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MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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L’Islam e noi, reciprocità senza deroghe

Luisella Battaglia

(da “Il Secolo XIX”, 4/2/06 p.15)

Una doverosa premessa: difendo strenuamente la libertà di pensiero, di espressione, di stampa, di satira; sono fermamente convinta che tali libertà costituiscano una componente irrinunciabile della nostra identità europea, una sorta di DNA culturale, altrettanto se non più importante di quello biologico; non credo in alcun modo che chicchessia – tanto meno l’Europa.- debba ‘chiedere scusa’ per le vignette ‘blasfeme’ ...
Penso, tuttavia, che sia doveroso oggi per noi – cittadini di una società multietnica in via di faticosa formazione – intraprendere una difficile riflessione sui nuovi diritti e i nuovi doveri , sulle regole che dovrebbero guidarci, evitando nella misura del possibile, rivendicazioni orgogliose e aggressive alla Fallaci –Feltri (del tipo ‘meglio morire in piedi che vivere in ginocchio’) o , su un altro versante elucubrazioni nostalgiche alla Socci-Cardini del tipo: ‘la colpa dell’Occidente è di aver perso la dimensione del sacro’.D’altra parte, quel Voltaire che si cita fino allo sfinimento e che rischia di divenire stucchevole come i pensierini dei Baci Perugina d’antan (‘ Non sono d’accordo con ciò che dite, ma mi batterò fino alla morte perché nessuno vi impedisca di dirlo>) è anche autore di un dramma Maometto o il fanatismo in cui si condanna ogni superstizione religiosa .Come la mettiamo? Il campione della tolleranza scrive un libro che oggi riterremmo ‘politicamente scorretto’? Si dà il caso che tolleranza e relativismo etico non siano affatto sinonimi e Voltaire , senza alcuna contraddizione, può enunciare i suoi principi generali e combattere contro i suoi eterni nemici.
Ma Voltaire – si dirà – viveva all’epoca dei Lumi, non doveva certo affrontare i problemi che avrebbero afflitto ai nostri giorni l’autore dei Versetti Satanici. L’osservazione è pertinente e dovrebbe attrarre tutta la nostra attenzione. In effetti il mutamento del contesto sociale e storico è decisivo. La nostra società si è impegnata in un dialogo tra le culture e ha accettato realisticamente il sistema delle deroghe – un esempio per tutti : la macellazione rituale – senza troppi scandali, a quanto pare. Dobbiamo prendere in considerazione – lo ricorda assai bene Jean Daniel su ‘Repubblica’, – che noi europei siamo prima di tutto cittadini e poi credenti, agnostici etc., mentre gli islamici sono prima di tutto credenti e poi cittadini. Prenderne atto – sia ben chiaro – non è nutrire le nostalgie di cui sopra, i rimpianti di un mondo in cui ‘la fede era una cosa seria’, ma semplicemente prendere sul serio il compito che ci siamo prefissi : quello di una rispettosa convivenza. Ma che cosa significa il rispetto tra le culture? Che cosa richiede dalle due parti?
Se ci si avvia in questa difficile strada ciò che si deve esigere è che il dialogo impegni entrambi gli interlocutori ad elaborare un sistema di regole condivise e vincolanti. E la prima regola – occorre dirlo con la massima chiarezza – non può non essere quella della reciprocità.
Se l’Arabia Saudita esige il massimo rispetto per Maometto deve assicurare pari rispetto per la fede cristiana e i suoi simboli e, pertanto, non può in alcun modo impedire ai credenti di esibire il crocifisso. Né si venga a dire che il problema della reciprocità è mal posto, che l’occidente non deve esigere il contraccambio. Perchè? In nome di che cosa? Forse perchè dovremo dimostrare la nostra ‘superiorità’ – ma allora si tratterebbe paradossalmente di un atteggiamento al fondo ‘razzista’- o riconoscere colpe da espiare – incrementando in tal modo un altrettanto paradossale ‘vittimismo’?
L’Europa., alla quale ci si è impropriamente rivolti come a una ‘colpevole’ che dovrebbe giustificarsi e scusarsi ( di che cosa? a quale titolo ?) è ,a ben vedere, l’istituzione che dovrebbe farsi carico responsabilmente di avviare un dibattito interculturale a tutto campo in grado di dirimere ,anche per il futuro, tali questioni. Il primo passo verso una società multietnica è la reciprocità. Tutto il resto è retorica e buonismo. Nel villaggio globale che siamo diventati la reciprocità non può – non deve – ammettere deroghe.

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