Per le fonti rinnovabili la parola chiave è: storage, cioè le possibilità l’immagazzinamento dell'energia. Articolo di Enzo Tortello (Ecoistituto ReGe)
Diamo per scontato di rinunciare al nucleare anche se è una opzione che eviterebbe l’emissione di ulteriori gas climalteranti. D’altra parte la costruzione di nuove centrali nucleari richiederebbe costi molto più elevati che in passato e tempi estremamente dilatati, anche a seguito dell’incidente di Fukushima. È quello che è capitato con gruppi che erano in costruzione in Francia (Flamanville) e Finlandia (Olkiluoto).
La transizione dalle energie fossili alle rinnovabili non può essere, realisticamente, immediata. Prima di tutto bisogna capire quali fonti rinnovabili siano realmente accettate. Quella geotermica, ad es., è da tempo criticata da molti perché considerata anch’essa inquinante. L’energia eolica stessa ha grandi oppositori: si veda, sempre ad esempio, l’ostilità recente della popolazione sarda verso il progetto di una wind-farm off-shore che prevedrebbe l’installazione di pale eoliche alte quasi 300 m. Le pale eoliche hanno già da tempo oppositori che lamentano il rumore provocato dalle stesse e la capacità di allontanare gli uccelli dalle loro rotte migratorie tradizionali. Qualche critica la raccolgono anche gli sbarramenti dei fiumi e la costruzione di dighe per realizzare gli invasi in quota. Recentemente è stato bocciato in Italia il solare termodinamico e, per questioni di autorizzazione, i componenti di una decina di impianti sono stati rivenduti in Cina. Inoltre, per il solare convenzionale, si preferisce utilizzare tetti e pareti di edifici, abitativi e industriali, per evitare ulteriore consumo di suolo, a meno di non disporre di ampi spazi disabitati (deserti), opzione difficile da realizzarsi in molte parti dell’Italia. Come si vede da questa panoramica, ogni tipo di fonte rinnovabile meriterebbe un approfondimento. Partendo dal presupposto comunque che l’energia da qualche parte bisogna prenderla, quelle sopra indicate sono le forme più amichevoli per il pianeta (volendo si potrebbero aggiungere l’energia fornita dal moto ondoso e le biomasse). Energie rinnovabili quali vento e sole, ad es., hanno il difetto di non essere programmabili e pertanto non possono soddisfare completamente le necessità dell’utenza a meno di non trovare il sistema di immagazzinarle opportunamente in sistemi di accumulo. Sono stati studiati diversi sistemi di accumulo (quello termodinamico di cui abbiamo già parlato, quello magnetico, quello a gravità, quello ad aria compressa, volani per l’accumulo di energia meccanica, ecc.). Il mezzo più tradizionale di immagazzinamento dell’energia è, però, costituito dagli impianti idraulici a bacino (con dighe in altura). In caso di carenza di energia l’impianto genera energia grazie alla caduta dell’acqua dal bacino alla centrale a valle, mentre, in caso di eccesso di energia, l’acqua viene riportata da valle (centrale) al bacino in altura. Questi impianti sono chiamati centrali di pompaggio (pumping storage power plants) e In Italia sono stati realizzati in passato con l’ipotesi di utilizzare,a costi marginali,l’energia disponibile di notte (quando la richiesta è minore) dalle centrali nucleari che funzionano sempre a carico di base.
Il sistema industriale più comune e diffuso, anche se si parla di taglie molto diverse è attualmente costituto dalle batterie. Ormai comuni nel campo automobilistico, le batterie (litio e sodio, in altre applicazioni) non sono così frequenti nel campo delle potenze industriali (un paio di prototipi sono installati sulla rete elettrica italiana).Le batterie hanno tra le loro caratteristiche la capacità (energia immagazzinabile), la massima potenza erogabile, il tempo di ricarica e, non ultime, la durata e la possibilità di smaltire i loro componenti a fine vita. Attualmente l’attenzione dei ricercatori è concentrata sull’idrogeno. Va subito chiarito, a scanso di equivoci, che l’idrogeno non è una energia ma un vettore che si presta bene anche all’accumulo. La molecola dell’idrogeno non si trova in natura e, pertanto, per avere dell’energia elettrica si deve procedere a una doppia trasformazione: dalla fonte primaria all’idrogeno e da questo ad energia elettrica ( come ogni combustibile che si rispetti può anche essere utilizzato nei trasporti: terrestre, navale ed aereo). L’idrogeno può anche essere ottenuto da una fonte fossile tradizionale: si parla quindi di idrogeno verde quando è ottenuto da fonti rinnovabili, blu quando è ottenuto da una fonte fossile con cattura e sequestro della CO2 ed, infine, grigio quando non sono previsti la cattura ed il sequestro della CO2 (CCS). Ora, la CCS è fortemente osteggiata dagli ambientalisti perché vista come un sistema per continuare ad utilizzare i combustibili fossili tradizionali (idrogeno blu). Un esempio è dato dal progetto Eni-Snam dell’impianto di CCS a Ravenna, in combinazione con la Centrale di Porto Corsini. Abbiamo quindi parlato del tema dell’immagazzinamento dell’energia, che è fondamentale nel caso di fonti rinnovabili non programmabili.
Nel passato più o meno recente abbiamo avuto casi di rischio black-out sia per carenza sia per eccesso di produzione di energia dalle rinnovabili. Ai fini della stabilità della rete occorre anche dire che i sistemi di produzione di energia elettrica che si interfacciano con la rete tramite convertitore non danno contributo inerziale. Per aumentare la stabilità della rete TERNA ha una ventina di nodi di regolazione principali, dove i gruppi sono in rotazione pronti ad intervenire (riserva “calda”). Con l’aumento degli impianti di energia che non danno contributo all’inerzia del sistema (quelli che si interfacciano tramite convertitori), TERNA ha deciso di provvedere all’ordinazione di compensatori sincroni rotanti accoppiati a volani, per aumentarne l’inerzia. Terna ha anche in programma di realizzare una decina di impianti di pompaggio negli Appennini dell’Italia Centro Meridionale.
Venendo alle centrali fossili convenzionali, quelle a carbone sono le meno efficienti (circa 45% nelle centrali più moderne) e le più inquinanti. Questo nonostante siano installati filtri per il particolato e sistemi di lavaggio dei fumi.
Le centrali a ciclo combinato (gas) hanno, invece, impatto ambientale molto più ridotto e rendimenti, in condizioni ISO, che superano il 60%.
Ovviamente, le centrali a carbone sono quelle più redditizie per il Produttore. Per quanto riguarda il gas ci sono centrali, in Europa, ferme perché, con l’avvento delle rinnovabili, non hanno garantito un numero di ore di funzionamento superiore al limite di convenienza economica (circa 3000 ore/anno).
Da notare che il “gas” così demonizzato sulla terra ferma è considerato una panacea per il trasporto marittimo: molte compagnie vengono additate come verdi perché già posseggono o hanno commissionato navi alimentate a LNG (Gas Naturale Liquefatto).
Riassumendo vanno sottolineati alcuni punti. La parola chiave per le rinnovabili è lo storage (l’immagazzinamento). Questo vuol dire investire nelle batterie aumentandone la capacità ma investendo in ricerca anche per l’allungamento della loro vita utile e lo smaltimento sicuro a fine vita. Altri parametri funzionali importanti per le batterie, oltre alla capacità, sono la massima potenza accettata in ingresso (inversamente proporzionale al tempo di ricarica).
Occorre, ancor di più, investire sull’idrogeno (elettrolizzatori, trasporto, celle a combustibile). È previsto un progetto pilota nel porto di Civitavecchia con la capacità di immagazzinamento di 300 MWh al giorno. L’energia potrà essere generata da sole, vento, moto ondoso e verrà immagazzinata in batterie e in serbatoi per l’idrogeno e verrà convertita in energia elettrica attraverso celle a combustibile. L’utente finale è il Porto di Civitavecchia con le sue utenze, incluse le imbarcazioni.
Si parla molto di generazione distribuita (dispersed generation) che prevede che ogni consumatore possa anche diventare produttore (prosumer). Da questo punto di vista la digitalizzazione è fondamentale (smart grid).
Per la stabilità della rete, però, e mantenere il servizio all’utente occorre anche investire nella rete di trasmissione. Ci sono infatti regioni che punto di vista delle rinnovabili sono favorite e non è detto che siano i siti più energivori. Questo richiede una capacità di trasporto adeguata dell’energia. Ricordiamoci, ad es., che ci sono centrali fossili non esercite a carico nominale (credo, tra queste, Brindisi) per l’impossibilità di trasmettere al Nord l’energia generata.
Da sottolineare che se in caso di fonti tradizionali potrebbe valere il concetto che chi ha bisogno di energia si prende il corrispondente inquinamento, nel caso di rinnovabili non dovrebbe avere senso tale paradigma.
In un quadro più complessivo occorrerebbe investire in una grande rete europea che aumenterebbe la stabilità e la flessibilità della fornitura.
Si potrebbe, infatti, pensare di produrre energia dal vento nelle varie wind-farm off-shore nel Nord Europa e energia dal sole nell’Africa del Nord e portarla sul continente tramite cavi sottomarini.
Non a caso, per l’Africa si parlava di un grande progetto chiamato Desertec.
Abbastanza interessanti sono da considerare i programmi che prevedono la disponibilità di energia (sole, vento, ecc.) per una più corretta programmazione.
Quindi bisogna investire sulla rete (il contrario della regionalizzazione).
Un altro concetto importante è che la CCS (Carbon Capture Sequestration) è da considerarsi negativa se destinata a mantenere l’uso del fossile ma, di per se stessa, sarebbe molto utile se fosse applicata alle centrali già in esercizio. In particolare per gestire il transitorio.
In conclusione bisogna segnalare un paio di altri concetti.
L’Europa che investe in programmi energetici ambientali (nonostante la ritrosia dei paesi dell’Est ad abbandonare il carbone) può salvare il mondo da sola, quando colossi come gli USA e la Cina non hanno programmi altrettanto verdi? Ricordiamoci che Trump ha vinto le elezioni precedenti anche grazie ai minatori delle miniere di carbone.
È da considerare equo che l’Occidente si sia sviluppato grazie alla possibilità di inquinare ed adesso pretenda che i paesi emergenti si sviluppino senza inquinare? È ovvio che occorrano delle compensazioni.
Enzo Tortello
Genova, 4 Novembre 2020