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MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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Pasquale Giustiniani

Valori sociali e valori bioetici: cattolici, fatevi riconoscere

Il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card. A. Bagnasco, in una sua intervista a “Famiglia cristiana” nell'imminenza della tornata elettorale ha, tra l'altro, toccato anche il tema dei cattolici candidati, e di conseguenza alcuni di essi eletti, in varie liste elettorali, espressi cioè da schieramenti opposti. A tutti ha voluto ricordare la convergenza sui valori sociali e bioetici di riferimento. «In concreto», ha esemplificato, «un cattolico che sta a destra dovrà farsi riconoscere proprio quando si tratta di fare pressione per i valori della solidarietà. E se sta a sinistra, verrà allo scoperto proprio quando sono in gioco i temi della bioetica». Come a dire che, almeno attualmente in Italia, a destra si sarebbe oggi meno disponibili alla solidarietà sociale (evidentemente in nome di un liberismo esasperato), mentre a sinistra si sarebbe eccessivamente aperti a soluzioni bioetiche non del tutto consonanti con l'etica cattolica (le allusioni sono almeno alle nuove forme di famiglia ed ai temi della vita nascente e terminale).
A parte il riferimento, ormai problematico, ad una destra e ad una sinistra nelle attuali aggregazioni partitiche e di movimento; a parte la sommaria identificazione delle tendenze ideali di schieramenti che spesso hanno, frattanto, sostituito l'ideale al ben più terribile “reale” - o forse particulare - economico-finanziario e, spesso, si limitano soltanto al tecnico, o alla quadratura dei conti in banca, o anche alla ricerca di un nuovo driver di sviluppo, senza voler minimamente mettere in discussione il modello generale di sviluppo e gli stili di vita tardo-industriali, il vero nodo etico-sociale e bioetico di queste affermazioni sta, probabilmente, altrove. Ovvero nell'esigenza di “riconoscibilità” che ora viene chiesta ai laici cattolici, particolarmente nel momento della produzione di leggi riguardanti valori sociali e valori bioetici i quali, secondo il Presule, stanno o cadono insieme, quindi sono altrettanto “divisivi” sia sul terreno etico-sociale che su quello bioetico.
A giudicare da ciò che è avvenuto nelle precedenti Legislature, quanto, nell'iter parlamentare, è di fatto accaduto a norme di tenore bioetico, è sotto gli occhi di tutti. Così, dopo una fase di grande emotività normativa (de iure condendo), a seguito di casi eclatanti, come quello di Eluana Englaro, non si è riusciti ad andare molto in là circa il problema delle dichiarazioni anticipate di trattamento, all'interno del più ampio discorso dell'autonomo e consapevole consenso del soggetto ad ogni proposta di terapia medica o chirurgica. Intanto, le norme sulla terapia del dolore e sulla palliazione attendono ancora un verso seguito attuativo, per esempio sul versante della formazione universitaria dei futuri palliativisti, oppure, nelle Regioni del Sud, su quello di veri e propri luoghi di accoglienza solidale per i malati terminali e le loro famiglie (gli Hospices dove sono?).
Per altro verso, il nostro legislatore, laico o cattolico che sia, mi pare si stia accorgendo sempre di più che una norma di valore universale (almeno per il territorio nazionale) non sarà mai idonea alla prova “di resistenza nel tempo” rispetto ai vertiginosi progressi tecnoscientifici, né potranno essere percorsi dei sentieri normativi del tutto autonomi rispetto al contesto europeo di riferimento. Circa quest'ultimo aspetto, la prova del nove è stata ben rappresentata dalle sorti della Legge sulla procreazione medicalmente assistita, demolita nei suoi punti portanti dalla Corte Costituzionale e problematicamente applicata in altri punti qualificanti, quali la criopreservazione degli embrioni generati e la loro futura “destinazione”. Né è opportuno che la conflittualità sociale venga lasciata soltanto alle decisioni dei Tribunali che, peraltro, valgono soltanto caso per caso.
Farsi riconoscere e venire allo scoperto non è un appello soltanto per i credenti, ma per tutti, purché, però, la richiesta di riconoscimento non avvenga dopo aver indossato una sorta di maglia o di casacca sportiva, come in occasione di una gara o di una partita. Sui temi sociali e bioetici l'unica casacca ammessa non domanda previamente il “patentino” di laico o cattolico che sia, ma il riconoscimento e la condivisione di qualcosa che viene prima delle stesse determinazioni di area e perfino delle appartenenze religiose: la dignità della persona umana. In questo senso, se potius quam iuris, persona est nomen theologiae, il richiamo al “riconoscimento” di idealità non può essere strumentale ad una stagione elettorale che, presumibilmente e pessimisticamente, non consentirà di governare il Paese, bensì al radicale cambiamento del modo di vivere e di stare al mondo, si spera assai diversamente, negli ambiti della vita sociale, etica e politica dell'Italia. Ritornare alla centralità della persona e della soggettività umana è un impegno che non ha colore.

Febbraio 2013

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