Genova, P.zza Verdi 4/4 - 16121

 
MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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MANIFESTO PER LA LIBERTA’ DI PROCREARE
(Consulta di Bioetica e Centro Studi Politeia)
 
Da tempo sono disponibili nuove tecniche di procreazione assistita, che in molti paesi sono state disciplinate con leggi e regolamenti. In Italia ciò non è avvenuto, soprattutto perché la parte preponderante della cultura cattolica ha avversato l'impiego di quelle tecniche e ha temuto che qualsiasi intervento ne fosse una legittimazione anche soltanto indiretta. Questo orientamento è stato seguito (o subito) da quasi tutte le formazioni politiche.
Le conseguenze sono state gravi, perché nel nostro paese non si sono garantite le condizioni minime di sicurezza sanitaria e sociale per le persone che finora hanno utilizzato la fecondazione assistita. Si sono anche sollevati scandali su alcuni casi clamorosi e discutibili, dando l'impressione che in Italia ci sia un "Far West procreativo"; un buon pretesto per invocare una legge severa, come se il disordine fosse dovuto alle tecniche mediche in sé e non alla mancanza di regolamentazione volta a prevenire eventuali abusi.
La fecondazione assistita è stata messa a punto come rimedio alla sterilità, e in quanto terapia essa non dovrebbe suscitare riserve in nessuno. Oltre a essere un rimedio alla sterilità individuale o di coppia, la fecondazione assistita apre anche altri orizzonti: per esempio, permette a una coppia che sia portatrice di rischi genetici di generare un bambino sano, e consente a una donna sola di generare un figlio al di fuori di un rapporto sessuale. A nostro giudizio queste prospettive vanno esaminate con attenzione e senza prevenzione. Esse consentono di prestare aiuto a chi incontra difficoltà procreative, di evitare ai nascituri malattie gravi e incurabili e separando la procreazione dalla sessualità consentono alla maternità di sperimentare vie diverse da quelle tradizionali. Del resto, secondo il diritto vigente, quella legittima non è l'unica famiglia riconosciuta e la relazione tra genitori e figli è comunque protetta anche al di fuori del matrimonio:unioni di fatto e figli nati fuori da coppie sposate pretendono e hanno riconoscimenti sempre più ampi.
E' difficile sostenere che sempre e comunque la presenza di due genitori legalmente sposati costituisca una garanzia per la buona crescita dei figli: la nascita da una coppia sposata non mette di per sé i figli al riparo da eventuali traumi e conflitti. E se è vero che a volte i figli concepiti naturalmente sono visti come un ostacolo alla libertà individuale o di coppia, nel caso di fecondazione assistita, dove i figli sono fortemente voluti, la loro nascita è spesso l'esito di un progetto tenacemente e consapevolmente perseguito. Pertanto le tecniche di procreazione assistita non danneggiano la qualità della relazione tra genitore e figlio e rendono invece possibili nascite che altrimenti non ci sarebbero: esse sono perciò nell'interesse del nato, che riceve la vita in un contesto umano solitamente pronto ad accoglierlo. Alla legge spetta il compito di tutelare gli interessi dei bambini garantendo stati familiari certi e protetti. Invece l'imposizione di forti vincoli all'accesso alle tecnologie di procreazione assistita (per esempio alle donne sole) costituisce una minaccia per la libertà di procreazione, uno dei diritti fondamentali della persona, perché la decisione di procreare (o di non procreare) ha un ruolo centrale circa il significato della vita della persone, la loro dignità e il loro senso di identità. Che quel diritto venga esercitato "naturalmente" o "artificialmente" non costituisce, di per sé, una distinzione di principio dominante.
Per giustificare una regolamentazione restrittiva della procreazione assistita si è sostenuto che le nuove tecnologie costituiscono un grave pericolo per l'umanità, perché aprono la strada all'oggettivazione o addirittura alla mercificazione della persona umana. Chi lo desidera, può vedere nella donazione di ovuli e spermatozoi una profanazione, nella disponibilità a ospitare nel proprio utero un embrione altrui un atto alienante, e deve essere libero di fare propaganda contro queste cose. Ma chi non condivide quelle concezioni deve essere libero di considerare queste cose alla stregua della donazione del sangue e degli organi. Probabilmente è possibile fare anche un uso "irresponsabile" dell'assistenza alla procreazione, come di tutto. Ma è assai maggiore l"'irresponsabilità" con cui ci si può riprodurre naturalmente. Anzi, chi propone norme che non si limitino a ridurre gli usi impropri della procreazione assistita, esalta in modo irresponsabile la procreazione naturale, quali che siano le condizioni nelle qua-li viene praticata.
Alle leggi chiediamo che mettano le condizioni per limitare i danni certi e non per configurare danni presunti, quali possono essere quelli derivanti da assunzioni soggettive sull'ordine della natura e sull'essenza della tecnica.
Le leggi devono permettere l'uso di tecniche mediche che consentano di prevenire la trasmissione di malattie, ma non devono trasformare in mali morali oggettivi i tabù che ciascuno è libero di rispettare ma che nessuno può imporre agli altri. Ai legislatori chiediamo che estendano e non restringano le nostre libertà, e che cerchino di scorgere nelle tecniche disponibili mezzi che aiutano a realizzare le aspirazioni dei cittadini, senza far prevalere le proprie convinzioni personali.
Chiediamo che il riconoscimento dei nuovi modi di procreazione non sia accompagnato da pesanti condizionamenti burocratici e sanitari, che potrebbero violare la vita privata dei cittadini ed essere un ulteriore fardello per chi deve seguire una strada di per sé non facile per mettere al mondo un nuovo essere umano.
 
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