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MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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“Cure compassionevoli” per la bioetica italiana?

Mauro Fusco

Era l'inizio settembre dello scorso anno quando, in occasione della prima giornata del corso ECM organizzato dall’Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri Napoli in collaborazione con l'Istituto Italiano di Bioetica Campania, ebbi la non proprio felice idea di presentare, come esempio del difficile rapporto tra politica e magistratura sui temi di bioetica, il cd. “caso Celeste”. Era la triste vicenda della bimba di 2 anni, malata di atrofia muscolare spinale, che per la prima volta portava all'attenzione delle cronache e dei giudici la controversa somministrazione, qualificata come cura compasionevole, di cellule staminali mesenchimali con il metodo messo a punto dalla Stamina fundation. Ricordo ancora, non senza provare un certo imbarazzo, la reazione, piccata ed energica, di alcuni medici in sala che evidenziavano l'assoluta infondatezza scientifica della terapia somministrata presso gli Spedali Riuniti di Brescia, con i toni, tutt'altro che conciliatori, che nel novembre 2012 avrebbe poi usato la Commissione ministeriale incaricata di fare luce sulla vicenda che definì «fuori da ogni norma» i farmaci usati da Stamina, evidenziando, altresì, che il loro uso avrebbe comportato «condizioni di rischio reale» per i pazienti.

A solo pochi mesi di distanza, mesi in cui il dibattito sulle cure compassionevoli è uscito dal sancta sanctorum degli addetti ai lavori ed è approdato ai media, mi ha pertanto decisamente sorpreso leggere che la Consulcesi, la più grande associazione europea di tutela e difesa dei diritti dei medici, che annovera al suo interno circa 40 mila associati, reclamava un intervento legislativo che consentisse di superare il blocco, imposto dall'AIFA e dal Ministero (attualmente superabile solo con pronunzie caso per caso della magistratura), all'applicazione del trattamento messo a punto dalla Stamina fundation. Allo stesso modo mi ha colpito vedere quello stesso Minische definiva “fuori da ogni norma” quelle somministrazioni di staminali non adeguatamente sperimentate, controllate e validate dalla comunità scientifica, portare in parlamento un decreto in cui si consente a chi abbia già iniziato la cura con il metodo Stamina di proseguire la terapia con ulteriori somministrazioni di cellule, nonché la possibilità per i prossimi 18 mesi di ampliare la platea di pazienti senza dover ricorrere al giudice, seppur all'interno di "sperimentazioni cliniche controllate presso strutture pubbliche" e con medicinali preparati in idonei laboratori.

Cos'è successo in così pochi mesi? E' cambiato qualcosa in quella ricerca ritenuta inaffidabile e priva di evidenza scientifica? E' cambiato qualcosa in quel laboratorio degli Spedali di Brescia che l'AIFA aveva definito “inadeguato sia dal punto di vista sia strutturale sia per le cattive condizioni di manutenzione e pulizia” o in quella tipologia di somministrazione che la stessa AIFA aveva ritenuto una “sospensione cellulare che non è in alcun modo identificabile come cellule staminali”? Assolutamente no.
L'unica cosa che è cambiata è che grazie al notevole impatto emotivo dato dalle storie di bambini affetti da patologie rare o incurabili per le quali non c'è tempo di aspettare l'iter lunghissimo di trials e sperimentazioni ufficiali (ove mai avviate), quello stesso Ministro che aveva sempre opposto uno sdegnato rifiuto dinanzi alla speranza, per quanto fievole, data dalle infusioni di cellule mesenchimali operate dalla Stamina fundation, ha ceduto su quella che era innanzitutto una questione umana prima che scientifica, medica o giuridica. Con questo non si vuol assolutamente sostenere, si badi bene, che la controversa fondazione abbia trovato la panacea a patologie gravi ed incurabili come l'atrofia muscolare spinale, la leucodistrofia metacromatica o il morbo di Niemann Pick, ma soltanto che, stante la mancanza di cure e l'esito infausto di tali patologie, appariva francamente crudele negare quella speranza, quel sorriso, quei pochi passi in più che sembrerebbe le discusse infusioni possano regalare ai piccoli ed incurabili pazienti.

Era questo lo spirito alla base decreto Turco-Fazio del 5 dicembre 2006, che definiva per l'appunto compassionevoli, quelle terapie al di fuori delle sperimentazioni ufficiali, applicabili soltanto “in caso di pericolo di vita del paziente o di grave danno alla salute o di grave patologia a rapida progressione in mancanza di valide alternative terapeutiche”. Era in quest'ottica che avrebbero dovuto essere inquadrate le infusioni di cellule mesenchimali, non certo un'alternativa alle sperimentazioni o alle ricerche ufficiali, eseguite secondo i crismi della evidence based medicine.

Il poco spazio a disposizione non consente purtroppo di addentrarsi più di tanto nel problema, quel che però si voleva evidenziare con questa breve riflessione è che per la prima volta da diversi anni anni a questa parte (si deve risalire al caso Englaro per trovare l'ultimo precedente), l'opinione pubblica è tornata ad occuparsi di un tema di bioetica, seppure per pochi giorni. Occorrevano le storie tristi di Celeste, Smeralda, Sofia, Salvatore ed Erika e degli altri bambini nelle loro condizioni, affinché si vedessero di nuovo raccolte di firme, manifestazioni, reportage televisivi per ricordare a chi ci governa o, rectius, chi vorrebbe o dovrebbe governarci, che non esiste soltanto lo spread, il patto di stabilità, il decreto salva-imprese ma che ci sono anche questioni importanti che dovrebbero finire in quei programmi elettorali in cui la bioetica è da tempo scomparsa. Purtroppo però, oggi come in passato, messa a tacere la questione con l'ennesimo decreto “tappabuchi” varato da un governo agli sgoccioli, il mondo politico si scrollerà quanto prima di dosso la rognosa questione per ritornare sui temi più usuali della politica, lasciando come sempre il paese privo di quegli interventi normativi che medicina, scienza, ricerca e nuove tecnologie reclamano con sempre maggiore insistenza. Sotto questo profilo il dibattito politico sui temi di bioetica appare quasi un caso disperato, bisognoso più che mai di una cura “compassionevole” che ci ridia quantomeno la speranza che le cose, soprattutto da un punto di vista normativo/legislativo, possano finalmente cambiare.

Maggio 2013

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