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MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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Pre Festival di Bioetica 2024

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Video incontri e convegni dell'Istituto Italiano di Bioetica

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Il Premio Bioetica 2022 è stato assegnato a Rossella Sobrero e le sarà consegnato nella serata conclusiva del Festival di Bioetica (Santa Margherita Ligure, 27 e 28 agosto 2022).

Rossella Sobrero si occupa da oltre 20 anni di comunicazione della Responsabilità Sociale d’Impresa e in tale ambito, insieme a Giacomo Ghidelli, ha fondato Koinètica, impresa che gestisce iniziative culturali e progetti editoriali in questo settore operando affinché “la sostenibilità non sia un’idea astratta ma un impegno concreto e continuativo”. Così nel sito è delineata la mission, spiegando che “lo sviluppo sostenibile è una nuova visione del mondo e un dovere non rimandabile”. Sobrero è docente all’Università degli Studi di Milano e all’Università Cattolica di Milano, presidente FERPI (Federazione Relazioni Pubbliche Italiana), componente del CdA della Fondazione Pubblicità Progresso e del Consiglio Direttivo del Sustainabilty Makers. Da anni organizza Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale, ha creato il blog CSR e Dintorni, ha dato vita al network CSR natives, una rete di universitari e giovani appassionati di sostenibilità.

Professoressa Sobrero da oltre 20 anni si occupa di comunicazione sociale e di CSR e ha pubblicato alcuni libri sul tema della sostenibilità. Da cosa è nata questa attenzione e perché ha deciso di dedicarvi tante energie?
Alla base della mia scelta c’è stato l’interesse per la funzione sociale della comunicazione e la considerazione che la comunicazione è un asset fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi strategici di qualsiasi tipo di organizzazione. Ma deve essere una scelta consapevole e deve essere realizzata in modo professionale.
Quando è nata Koinètica, nel 2002, la CSR (Responsabilità Sociale d’Impresa) era oggetto dell’attenzione solo di una parte del mondo accademico e di alcune grandi imprese. Da allora molte cose per fortuna sono cambiate e crediamo di aver dato un piccolo contributo a questo cambiamento.
Nel 2005 Koinètica ha organizzato Dal Dire al Fare che è diventato nel 2012 Il Salone della CSR e dell’innovazione sociale: oggi è l’appuntamento più atteso da chi crede nella sostenibilità. Riconosciuto come il principale evento in Italia dedicato a questi temi, il Salone ha contribuito alla diffusione della cultura della responsabilità sociale, offerto occasioni di aggiornamento, facilitato il networking tra i diversi attori sociali.
La 10° edizione è dedicata alle “Connessioni sostenibili”: siamo convinti che nel percorso verso lo sviluppo sostenibile è urgente migliorare il coordinamento delle strategie e delle azioni dei diversi attori sociali in una logica che va ben oltre la semplice collaborazione. Trovare soluzioni efficaci a problemi sociali e ambientali complessi non è facile: in un mondo interconnesso bisogna adottare un approccio multistakeholder e multidisciplinare mettendo insieme le competenze e le risorse di tutti.

Viviamo immersi in un flusso continuo di messaggi, anzi ne siamo sommersi. Il risultato, spesso, è che la comunicazione più che aiutare a scegliere, in realtà ci disorienta. Perché è importante comunicare in modo corretto la propria strategia di CSR?
In un momento in cui si parla molto di sostenibilità è ancor più necessario porre attenzione ai contenuti e alle modalità con cui si comunica. Dagli “enviromental claim” per promuovere in modo enfatico l’impegno ambientale alle immagini che evocano una dimensione valoriale non rispondente alla realtà: i rischi della comunicazione della sostenibilità possono essere di livello diverso.
Si discute molto del pericolo greenwashingper il sistema delle imprese. Per prima cosa perché incrina la fiducia dei consumatori e del mercato anche nei confronti di tutte le imprese anche di quelle che hanno scelto seriamente di modificare la propria strategia coniugando business con impegno sociale e ambientale. E, cosa ancor più grave, può indurre consumatori in buona fede ad acquistare prodotti non sostenibili o adottare comportamenti non corretti.

Abbiamo detto che si occupa di queste materie da due decenni, le chiediamo se ha visto dei cambiamenti maturare nel tempo?
Sono sempre di più le aziende che hanno deciso di assumersi una responsabilità in ambito sociale e ambientale e di partecipare al raggiungimento di obiettivi comuni. Oggi si parla di “Brand activism” per sottolineare che un’impresa non può essere un sistema chiuso ma deve diventare un soggetto capace di entrare in relazione con altri attori sociali. Sostenibilità e competitività non sono più due termini contrapposti: per restare sul mercato l’impresa deve ripensare l’organizzazione e la cultura interna, innovare le strategie di business, ridisegnare la relazione con gli stakeholder. Deve andare oltre l’attenzione ambientale e impegnarsi anche su finalità sociali: un passaggio significativo che sta modificando l’operato di molte aziende per allinearlo agli obiettivi dichiarati nei documenti aziendali.
Un cambiamento interessante è in corso anche nelle persone: molti, non solo giovani, hanno capito che nel processo di transizione ecologica il loro ruolo è molto importante. Questo significa partecipare alla gestione della cosa pubblica ma anche premiare le imprese più sostenibili. Lo si può fare informandosi, scegliendo un prodotto rispetto ad un altro, sostenendo con un click o un commento l’azienda che già percorre la strada della sostenibilità sociale e ambientale.
L’attivismo dei brand sta portando infatti conseguenze positive anche nel processo di decisione d’acquisto perché le persone preferiscono le imprese che si impegnano, che sono aperte, che condividono le preoccupazioni per il futuro.

Intervista a cura di Tiziana Bartolini

 

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