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MANIFESTO PER UNA BIOETICA LIBERALE
 
E’ possibile nel nostro paese una bioetica liberale, una bioetica – intendo – che ponga deliberatamente al suo centro il valore dell’autonomia individuale, che riconosca una netta divisione tra sfera della morale e sfera della legge, che coltivi un autentico pluralismo etico?


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La Torre Maria Antonietta, Bioetica e multiculturalismo. Verso una bioetnoetica, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, [Collana: Bioetica e Valori], 2004, pp. 123, Euro 10,50 - ISBN 88-495-0964-2
Modi diversi di pensare la vita, la religione, la società, i rapporti familiari e la salute si incontrano e scontrano nelle società occidentali, esposte da ormai più di due decenni ad intensi flussi migratori. Le sfide poste a modelli etici e politici, che gli Occidentali ritenevano solidi e consolidati, prendono la forma di quesiti che toccano le sfere più intime della vita personale. Questo volume contiene molteplici stimoli e proposte di riflessione ed una interessante proposta etica.
Due temi in particolare meritano l’attenzione di La Torre. Il primo riguarda la nozione di salute, un concetto che acquista connotazioni differenti in contesti culturali distanti tra loro; le diverse visioni della salute prevedono in genere alternative modalità e pratiche terapeutiche, che la medicina tradizionale occidentale – e quindi il personale sanitario – spesso guarda con sospetto. Il secondo, che costituisce un potente fattore di attrito, riguarda la subordinazione delle donne agli uomini: alcune culture e tradizioni religiose adottano principi e valori morali che presentano come “naturale” tale condizione, oggi stigmatizzata nel mondo Occidentale. Una conoscenza superficiale, talvolta volontariamente banalizzata e fondata su stereotipi, di queste realtà così distanti dalle nostre, rischia di tradursi in una politica sociale discriminatoria messa in atto dai Paesi ospitanti.
Nello sforzo teso a superare queste ristrettezze, senza perdere di vista l’obiettivo ultimo di una fondazione dell’etica per la società contemporanea, La Torre propone alcuni quesiti cruciali: quanto e quale spazio – politico sociale etico – e quali eventuali tutele si possono attribuire a soggetti che rappresentano comunità minoritarie all’interno della cultura occidentale? È auspicabile che la società imponga a tali comunità regole generali per la convivenza e la condivisione dei suoi codici giuridici, ed invece escluda interventi nella sfera privata di questi individui?
Nell’Introduzione l’A. introduce il lettore all’esame dei modelli bioetici in uso, i quali lasciano irrisolte numerose questioni, e forniscono risposte spesso inadeguate. La proposta che si fonda, ad esempio, su un modello di estensione universale di valori e diritti a tutti gli esseri umani, secondo La Torre trascura le peculiari differenze tra soggetti; parimenti il modello di un’etica del minimo-comun-denominatore (sostenuto dal pensatore statunitense H.T. Engelhardt) dimentica che alcuni sistemi religiosi, come quello musulmano, investono di significato molti aspetti delle attività umane, in modo così peculiare da mettere in pericolo la possibilità di instaurare un dialogo tra esponenti di culture diverse.
La Torre esplora un nuovo percorso e ricerca “un orientamento morale che consenta di esaminare alla luce di valori e principi la condotta umana nell’area delle scienze della vita e della salute dinanzi a prospettive valoriali differenti”, capace di operare scelte “prendendo a riferimento un’etica che non sia derivata da una fede o da una tradizione specifiche” (p. 21). Sotto il profilo metodologico l’A. adotta una prospettiva di natura ermeneutica e raccoglie l’eredità degli studi demo-etno-antropologici con lo scopo di “sgomberare il campo dalla convinzione più o meno esplicita che il riconoscimento del valore di altre culture e civiltà debba implicitamente sottrarre valore alla propria” (p. 22). Con queste premesse, La Torre affronta nel Capitolo I l’esame dei rischi che si corrono sul piano politico-sociale e del diritto quando si cerchi di rispettare l’alterità e la diversità culturale senza dare la dovuta importanza ai diritti umani e alle libertà fondamentali degli individui. Un caso emblematico citato dall’A. riguarda le mutilazioni sessuali femminili: si può accettare che in nome del rispetto di tutte le culture una persona sia sottoposta ad una pratica che procura diminuzione dell’integrità fisica? Quali limiti si devono stabilire all’ingerenza del diritto nella sfera privata?
Il Capitolo II contiene una proposta etica, di applicazione pressoché immediata, e su di essa concentreremo la nostra attenzione. Occorre sin d’ora rilevare che La Torre ricorre ad un modello etico di universalismo debole radicato nella solidarietà; una scelta obbligata, risultato del venire meno della possibilità di un universalismo dei valori, il quale non può essere imposto dalla cultura egemone a quelle minoritarie, a meno di non voler creare una deplorevole forma di ‘imperialismo culturale’. Il ripiegamento su un universalismo procedurale che impieghi lo strumento del giudizio bioetico – “aperto e privo di regole, e perciò più libero e rispettoso delle differenze” (p. 94) – e l’opzione etica della cura diventano indispensabili nell’affrontare i quesiti morali emergenti in una società multiculturale.
Il ‘giudizio bioetico’, che deve “raccogliere tutti gli elementi della situazione e formulare entro di essa il giudizio sulla prassi più idonea ” (p. 94), in combinazione con l’etica della cura, “intesa come disponibilità a conoscere la realtà complessa che è sottesa alla richiesta di salute e che si traduce in un orientamento all’ascolto” (p. 98) e, più in dettaglio, come “modello di ‘preoccupazione’ fondata sulla conoscenza della realtà dell’altro” (p. 101), secondo La Torre consente di articolare giudizi morali capaci di guidare le scelte in ambito sanitario nel rispetto dell’imparzialità di trattamento e della solidarietà. L’accento sull’aspetto relazionale dell’etica e sui principi di imparzialità e solidarietà ha importanti conseguenze anche sul piano pratico: l’individuo non può pretendere che in seno alla società sia accolta qualunque istanza etica, dal momento che la tolleranza nei confronti di chi è diverso non si può tradurre nell’indifferenza per le azioni che questi compie. D’altra parte, a fugare ogni equivoco, è proprio l’A. a sottolineare che ogni società ha il diritto di imporre limiti e condizioni nel rispetto delle quali deve vivere chi è ospitato.
Ci sembra dunque di poter concludere che secondo La Torre i limiti possano essere stabiliti unicamente a posteriori, al termine di un percorso che coinvolge più soggetti e che deve avere un costante punto di riferimento: la dignità dell’uomo a prescindere da razza cultura sesso. È un concetto questo che meriterebbe una maggiore attenzione, dal momento che l’apertura verso l’altro, il prendersi cura di lui sono possibili soltanto riconoscendone la dignità: diversamente ogni tentativo di instaurare un dialogo fallirebbe sul nascere.
Rosangela Barcaro
Indice
Editoriale di Pasquale Giustiniani
Introduzione
Capitolo I
Rispetto per le culture e/o per gli individui
1. Problemi bioetici del multiculturalismo
2. Dall’universalismo al differenzialismo
3. Il contributo etno-antropologico
4. I diritti delle differenze
Capitolo II
Modelli bioetici per l’intercultura
1. Il limite dell’alterità e il giudizio bioetico
2. La cura
3. Per una etnoetica
Bibliografia
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