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MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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Sociologo, psicologo, filoso­fo della cultura, Georg Sim­mel (1858-1918) - di cui ri­corre domani, 26 settembre, il centenario della morte – ci offre un ritratto spirituale molto variegato. Spirito libero, pensatore marginale, outsider nella comunità ac­cademica tedesca-- ebbe la cattedra di sociologia solo nel 1914 - ma molto cono­sciuto e apprezzato all'este­ro, appare come un nostro contemporaneo. A lui dob­biamo infatti, oltre ad opere fondamentali - basti citare "Sociologia", "Filosofia del denaro", "L'etica e i problemi della cultura moderna" - quell'apertura al mondo del­la vita che muove dal suo in­teresse per i fenomeni più minuti del sociale, per gli av­venimenti microscopici che

ne costituiscono la trama profonda. "La società esiste laddove più individui entra­no in azione reciproca. Im­pulsi erotici, religiosi o sem­plicemente socievoli, scopi di difesa e di attacco, di gioco e di guadagno, di aiuto e di insegnamento, fanno sì che gli uomini agiscono l'uno per l'altro, con l'altro o con­tro l'altro". Ecco il mondo mobile e vibrante che è og­getto del suo studio, guidato da uno sguardo che muove dalla superficie della vita, dalle sue forme più effimere - la moda, la civetteria, il gio­co, l'avventura - per interro­garsi sul loro significato se­greto più profondo. La cultu­ra filosofica non consiste per lui nella conoscenza di sistemi metafisici o nella profes­sione di singole teorie, ma in una dinamicità intellettuale che si congiunge ai fatti più diversi per coglierne il sen­so, un atteggiamento spiri­tuale che attraversa quindi ogni esistenza.

Ma soprattutto, il suo è un discorso che mira a segnala­re la complessità dei proces­si sociali e l'ambivalenza del­le tendenze che vi si manife­stano. Un esempio? Simmel sottolinea come lo stile tu­multuoso della vita moder­na, proprio per il suo caratte­re di massa, ha depresso la forma personale della vita e, tuttavia, gli sembra possibi­le evidenziare un movimen­to contrario: l'emersione di confronti, attriti, conflitti scatena infatti una moltepli­cità di relazioni che tendono a rafforzare quel sentimento dell'io che altrimenti reste­rebbe latente. La stessa plu­ralità di rapporti, la moltipli­cazione dei legami di appar­tenenza a diverse cerchie so­ciali - famiglia, associazioni professionali, religiose, cul­turali, partiti, club, ecc. - ga­rantiscono all'individuo possibilità di autonomia sconosciute alle epoche pre­cedenti. In una società com­plessa, infatti, ognuno si tro­va al punto d'incontro di nu­merose sfere, indipendenti l'una dall'altra, ciascuna del- le quali gli pone imperativi e richieste spesso in conflitto ma tale dinamica sociale, anziché indebolire la nostra individualità, può rafforzar­la. 'Il conflitto è la scuola in cui si forma l'io".

Senza dimenticare che a Simmel dobbiamo alcune delle analisi più penetranti dei temi che interessano l'attuale dibattito, dalle re­lazioni tra i sessi alle condi­zioni di marginalità. Da qui la particolare attenzione' per la figura dello straniero che, a differenza del viag­giatore che oggi viene e do­mani partirà, è colui che og­gi arriva e domani resterà. Elemento, quindi, del gruppo sociale da cui mantiene tuttavia una distanza, insieme critica e creativa: non è vincolato nelle sue azioni dalle abitudini e dai prece­denti, individua dei proble­mi dove tutti gli altri scorgo­no delle evidenze, mostra l'altra faccia delle cose già guardate. Né Simmel tra­scura la condizione e il de­stino di quella outsider in senso emblematico che è la donna nella cultura maschi­le. Quella femminile è, a suo avviso, la storia di un radi­camento e di un'esclusione: le donne hanno vissuto per secoli contemporaneamen­te dentro e fuori, ai margini della civiltà dominante. In ciò consiste la tragedia del sesso femminile: «Nessuno si chiede che cosa siano le donne in se stesse e lo si può ben comprendere per il fat­to che le norme e le esigenze maschili non valgono come specificamente maschili ma come obiettive, provviste di un valore assoluto e univer­sale. Morale e diritto rap­presentano pertanto la tra-svalutazione etica, e quindi la legittimazione, dell'ege­monia maschile».

Oltre ad aver identificato nelle relazioni tra i sessi uno dei problemi cruciali del mondo contemporaneo, il sociologo berlinese ha intu­ito l'importanza del concet­to di genere come categoria esplicativa e interpretativa dei processi socio-culturali della modernità, prefigurando i lineamenti di una cultura specificamente femminile.

Morire senza eredi spiri­tuali diretti è il destino dei filosofi marginali, come Simmel. Ma la loro eredità, per riprendere le sue stesse parole, "assomiglia a dena­ro in contanti che viene diviso tra molti eredi, di cui ognuno investe la sua parte in modo conforme alla sua natura, senza interessarsi dell'origine di quell'eredi­tà".

Da

Il Secolo XIX 25 SETTEMBRE —Arte e Società                                                   

Luisella  Battaglia

 

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