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MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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Pre Festival di Bioetica 2024

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Gli incontri registrati

Video incontri e convegni dell'Istituto Italiano di Bioetica

Video incontri e convegni dell'Istituto Italiano di Bioetica

Una rete regionale di sostegno psicologico per contrastare i possibili effetti dell’isolamento sociale imposto dal coronavirus. L’iniziativa è dell’Istituto Italiano di Bioetica, che ha raccolto utili iniziative proposte nei territori di Genova e La Spezia da alcune associazioni. “C’è la disponibilità, nostra e degli autori, a supportare la diffusione di questa esperienza anche in altre realtà - spiega Ivana Carpanelli - infatti stiamo ricercando iniziative analoghe già attive o in via di realizzazione. L’Istituto si pone come tramite per i contatti con i professionisti che offrono consulenze gratuite per affrontare i disagi derivanti dall’epidemia, che può comportare turbamenti emotivi e stati psicologici difficili da sostenere” (contatti mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).
Abbiamo raccolto le testimonianze della dottoressa Claudia Frandi, psicologa e psicoterapeuta, e di Ivano Malcotti, autore e attore teatrale oltre che educatore sociale. Sono entrambi componenti dell’Istituto Italiano di Bioetica e, insieme a Ivana Carpanelli, stanno curando il progetto.

CLAUDIA FRANDI, PSICOLOGA: QUARANTENA, MINORI E CAREGIVER
Quali sono gli effetti psicologici di un prolungato isolamento?
L'epidemia di coronavirus ha messo tutti noi di fronte a una misura precauzionale che forse conoscevamo poco: l'isolamento se non addirittura la quarantena. Secondo la maggior parte degli studi un periodo di quarantena può avere sulla persona effetti psicologici negativi tra questi si annoverano sintomi di stress post-traumatico, confusione e rabbia. I principali fattori di stress derivano dalla paura di essere stati contagiati, ma anche dalla frustrazione e dalla noia oltre che dalla consapevolezza di non poter sempre reperire informazioni adeguate. L’isolamento può portare ad una serie di cambiamenti che possono far insorgere disturbi dell'umore, conseguenze ancora più marcate nella fascia di popolazione particolarmente legata alla routine.
Ecco perché diventa di vitale importanza poter garantire le comunicazioni con l’esterno e in questo è d’aiuto la possibilità di utilizzare i social media per mantenere i contatti con amici e famigliari.
Altri fattori che possono avere effetti psicologici sono la mancanza dei beni di prima necessità, le scarse informazioni da parte delle autorità sanitarie pubbliche o di linee guida sulle azioni da intraprendere oppure avere molte informazioni ma contrastanti fra loro. C’è anche da considerare che la pandemia elicita in ognuno di noi paure legate all' incertezza e all'impossibilita di controllo e alla morte. Sono tutti fattori che possono scatenare sentimenti di ansia. La sensazione di impotenza può creare rassegnazione e scatenare depressione o atteggiamenti aggressivi verso chi è ritenuto responsabile.

Come psicologi e psicoterapeuti avete adottato particolari e nuove strategie?
In questo momento di grande difficoltà sanitaria, come psicoterapeuti siamo chiamati a scelte di senso e responsabilità: i servizi di terapia e consulenza psicologica continuano con modalità telematica e in video chiamata. Spero che questo momento sia di auspicio affinché le tecnologie vengano lette correttamente attraverso il loro più alto e nobile uso per accorciare le distanze e permettere contatti dove altrimenti non ci sarebbero.

Ci sono condizioni di particolare fragilità che richiedono specifica attenzione. Pensiamo ai caregiver…
L' isolamento è duro per tutti, ma chi lo affronta avendo in famiglia una persona con autismo o disabilità mentale deve superare problemi aggiuntivi poiché queste persone sono legate in modo particolare alle loro abitudini, che scandiscono le giornate dando sicurezza. Un pensiero in più va a loro e alle famiglie. Come aiutarle? In Liguria ci sono molte iniziative, in alcune delle quali sono coinvolta.

Per esempio?
A La Spezia una è nata nell’ambito di ‘Danseàvie corpo unico’, una scuola di ballo che da anni porta avanti progetti di danza e teatro e che si impegna a dare spazio a realtà come il book club, la scrittura terapeutica e i gruppi di crescita personale. Io curo questi ultimi due.
Di seguito riporto le parole di Francesca Domenici e di Greta Sabbatini, proprietaria della scuola.
Francesca tiene da anni il book club e Greta è l'insegnante di danza.
"Vicini anche se lontani... È un'esigenza forte quando i gruppi sono legati. E la danza ci lega gli uni agli altri come se fossimo in una perenne coreografia. C'è una condivisione che va oltre il gesto tecnico. Siamo abituati a sentire accanto la presenza, il respiro, lo sguardo. E questo ci rassicura, ci stimola, ci aiuta. E ora? Questo ci manca ora ma allo stesso tempo ci rendiamo conto che quanto si prova e si è provato in sala o sul palco è talmente intenso che possiamo ricrearlo. La tecnologia per fortuna c'è e ci viene in aiuto in questo.
Abbiamo creato un "muro" su Padlet con cui comunichiamo con i nostri corsi: un po' di storia della danza, un po' di stretching o di sbarra a video preparati dalle nostre maestre Greta Sabbatini e Elisa Ianniello, qualche lettura da ascoltare, qualche link utile o anche solo divertente. È un modo per esserci, per scambiarci un contributo in queste giornate in cui restiamo in casa per tutelarci gli uni con gli altri. La nostre allieve, anche le più minuscole, ci stanno mandando video sui gruppi di WhatsApp in cui, vestite di tutto punto ma anche con il pigiama, stanno ballando o si allenano. Perché la danza non si può fermare!"

Interessante il muro virtuale per i bambini e le bambine. Da quale idea muove?
I piccoli ci osservano e noi ne siamo consapevoli. L' idea è quella di dare spunti di lavoro a casa con i bambini e affrontare le loro domande su cosa sta succedendo: caricheremo letture di storie sulle emozioni dando consigli ai genitori su come portare avanti la riflessione insieme ai figli a storia conclusa. Sto cercando inoltre di organizzare incontri di gruppo on line a scopo di sostegno emotivo con gli adulti.

Alcuni consigli tra le mura domestiche?
Se è vero che siamo confinati in casa è anche vero che raramente siamo totalmente soli: possiamo fare cose insieme coltivando una comunione di intenti. Certo le persone con difficoltà mentali inevitabilmente avranno un nuovo, o anche più di uno, caregiver, ma non necessariamente questo sarà motivo di stress. Spesso relazionarsi ad un parente in veste diversa ci dà la possibilità di conoscersi in una maniera nuova. Anche i genitori, obbligati a casa con uno o più figli, avendo più tempo da dedicare loro potranno mimare alcune attività scolastiche sostituendosi temporaneamente ad educatori ed insegnanti mentre le scuole si stanno organizzando con lezioni a distanza. Anche questa è ricerca di nuova normalità. La speranza è che una volta passato tutto questo ci sia consentito scoprirci diversi ed arricchiti dalle esperienze che ora siamo costretti ad intraprendere, ma che un giorno potrebbero essere scelte deliberatamente per le loro connotazioni positive.

IVANO MALCOTTI : LE INFINITE STRADE DEL TEATRO DOMESTICO

Forte della consolidata esperienza del ‘teatro domestico’ praticato con la Onlus Gruppo Città di Genova, avete sviluppato e realizzato il “Teatro di Cittadinanza on line”. Come nasce l’idea?
Nasce principalmente dal nostro lavoro di operatori pedagogici teatrali o educatori. Quando abbiamo capito che le misure di contenimento del coronavirus potevano procurare eventuali tagli ad alcuni servizi sociali ci siamo chiesti come poter aiutare le famiglie, che si sarebbero trovate in grossa difficoltà a gestire da sole le situazioni di disabilità grave. Sappiamo che privare per lungo tempo le famiglie del supporto di un educatore può causare notevoli problemi alla persona disabile ma anche alla famiglia, Il lavoro dell’educatore è molto bello ma anche delicato: entrare in relazione con famiglie che portano problematiche profonde, richiede un notevole senso di responsabilità; mettersi nei panni dei genitori vuol dire anche avere la sensibilità di captare la stanchezza e le possibili dinamiche che si vengono a creare all’interno del nucleo familiare.
Ecco, siamo partiti proprio da questo punto: ovvero preoccuparci per la sofferenza, la fatica del nucleo famigliare esposto ad una diminuzione di interventi sociali. Abbiamo cercato di impostare un lavoro on line, con possibilità di entrare in contatto con l’utenza tramite Skype o inviando video prodotti artigianalmente e in maniera immediata anche su richiesta.

Che tipo di video vi chiedono le famiglie?
Ogni educatore, attraverso la conoscenza dell’utente, si occupa di portare avanti, in collaborazione con la famiglia, il progetto educativo individuale che prevede la strutturazione di attività allo scopo di favorire una condizione di benessere per il disabile. Perciò certe attività educative o di svago possono essere strutturate anche con un supporto virtuale per esempio, il cantare una canzone, fare domante per approfondire l’aspetto cognitivo, inviare cartoni animati, ma anche semplicemente una chiamata Skype per un saluto, per far sentire la vicinanza.

Avete tante richieste da parte delle famiglie?
Si decisamente. Anche se partito da poco è già molto richiesto e apprezzato, oltretutto diverse famiglie ci stanno aiutando nella progettazione dei video. Quando c’è una famiglia collaborativa si può davvero fare tanto, la famiglia è un anello fondamentale per la crescita di qualunque individuo soprattutto se questo individuo non è in grado di essere autonomo. È ingiusto descrivere i genitori dei ragazzi disabili solo come persone tristi ed arrabbiate, noi abbiamo la fortuna di conoscere famiglie che hanno reinventato un nuovo tipo di vita per stare al passo con i loro figli.

Un esempio…
Certo. Una bella famiglia di Sori (Genova) per far socializzare meglio il figlio disabile ha ripreso in mano gli strumenti musicali dopo vent’anni e ha trasformato la cantina in una sala prove dove ogni settimana si provano pezzi musicali in compagnia di altri musicisti e, naturalmente, del loro figlio. La mamma ha ripreso lezioni di canto e il padre suona il basso. Il loro gruppo si chiama “Liquorice dream” e fanno cover di rock anni ’70, ma anche contemporanei, e vanno in giro per concerti.

Il vostro progetto è destinato solo alle situazioni in cui ci sono persone con disabilità?
Assolutamente no, è pensato anche per la terza età oppure anche per tutti quei gruppi che a causa delle limitazioni non possono incontrarsi per fare teatro.

In questo caso come vi organizzate?
Inviamo testi teatrali e invitiamo chi desidera partecipare a mandarci video registrazioni realizzate da loro, dove possiamo correggere interpretazioni di dialoghi; oppure inviamo video con docenze teatrali per migliorare la dizione, imparare piccoli rudimenti di recitazione o letture di poesia.

Come è formato il vostro gruppo?
Il progetto della Onlus Gruppo Città di Genova lo portiamo avanti sostanzialmente in quattro: il Presidente Walter Mereta, Ivano Malcotti come autore teatrale, Valeria Stagno Counselor e Educatrice, Giorgio De Virgiliis come attore. Poi si aggiungono di volta in volta molti artisti come Stefano Cabrera e Flavia Barbacetto.

Festival di Bioetica 2024

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