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MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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La Bioetica tra Scienza e Fede

Lorenzo De Caprio

L’articolo di Raffaele Prodomo è molto articolato e tocca diverse questioni, pertanto preferisco avanzare qualche osservazioni sui punti che più hanno destato in me degli interrogativi.
Noto, per esempio, che l’opposizione Scienza-Fede suonando nel titolo come Ragione (la scienza) contro la Sragione (la fede) fa pensare ad un pregiudizio che il testo poi s’incarica i smentire.
L’appello alla Ragione, implicito nel testo, è più che condivisibile, ma come è poi messo in evidenza viviamo in tempi strani. Si assiste alla esplosione e radicalizzazione dei conflitti ideologici, alla criminalizzazione della controparte e non a caso ci si sofferma sul cosiddetto “laicismo” e la Scienza appare come riassunta da Dawkins, Dennet ed Oddifredi; mentre la Fede dalle correnti fondamentaliste che traversano le religioni monoteiste. Se questi sono gli interlocutori non c’è nessuna illuministica Ragione che li possa mettere d’accordo. Questo per dire che trovo uno iato tra il titolo ed il testo. Testo che avrei titolato: la bioetica tra i fondamentalismi laico-scientisti e religiosi.
Il termine “Fede” solleva in me delle perplessità e qui pongo la domanda: perchè ricorrere al termine Fede e non al termine “Religione”?. O meglio ancora Chiesa, intendendo con essa la forma storica di un credo religioso?
A proposito della “Fede”, le Chiese dovrebbero domandarsi perché non c’è rivolta contro i dogmi della matematica mentre c’è rivolta contro i dogmi della religione. Non è vero che i dogmi matematici sono più comprensibili. La legge dei quadrati inversi è incomprensibile all’uomo comune quanto il credo di Atanasio. (G.B. Shaw).
Il matematico Oddifredi crede negli assiomi della matematica. Il fedele crede nei dogmi della religione
La fede che Oddifredi mostra verso gli assiomi della matematica, è diversa dalla fede dei fedeli? Per Oddifredi sono evidenti i principi indimostrabili della matematica in cui crede, per i fedeli sono evidenti i principi indimostrabili della religione in cui crede.
A mio avviso la posizione di Oddifredi nei riguardi dei cristianesimo non è “scientifica” ma solo ideologica. Senza sapere nulla di antropologia culturale e di storia delle religioni il matematico messi gli abiti tardottocentesci del laico positivista mangia-preti (socialista o liberale che sia) trincia giudizi autoreferenziali. Giudizi e sentenze forti del fatto di essere emessi dalla laringe di uno scienziato, laringe connessa ad un superiore cervello “scientifico”, vale a dire: cervello capace di navigare in lungo ed in largo per tutto lo scibile umano. Cervello matematico capace di risolvere con formule ed equazioni la complessità del cristianesimo.
In che termini è “razionale”, ma meglio potremmo dire è rappresentativa della “Scienza”, la spiegazione naturalistica della religione. Dawkins presenta come verità scientificamente dimostrata quella che è solo una sua teoria; un’ipotesi esplicativa neanche originale. E se fa ciò è perché lui crede nel suo meme, ha fede nella sua Genetica. La verità del genetista altro non è che una cattiva rifrittura delle vecchie credenze del positivismo tardo-ottocentesco. Il valore “scientifico” delle spiegazioni riduzioniste e naturalistiche dei fenomeni religiosi appare evidente quando si considera che non hanno lasciato traccia di sé in quella Scienza che si chiama antropologia culturale. Dawkins mosso da un pre-giudizio ideologico o forse da una personale antipatia nei confronti dei monoteismi tende solo a svalutare, a ridicolizzare le religioni che si fondano sul “Dio personale”. C’è da domandarsi se sappia che esistono altre forme di religione e quale potrebbe essere il suo atteggiamento verso i politeismi (induismo) o verso i credo che lasciano nell’indeterminato indeterminabile la domanda: esiste Dio? (il buddismo).
Ancora più ideologico, stantio e molto più pericoloso il tentativo metarazzista di attribuire a determinanti genetiche i prodotti socio-culturali, nel caso la religione. Nel momento in cui le credenze religiose sono assunte con tipica protervia veteropositivista a manifestazioni di una mente “inferiore”: infantile, fantasiosa, credulona, inguaribilmente irrazionale, va da sé che la mente “superiore” è quella “scientifica” che naturalmente Dawkins al meglio personifica.
Il meme gene “culturale” è ideologicamente fondato al pari del gene della omosessualità, della devianza, della depressione, delle inferiorità….
A partire dagli anni ’70 si assiste al revival di forme di determinismo biologico nell’ambito della genetica, della sociobiologia, della etologia, della psicologia. La spiegazione naturalevoluzionista del genetista ben si sposa con quella dell’etologo L.Eibl-Eibesfeldt, spesso citato da gruppi neonazisti e dagli ideologi della nuova destra, assai apprezzato e intervistato anche dai media europei e italiani in particolare. Sostenitore di un rozzo determinismo naturalistico- che lo induce a sostenere impudentemente corbellerie del genere: <<l’evoluzione culturale="" copia="" quella="" biologica="">>; <<l’individualismo imprenditoriale="" dell’economia="" di="" mercato="" è="" conforme="" ai="" principi="" dell’evoluzione="" biologia="">>.(A. Rivera)
Premio Nobel in Medicina insieme a Francis Crick per la scoperta del DNA, James Watson nel 2003 pubblica “DNA”. Nel primo capitolo: “albori della genetica”, l’eugenetica di fine ottocento e della prima metà del XX viene respinta perché, in quanto fondata su inconsistenti evidenze scientifiche, si sarebbe allontanata dalla via della Morale. Nel recentissimo “Avoid Boring People, lessons from a life in science”, Watson dà nuova copertura ad un classico del razzismo scientifico ottocentesco: la relazione tra razza ed intelligenza. Le persone di colore africane sono meno intelligenti dei bianchi; la teoria secondo cui la capacità raziocinante è uguale per tutti gli individui è falsa. Watson assicura che entro una decina d’anni saremo in grado di identificare i geni responsabili delle differenze d’intelligenza… prima o poi sarà possibile curare la stupidità grazie allo screening ed all’ingegneria genetica … e poi?
Poi, si ritorna al vecchio problema:
L’aspirazione al Superuomo non cominciò da Nietzsche, né finirà… Ma che tipo di persona ha da essere il Superuomo? Non si chiede una super-mela, ma una mela mangiabile, non si chiede un super-pollo ma un pollo commestibile. Chiedere il Superuomo è inutile: bisogna specificare l’uomo che si vuole. Disgraziatamente non si sa che uomo si vuole. Una specie di filosofo-atleta, con una bella donna sana come compagna, forse.
Per quanto vago sia, è sempre un grande progresso sulla popolare richiesta di un perfetto signore. E, del resto, nessuna richiesta sul mercato del mondo assume la forma di una esatta specifica tecnica dell’articolo voluto. Si producono ottimi polli e ottime patate per soddisfare le richieste di massaie che non conoscono le differenze tecniche tra un tubero ed un pulcino. Vi diranno che la prova è nell’assaggio; e hanno ragione.
La prova del Superuomo starebbe nella convivenza; e troveremo il sistema di produrlo secondo il vecchio metodo della prova e dell’errore…
Certi errori comuni e ovvi possono essere evitati fin dall’inizio. Per esempio siamo d’accordo sul fatto che desideriamo una mente superiore, ma bisogna evitare la sciocchezza tipica dei circoli calcistici per i quali la mente superiore è prodotto di un corpo superiore.
Se ragioniamo tanto da concludere che la mente superiore consiste nell’essere vittima del nostro voler classificare in modo etico le virtù e i vizi, insomma della moralità convenzionale, cadiamo dalla padella del circolo calcistico nella brace della scuola serale. Se dobbiamo scegliere tra una razza di atleti ed una razza di “buoni” uomini, prendiamo gli atleti: meglio Sansone e Milone che Calvino e Robespierre. Ma… Sansone non è più Superuomo di Calvino. E allora che si ha da fare? (G.B. Shaw 1903!)

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