemente, quattro elementi fondamentali da un punto di vista della teoria morale: l’attenzione, la responsabilità, la competenza e la responsività, elementi indispensabili anche per una concreta ed efficace azione educativa, capace di rispondere alle esigenze della comunità scolastica.

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Note
1. Ricoeur, Finitude et culpabilité, Paris, 1961. Cfr. anche W. T. Reich, Prendersi cura dei vulnerabili: il punto di incontro tra etica secolare ed etica religiosa nel mondo pluralistico, p. 82. In Annali di Studi religiosi, 3, 2002, Centro per le Scienze Religiose, Trento
2. Cfr, Ivi, p. 83
3. Cfr https://percorsiconibambini.it/relazioniacatena/2019/10/21/welfare-di-comunita-analisi-significati-contestualizzazione/

4. Cfr. Comitato Nazionale per la Bioetica, Vulnerabilità e cura nel Welfare di comunità. il ruolo dello spazio etico per un dibattito pubblico, 10 dicembre 2021 pag.15

5. Sondaggio svolto dagli alunni Lisi Filippo, Sall Soukeye Liliana, Sciutto Martinadella classe 4°B, indirizzo delle Scienze Umane, Liceo P. Gobetti, Genova

6. L L’agenda 2030 è “ Il frutto delle conferenze ONU per lo sviluppo sostenibile tenutesi nel 1992, 2002, 2012 e gli obiettivi di sviluppo del Millennio scaduti alla fine del 2015. L’Agenda 2030 rappresenta il nuovo quadro di riferimento globale per l’impegno nazionale e internazionale teso a trovare soluzioni comuni alle grandi sfide del pianeta, quali l’estrema povertà, i cambiamenti climatici, il degrado dell’ambiente e le crisi sanitarie. L’Agenda 2030 vale per tutti i Paesi, al Nord come al Sud, e pone una serie di priorità per lo sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030”. Cfrw ww.eda.admin.ch/agenda2030/it/home/agenda-2030/globaler-kompass-fuer-nachhaltige-Entwicklung.html

7. Ibidem

8. Cfr. J. C. Tronto, Moral Boundaries. A political argument for an Ethic of Care, Routlrdge, Chapman and Hall, 1993. Trad. it. Conifni morali – un argomento politico per l’etica della cura, Edizioni Diabasis, Reggio Emilia, 2006, pp. 121-123.

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